L’artemisia
1 Marzo 2014 Share

L’artemisia

L’artemisia (Artemisia vulgaris L.), nota anche come assenzio selvatico, appartiene alla famiglia delle Composite o Asteracee. Al genere Artemisia appartengono circa duecento specie, alcune delle quali sono ben conosciute da erboristi e liquoristi, come l’assenzio, l’abrotano e il dragoncello.

È una pianta comune in tutta Italia, fino ad un’altitudine di 1000 metri s.l.m. Gli incolti, le macerie e i cigli di strada sono il suo habitat tipico, ma è diffusa anche nelle vicinanze delle abitazioni, dove viene però considerata un’erba infestante.

L’artemisia è una pianta perenne con gemme svernanti al livello del terreno, che possono essere protette da uno strato di foglie o dalla neve. Le radici producono rizomi sotterranei che consentono alla pianta di moltiplicarsi, oltre che per seme, per via vegetativa, ossia per parti di pianta. I fusti sono robusti, legnosi, rossastri, e possono raggiungere i 150 cm di altezza. Le foglie sono ricoperte di peluria biancastra e cotonosa sulla pagina inferiore, mentre quella superiore è glabra. Allo sfregamento le foglie emanano un forte e caratteristico odore aromatico, simile a quello del cedro o della citronella, derivante dall’elevato contenuto di oli essenziali e resine. I semi vengono prodotti in gran numero per ogni pianta (fino a 50.000-70.000); giungono a maturità nel corso dell’autunno e possono conservare la germinabilità nel terreno per diversi anni. Inoltre i semi germinano dai primi strati del terreno a primavera e in questo stesso periodo spuntano anche i ricacci vegetativi dai rizomi.

Un altro aspetto interessante sono le difese attivate da queste specie di piante per la loro sopravvivenza: è il fenomeno dell’allelopatia o dell’antagonismo radicale, per cui una pianta rilascia nel terreno sostanze che inibiscono la crescita e lo sviluppo di piante concorrenti. Intorno ai cespugli delle artemisie, infatti, il terreno è libero da erbacce per circa 1-2 metri di raggio. Sono soprattutto le graminacee a risentirne, perché più sensibili alle sostanze gassose emesse, le quali, depositandosi nel terreno, penetrano nelle membrane dei semi germinanti e ne impediscono la regolare crescita.

L’etimologia del termine generico Artemisia non è sicura e sembra che derivi da Artemisia, consorte di Mausolo, re di Caria; ma secondo altre etimologie, potrebbe derivare dalla dea della caccia Artemide, signora della natura selvaggia e della vegetazione, oltre che degli animali e della luna; oppure da una parola greca artemés (= sano), con evidente allusione alle proprietà medicamentose delle piante appartenenti a questo genere.

Come accennato sopra, le artemisie sono piante che contengono vari oli essenziali, terpenoidi e flavonoidi, e quindi sono utilizzate come piante officinali nella medicina popolare, soprattutto quella cinese e giapponese. Le proprietà medicamentose di queste piante – da usare sempre con cautela e solo su prescrizione e controllo del medico o dell’erborista – sono antisettiche, antispasmodiche, espettoranti; le radici hanno proprietà antidiabetiche.

Anche in cucina, le foglie cotte o crude, grazie al loro aroma amaro, aiutano la digestione. In molte zone sono preparate soprattutto come condimento a cibi grassi. Le foglie sono usate anche per preparare degli infusi di tè.

Per concludere, due curiosità: nel linguaggio dei fiori l’artemisia simboleggia la beatitudine. E le foglie di artemisia, infilate nelle scarpe al mattino, permetterebbero di percorrere molti chilometri durante la giornata senza alcuna fatica. ☺

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