Il 4 giugno scorso, presso la Sala Celestino V a Campobasso, Giovanni Impastato – fratello di quel Peppino che fu ucciso a Cinisi dalla mafia il 9 maggio 1978, su mandato di Tano Badalamenti, e che il bel viso di Luigi Lo Cascio ha immortalato nel film "I cento passi" di Marco Tullio Giordana – è stato l'ospite d'onore di un incontro – organizzato dall'Agesci e da altre voci del volontariato e dell'associazionismo locale – il cui scopo è stato quello di riflettere sul passo che ciascuna realtà della società civile può fare contro la mafia. Un contributo è stato affidato anche alla scuola, nella convinzione che la cultura e l'educazione sono in se stesse "antimafia". Ci piace allora – in questa rubrichetta che al mondo della scuola è dedicata – salutare, alla vigilia dell'estate, colleghi e ragazzi con le parole che abbiamo lasciato a Giovanni Impastato sulla scuola che vorremmo, sulla scuola che può sconfiggere la mafia facendo semplicemente il suo dovere giorno per giorno. Con coraggio e con semplicità.
La scuola compie il suo passo … contro la mafia
… quando educa i ragazzi ad essere liberi, a contestare un’insegnante per imparare a farlo di fronte a qualunque autorità, civile, politica o religiosa; quando li stimola a pensare con la loro testa e consente loro di esprimere il dissenso, affinché non confondano il rispetto con l’acquiescenza;
… quando guida i ragazzi a scoprire che i libri di testo non sono infallibili, ma contengono errori, interpretazioni personali, lacune, giudizi talvolta arbitrari, e li abitua a utilizzarli criticamente; quando sceglie i libri di testo perché sono validi, non perché il fornitore è un amico;
… quando non punisce e non demonizza i conflitti fra compagni, ma aiuta a leggerli e a risolverli in maniera creativa, intelligente;
… quando non si accontenta di quello che si è imparato da giovani per l’abilitazione, ma non smette di studiare e di aggiornarsi per essere attrezzata a fronteggiare il presente;
… quando aiuta la vittima a dire di NO al bullo, ma dopo va dal bullo e si occupa di lui;
… quando insegna ai ragazzi che sbagliano il valore rieducativo della “punizione”, trasformandola in una “riparazione”, in un’esperienza di recupero della parte migliore di sé da offrire alla comunità;
… quando non umilia chi non va al passo con gli altri, e non lo abbandona, ma lo aiuta a migliorare, a scoprire in sé i propri punti di forza – oltre a quelli di debolezza – e ad orientare in base agli uni e gli altri il futuro di ciascuno;
… quando non fa sconti, quando chiede molto ai ragazzi, e li convince che la strada più giusta e gratificante per raggiungere i propri obiettivi è sempre la più lunga, fatta di sacrificio e di fatica paziente, perché le scorciatoie ti fanno forse furbo ma ti condannano a restare bambino e a sopravvivere di favori personali per tutta la vita; perché affidarsi, domani, alle raccomandazioni e al potente di turno per andare avanti è deprimente, oltre che disonesto;
… quando dimostra agli alunni che sono tutti uguali, che certi cognomi o certe amicizie personali non contano in aula;
… quando applica l’art. 3 della Costituzione e smette di perpetuare in classe le disparità sociali dalle quali partono i ragazzi, riuscendo a dare a tutti le stesse opportunità di raggiungere la propria meta;
… quando scopre che le mete dei viaggi d’istruzione, accanto ai tesori artistici, possono comprendere anche Barbiana, o le terre di don Peppe Diana o la cantina “I cento passi”… e che agli adolescenti piacciono un sacco!
… quando alza la testa e ha uno scatto di dignità verso i governi – di qualunque colore – che la prosciugano di risorse, trascurando la formazione dei giovani e ipotecando, in questo modo, il futuro di un intero paese;
… quando insegna l’italiano con la consapevolezza che ogni parola in più che si conosce “è una pedata in meno nel sedere, come diceva don Lorenzo Milani, da parte del tuo padrone”. E oggi i padroni sono tanti, troppi, per i giovani;
… quando sa che occorre tempo e tenacia perché queste opportunità vengano colte e vissute fino in fondo, ma continua a camminare senza stancarsi, e senza abbassare la guardia, verso questo ideale. ☺
gadelis@libero.it
Il 4 giugno scorso, presso la Sala Celestino V a Campobasso, Giovanni Impastato – fratello di quel Peppino che fu ucciso a Cinisi dalla mafia il 9 maggio 1978, su mandato di Tano Badalamenti, e che il bel viso di Luigi Lo Cascio ha immortalato nel film "I cento passi" di Marco Tullio Giordana – è stato l'ospite d'onore di un incontro – organizzato dall'Agesci e da altre voci del volontariato e dell'associazionismo locale – il cui scopo è stato quello di riflettere sul passo che ciascuna realtà della società civile può fare contro la mafia. Un contributo è stato affidato anche alla scuola, nella convinzione che la cultura e l'educazione sono in se stesse "antimafia". Ci piace allora – in questa rubrichetta che al mondo della scuola è dedicata – salutare, alla vigilia dell'estate, colleghi e ragazzi con le parole che abbiamo lasciato a Giovanni Impastato sulla scuola che vorremmo, sulla scuola che può sconfiggere la mafia facendo semplicemente il suo dovere giorno per giorno. Con coraggio e con semplicità.
La scuola compie il suo passo … contro la mafia
… quando educa i ragazzi ad essere liberi, a contestare un’insegnante per imparare a farlo di fronte a qualunque autorità, civile, politica o religiosa; quando li stimola a pensare con la loro testa e consente loro di esprimere il dissenso, affinché non confondano il rispetto con l’acquiescenza;
… quando guida i ragazzi a scoprire che i libri di testo non sono infallibili, ma contengono errori, interpretazioni personali, lacune, giudizi talvolta arbitrari, e li abitua a utilizzarli criticamente; quando sceglie i libri di testo perché sono validi, non perché il fornitore è un amico;
… quando non punisce e non demonizza i conflitti fra compagni, ma aiuta a leggerli e a risolverli in maniera creativa, intelligente;
… quando non si accontenta di quello che si è imparato da giovani per l’abilitazione, ma non smette di studiare e di aggiornarsi per essere attrezzata a fronteggiare il presente;
… quando aiuta la vittima a dire di NO al bullo, ma dopo va dal bullo e si occupa di lui;
… quando insegna ai ragazzi che sbagliano il valore rieducativo della “punizione”, trasformandola in una “riparazione”, in un’esperienza di recupero della parte migliore di sé da offrire alla comunità;
… quando non umilia chi non va al passo con gli altri, e non lo abbandona, ma lo aiuta a migliorare, a scoprire in sé i propri punti di forza – oltre a quelli di debolezza – e ad orientare in base agli uni e gli altri il futuro di ciascuno;
… quando non fa sconti, quando chiede molto ai ragazzi, e li convince che la strada più giusta e gratificante per raggiungere i propri obiettivi è sempre la più lunga, fatta di sacrificio e di fatica paziente, perché le scorciatoie ti fanno forse furbo ma ti condannano a restare bambino e a sopravvivere di favori personali per tutta la vita; perché affidarsi, domani, alle raccomandazioni e al potente di turno per andare avanti è deprimente, oltre che disonesto;
… quando dimostra agli alunni che sono tutti uguali, che certi cognomi o certe amicizie personali non contano in aula;
… quando applica l’art. 3 della Costituzione e smette di perpetuare in classe le disparità sociali dalle quali partono i ragazzi, riuscendo a dare a tutti le stesse opportunità di raggiungere la propria meta;
… quando scopre che le mete dei viaggi d’istruzione, accanto ai tesori artistici, possono comprendere anche Barbiana, o le terre di don Peppe Diana o la cantina “I cento passi”… e che agli adolescenti piacciono un sacco!
… quando alza la testa e ha uno scatto di dignità verso i governi – di qualunque colore – che la prosciugano di risorse, trascurando la formazione dei giovani e ipotecando, in questo modo, il futuro di un intero paese;
… quando insegna l’italiano con la consapevolezza che ogni parola in più che si conosce “è una pedata in meno nel sedere, come diceva don Lorenzo Milani, da parte del tuo padrone”. E oggi i padroni sono tanti, troppi, per i giovani;
… quando sa che occorre tempo e tenacia perché queste opportunità vengano colte e vissute fino in fondo, ma continua a camminare senza stancarsi, e senza abbassare la guardia, verso questo ideale. ☺
Il 4 giugno scorso, presso la Sala Celestino V a Campobasso, Giovanni Impastato – fratello di quel Peppino che fu ucciso a Cinisi dalla mafia il 9 maggio 1978, su mandato di Tano Badalamenti, e che il bel viso di Luigi Lo Cascio ha immortalato nel film "I cento passi" di Marco Tullio Giordana – è stato l'ospite d'onore di un incontro – organizzato dall'Agesci e da altre voci del volontariato e dell'associazionismo locale – il cui scopo è stato quello di riflettere sul passo che ciascuna realtà della società civile può fare contro la mafia. Un contributo è stato affidato anche alla scuola, nella convinzione che la cultura e l'educazione sono in se stesse "antimafia". Ci piace allora – in questa rubrichetta che al mondo della scuola è dedicata – salutare, alla vigilia dell'estate, colleghi e ragazzi con le parole che abbiamo lasciato a Giovanni Impastato sulla scuola che vorremmo, sulla scuola che può sconfiggere la mafia facendo semplicemente il suo dovere giorno per giorno. Con coraggio e con semplicità.
La scuola compie il suo passo … contro la mafia
… quando educa i ragazzi ad essere liberi, a contestare un’insegnante per imparare a farlo di fronte a qualunque autorità, civile, politica o religiosa; quando li stimola a pensare con la loro testa e consente loro di esprimere il dissenso, affinché non confondano il rispetto con l’acquiescenza;
… quando guida i ragazzi a scoprire che i libri di testo non sono infallibili, ma contengono errori, interpretazioni personali, lacune, giudizi talvolta arbitrari, e li abitua a utilizzarli criticamente; quando sceglie i libri di testo perché sono validi, non perché il fornitore è un amico;
… quando non punisce e non demonizza i conflitti fra compagni, ma aiuta a leggerli e a risolverli in maniera creativa, intelligente;
… quando non si accontenta di quello che si è imparato da giovani per l’abilitazione, ma non smette di studiare e di aggiornarsi per essere attrezzata a fronteggiare il presente;
… quando aiuta la vittima a dire di NO al bullo, ma dopo va dal bullo e si occupa di lui;
… quando insegna ai ragazzi che sbagliano il valore rieducativo della “punizione”, trasformandola in una “riparazione”, in un’esperienza di recupero della parte migliore di sé da offrire alla comunità;
… quando non umilia chi non va al passo con gli altri, e non lo abbandona, ma lo aiuta a migliorare, a scoprire in sé i propri punti di forza – oltre a quelli di debolezza – e ad orientare in base agli uni e gli altri il futuro di ciascuno;
… quando non fa sconti, quando chiede molto ai ragazzi, e li convince che la strada più giusta e gratificante per raggiungere i propri obiettivi è sempre la più lunga, fatta di sacrificio e di fatica paziente, perché le scorciatoie ti fanno forse furbo ma ti condannano a restare bambino e a sopravvivere di favori personali per tutta la vita; perché affidarsi, domani, alle raccomandazioni e al potente di turno per andare avanti è deprimente, oltre che disonesto;
… quando dimostra agli alunni che sono tutti uguali, che certi cognomi o certe amicizie personali non contano in aula;
… quando applica l’art. 3 della Costituzione e smette di perpetuare in classe le disparità sociali dalle quali partono i ragazzi, riuscendo a dare a tutti le stesse opportunità di raggiungere la propria meta;
… quando scopre che le mete dei viaggi d’istruzione, accanto ai tesori artistici, possono comprendere anche Barbiana, o le terre di don Peppe Diana o la cantina “I cento passi”… e che agli adolescenti piacciono un sacco!
… quando alza la testa e ha uno scatto di dignità verso i governi – di qualunque colore – che la prosciugano di risorse, trascurando la formazione dei giovani e ipotecando, in questo modo, il futuro di un intero paese;
… quando insegna l’italiano con la consapevolezza che ogni parola in più che si conosce “è una pedata in meno nel sedere, come diceva don Lorenzo Milani, da parte del tuo padrone”. E oggi i padroni sono tanti, troppi, per i giovani;
… quando sa che occorre tempo e tenacia perché queste opportunità vengano colte e vissute fino in fondo, ma continua a camminare senza stancarsi, e senza abbassare la guardia, verso questo ideale. ☺
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