l’aperitivo
31 Agosto 2010 Share

l’aperitivo

 

 “Ora felice”: un’espressione che potrebbe farci pensare alla vista di un panorama all’imbrunire di una sera d’estate, al senso di serenità al termine di una giornata di svago, al piacere di una chiacchierata con amici. A suggerirci queste immagini è il carattere mediterraneo di noi italiani, è la nostra inguaribile emotività…

Se, al posto della locuzione italiana, utilizzassimo la corrispettiva inglese, Happy Hour [pronuncia: heppi auar], le suggestioni evocate non sarebbero più le stesse.

La cultura anglosassone mostra in questa espressione verbale tutta la sua pragmaticità.

Happy Hour, letteralmente “ora (Hour) felice (Happy)” è un termine coniato in ambito commerciale ed utilizzato in Gran Bretagna, da alcuni decenni, nella vendita degli alcolici; la sua origine però risale agli anni venti del secolo scorso, quando negli Stati Uniti, in piena epoca “proibizionistica”, ci si procurava da bere in privato, o al mercato nero, in quanto negli esercizi pubblici non potevano essere serviti gli alcolici.

Attualmente con questa espressione si suole indicare una fascia oraria in cui alcuni bar offrono bevande alcoliche a prezzi scontati. Questa forma di “promozione delle vendite” è sorta nel Regno Unito con lo scopo di attirare il maggior numero di clienti nei locali pubblici (i notissimi pub [pronuncia: pab]), specie al termine della giornata di lavoro; la “trovata” consiste nell’offrire nel tardo pomeriggio, per una o due ore, consumazioni a prezzo ridotto.

Non sempre condivisa da tutti gli esercenti inglesi, l’Happy Hour si è diffusa poi anche in altre nazioni, piuttosto come espressione verbale, che come abitudine consolidata.

In Italia, ad esempio, è diventata sinonimo di “aperitivo” servito nei bar: a differenza del mondo anglosassone, non sempre è praticato un sensibile sconto sulle bevande, che invece vengono accompagnate da stuzzichini, e ciò per rendere piacevole la consumazione e permettere al cliente di trascorrere del tempo intrattenendosi con altre persone. A differenza delle discoteche, dove, in alcuni orari, il costo delle consumazioni viene dimezzato.

Nell’accezione più frequente di “aperitivo” il termine Happy Hour mi ha suggerito l’immagine dell’inizio, della “ripresa” dopo una pausa; il prezzo scontato e l’offerta promozionale mi hanno restituito l’idea di positività e accortezza.

La stagione estiva, si sa, interrompe il periodo lavorativo, consente il riposo e il ripensamento rispetto a ciò che è stato finora fatto, ritempra e rilassa la mente.

E se l’aperitivo, invece, l’abbia- mo già gustato prima della pausa estiva?

Se l’ Happy Hour della nostra vita sociale, nazionale o regionale, se – intendiamoci – l’ora felice si è già svolta prima delle vacanze, quando tutte le decisioni vengono rinviate, quando si fanno promesse per il tempo a venire e molto frequentemente ci si dimentica di averle fatte, cosa dovremmo attenderci dalla “ripresa”?

Se, come canta Luciano Ligabue nella sua “Happy Hour”, come l’aperitivo “vivere costa la metà”, dobbiamo fermarci alla semplice offerta speciale, gustare una bevanda scontata,  accontentarci di un momento di relax, oppure siamo convinti che il ritorno al “lavoro” abbia bisogno di un buon inizio, accattivante sì, ma convincente, reale ma non ingannevole?

Dobbiamo lasciarci condizionare dalla provvisorietà di tante nostre scelte, continuare ad adeguarci inerti ad una “precarietà” che ormai investe quasi totalmente la nostra vita?

Lo stesso Ligabue: “si può però morire vivendo sempre e solo per sentito dire / si può però morire per la fame che non hai”…

Happy Hour, inizio di un percorso che ci auguriamo intenso e produttivo.☺

dario.carlone@tiscali.it

 

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