la mela d’oriente  di Gildo Giannotti
1 Dicembre 2011 Share

la mela d’oriente di Gildo Giannotti

 

  Il Diospyros kaki, ovvero kaki o diòspiro (dal greco “grano di Dio”), è una specie arborea a foglia caduca, interessante per i frutti squisiti che produce. È conosciuto anche con il nome di loto e di “mela d’Oriente”, in quanto originario della Cina, da cui si è esteso nei paesi limitrofi, come la Corea e il Giappone. L’albero del kaki fu definito dai cinesi “l’albero dalle sette virtù”: vive a lungo; offre una grande ombra; dà agli uccelli la possibilità di nidificare fra i suoi rami; non è attaccabile dai parassiti; le sue foglie giallo-rosse in autunno sono decorative fino all’arrivo del gelo; il legno dà un bel fuoco. La settima virtù consiste nella ricchezza delle sostanze concimanti il terreno per la caduta dell’abbondante fogliame. Per essere sopravvissuto, unico fra tante specie, al devastante bombardamento atomico di Nagasaki dell’agosto 1945, è considerato an- che “l’albero della pace”.

Il kaki è oggi presente in ogni parte del mondo. In Italia le principali regioni produttrici sono l’Emilia Romagna e la Campania, da cui prendono nome le due varietà più diffuse: il Loto di Romagna, la Vaniglia della Campania. Le varietà che noi conosciamo sono i kaki-mela; quelli alla vaniglia, che possono essere consumati ancora duri e sono addirittura migliori a questo stadio piuttosto che quando diventano molli e gelatinosi; i kaki che devono essere sottoposti ad ammezzimento (tecnica di cui si è parlato nel numero di ottobre 2011 a proposito del sorbo) e quelli molli, mangiabili alla raccolta, e provvisti di un elevato numero di semi.

L’albero è molto longevo (raggiunge anche i 100 anni di età) e può assumere uno sviluppo notevole con un’altezza fino a 8-10 metri. Per quanto riguarda il terreno, il kaki non è particolarmente esigente e presenta notevole adattabilità anche dal punto di vista del clima, poiché resiste bene ai calori estivi e alle basse temperature invernali.

Il frutto è una bacca e, a seconda della varietà, può avere forma varia; quella più o meno sferica è la prevalente, ma può essere appiattita, costoluta o quasi conica. Anche le dimensioni variano notevolmente: i frutti più grossi possono raggiungere un peso che si avvicina ai 100 grammi. All’interno del frutto, a seconda del grado di fecondazione ricevuto dai fiori, si possono trovare da nessuno a otto semi. Durante la crescita, e particolarmente nel mese di luglio, i frutticini vanno soggetti a cascola (caduta naturale), fenomeno che può interessare anche più del 30% di quelli presenti sulla pianta.

La raccolta, che avviene nel mese di novembre, quando tutte le foglie sono cadute, va eseguita con attenzione e solo quando la buccia dei frutti è divenuta di colore giallo o giallo arancio. La conservazione va fatta in contenitori adeguati, specialmente per quelle varietà che devono subire l’ammezzimento, e quindi i frutti vanno disposti su stuoie o in plateau con il calice in basso, in un ambiente fresco e asciutto. Se si vuole accelerare l’ammezzi- mento per anticiparne la maturazione, si può introdurre una cassetta di mele nell’ambiente di conservazione: le mele emettono etilene, gas che facilita l’eliminazione delle sostanze tanniche, quelle cioè che rendono i frutti immangiabili. La polpa, astringente al momento della raccolta, diventa a poco a poco liquescente e il tannino, che essa contiene al momento del distacco del frutto dall’albero, si trasforma lentamente in zucchero. Se gustato ancora acerbo, il kaki può provocare la classica sensazione da “bocca legata” (allappante). È una sensazione gustativa di asprezza e ruvidità che si avverte principalmente sul dorso della lingua.

Il kaki è caratterizzato da una presenza consistente di nutrienti ricchi di energia. Gli zuccheri (16 grammi ogni 100 grammi di polpa) sono infatti l’elemento nutrizionale prevalente e sono responsabili – quasi totalmente – delle calorie contenute nel frutto (65 calorie per 100 grammi). In esso troviamo anche un buon quantitativo di vitamina A e di vitamina C, che possono prevenire le infiammazioni delle vie respiratorie e contrastare i danni provocati dall’inquinamento atmosferico. Sono altresì ricchi di betacarotene, ossia di protovitamina A, e questa è la loro maggiore prerogativa alimentare, mentre ben pochi altri alimenti nutritivi sembrano spiccare in misura tale da rendere il frutto pregiato. Inoltre 100 g di polpa contengono 2,5 g di fibre: è quindi un alimento adatto a coloro che soffrono di stitichezza, grazie alle sue proprietà lassative; ma è anche un diuretico. È però sconsigliato a chi soffre di diabete o ha problemi di obesità, mentre è molto indicato per depurare il fegato e per il sistema nervoso. Tuttavia, per la notevole quantità di zuccheri presenti nel frutto, che potrebbero determinare fastidiosi fenomeni fermentativi intestinali, si consiglia di consumarlo lontano dai pasti, riservandogli uno spazio nello spuntino di metà mattina o nella merenda del pomeriggio.

Il kaki non ancora completamente maturo si presta ad essere essiccato e conservato per diversi mesi e consumato saltuariamente. Il frutto, sbucciato, deve essere tagliato in otto spicchi e denocciolato; le fettine devono essere messe ad essiccare al sole oppure stese su dei vassoi e infilate nel forno, con una temperatura intorno ai 40-50° C, sino a quando la loro consistenza diventa gommosa e in superficie si forma un leggero strato bianco zuccherino.

Per preparare una buona confettura da consumare specialmente durante l’inverno e da utilizzare nella preparazione di dolci ed energetiche colazioni, bisogna sbucciare dei kaki ben maturi ed eliminare i semi. Ad un chilogrammo di pezzi di polpa aggiungere il succo di due limoni e far bollire per pochi minuti. Addizionare 700 g di zucchero e proseguire con lenta cottura fino a quando la passata ha raggiunto la consistenza voluta. Prima di togliere dal fuoco, aromatizzare con un bicchierino di brandy o di rum; mettere in vasetti a caldo e sterilizzare per cinque minuti. ☺

giannotti.gildo@gmail.com

 

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