Tra i vari libri che avrei tanto voluto scrivere quello di cui sto per parlare è certamente il libro che più di tutti sento mio. Racchiude in sé diversi aspetti che amo e che difficilmente riuscirei a descrivere in due parole. Amore a prima lettura è stato quello con Le rose di Atacama di Luis Sepúlveda.
Nel libro il celebre scrittore cileno racconta alcune storie marginali, ovvero storie di persone che, nonostante le enormi difficoltà della loro vita, nonostante le angherie subite, non perdono di vista la dignità, lottando con coraggio e speranza. Persone che hanno fatto della parola resistenza una compagna di viaggio.
Raccontando le storie del suo libro, Sepúlveda vuole riscattare quelle vite oppresse dall'ingiustizia, emarginate dalla società, violate dalla prepotenza, dando loro voce attraverso la forza e la bellezza della scrittura. Paragona queste vite alle rose di Atacama, le splendide rose del deserto che vivono un solo giorno, donando ad esso un colore bellissimo, suggestivo, unico. Una storia, quella delle rose, che fa emergere un messaggio fondamentale e cioè che la vita, anche la più fragile, la più dolorosa, la più sofferta, la più marginale, vale la pena di essere vissuta e rispettata nella sua pienezza e nella sua unicità.
Il 5 agosto di quest'anno 33 minatori rimangono intrappolati in una miniera nel deserto di Atacama, settecento metri sottoterra. Settimane di paure e angosce, messaggi, preghiere, speranze. Gli occhi di tutto il mondo incollati alla tv per seguire l'evoluzione della vicenda. Con questi minatori la parola resistenza si concretizza in modo evidente, si trasferisce nei loro volti stanchi ma pieni di coraggio, nella capacità di sopravvivere così a lungo in un posto a dir poco ostile. Dopo 69 giorni vengono finalmene tirati fuori dalla viscere della terra che li aveva inghiottiti. Un pianto liberatorio emerge non solo sui volti di parenti e amici, ma anche su quelli di tutte le persone che hanno vissuto la vicenda con partecipazione emotiva. La notizia più bella degli ultimi mesi! Una di quelle che fa bene non solo a chi la vive in prima persona, ma anche a chi l'ha seguita con solidarietà umana.
È stato bello vedere l'intero Cile, e non solo, stretto intorno ai minatori, vedere le immagini dei caroselli per le città cilene, la gente in lacrime di gioia, la festa di un intero popolo. È stato bello vedere un paese unito, per una volta, non in funzione di una partita di calcio. I minatori, d'altro canto, sono il simbolo di una tenace resistenza, di una speranza indistruttibile, di una notizia che da tragica si trasforma in gloriosa. Loro sono l'emblema di un riscatto collettivo, di chi ogni giorno deve lottare con tutte le sue forze per guadagnarsi il diritto a restare in vita.
Le rose di Atacama sono tornate a sbocciare. Anche se per un solo giorno, non importa. Anche se ora i riflettori delle telecamere sono spenti e la vita ha ripreso il suo normale e difficile corso, negli occhi e nel cuore di chi ha visto il miracolo di questo evento resterà sempre il dolce ricordo di questa meravigliosa rinascita. Come le rose del deserto di Atacama sfidano testarde un clima a loro ostile, così anche i minatori, dopo essere riemersi dal buio, riprendono la loro dura vita splendendo di un'unica e brillante luce propria.☺
bonsai79@katamail.com
Tra i vari libri che avrei tanto voluto scrivere quello di cui sto per parlare è certamente il libro che più di tutti sento mio. Racchiude in sé diversi aspetti che amo e che difficilmente riuscirei a descrivere in due parole. Amore a prima lettura è stato quello con Le rose di Atacama di Luis Sepúlveda.
Nel libro il celebre scrittore cileno racconta alcune storie marginali, ovvero storie di persone che, nonostante le enormi difficoltà della loro vita, nonostante le angherie subite, non perdono di vista la dignità, lottando con coraggio e speranza. Persone che hanno fatto della parola resistenza una compagna di viaggio.
Raccontando le storie del suo libro, Sepúlveda vuole riscattare quelle vite oppresse dall'ingiustizia, emarginate dalla società, violate dalla prepotenza, dando loro voce attraverso la forza e la bellezza della scrittura. Paragona queste vite alle rose di Atacama, le splendide rose del deserto che vivono un solo giorno, donando ad esso un colore bellissimo, suggestivo, unico. Una storia, quella delle rose, che fa emergere un messaggio fondamentale e cioè che la vita, anche la più fragile, la più dolorosa, la più sofferta, la più marginale, vale la pena di essere vissuta e rispettata nella sua pienezza e nella sua unicità.
Il 5 agosto di quest'anno 33 minatori rimangono intrappolati in una miniera nel deserto di Atacama, settecento metri sottoterra. Settimane di paure e angosce, messaggi, preghiere, speranze. Gli occhi di tutto il mondo incollati alla tv per seguire l'evoluzione della vicenda. Con questi minatori la parola resistenza si concretizza in modo evidente, si trasferisce nei loro volti stanchi ma pieni di coraggio, nella capacità di sopravvivere così a lungo in un posto a dir poco ostile. Dopo 69 giorni vengono finalmene tirati fuori dalla viscere della terra che li aveva inghiottiti. Un pianto liberatorio emerge non solo sui volti di parenti e amici, ma anche su quelli di tutte le persone che hanno vissuto la vicenda con partecipazione emotiva. La notizia più bella degli ultimi mesi! Una di quelle che fa bene non solo a chi la vive in prima persona, ma anche a chi l'ha seguita con solidarietà umana.
È stato bello vedere l'intero Cile, e non solo, stretto intorno ai minatori, vedere le immagini dei caroselli per le città cilene, la gente in lacrime di gioia, la festa di un intero popolo. È stato bello vedere un paese unito, per una volta, non in funzione di una partita di calcio. I minatori, d'altro canto, sono il simbolo di una tenace resistenza, di una speranza indistruttibile, di una notizia che da tragica si trasforma in gloriosa. Loro sono l'emblema di un riscatto collettivo, di chi ogni giorno deve lottare con tutte le sue forze per guadagnarsi il diritto a restare in vita.
Le rose di Atacama sono tornate a sbocciare. Anche se per un solo giorno, non importa. Anche se ora i riflettori delle telecamere sono spenti e la vita ha ripreso il suo normale e difficile corso, negli occhi e nel cuore di chi ha visto il miracolo di questo evento resterà sempre il dolce ricordo di questa meravigliosa rinascita. Come le rose del deserto di Atacama sfidano testarde un clima a loro ostile, così anche i minatori, dopo essere riemersi dal buio, riprendono la loro dura vita splendendo di un'unica e brillante luce propria.☺
Tra i vari libri che avrei tanto voluto scrivere quello di cui sto per parlare è certamente il libro che più di tutti sento mio. Racchiude in sé diversi aspetti che amo e che difficilmente riuscirei a descrivere in due parole. Amore a prima lettura è stato quello con Le rose di Atacama di Luis Sepúlveda.
Nel libro il celebre scrittore cileno racconta alcune storie marginali, ovvero storie di persone che, nonostante le enormi difficoltà della loro vita, nonostante le angherie subite, non perdono di vista la dignità, lottando con coraggio e speranza. Persone che hanno fatto della parola resistenza una compagna di viaggio.
Raccontando le storie del suo libro, Sepúlveda vuole riscattare quelle vite oppresse dall'ingiustizia, emarginate dalla società, violate dalla prepotenza, dando loro voce attraverso la forza e la bellezza della scrittura. Paragona queste vite alle rose di Atacama, le splendide rose del deserto che vivono un solo giorno, donando ad esso un colore bellissimo, suggestivo, unico. Una storia, quella delle rose, che fa emergere un messaggio fondamentale e cioè che la vita, anche la più fragile, la più dolorosa, la più sofferta, la più marginale, vale la pena di essere vissuta e rispettata nella sua pienezza e nella sua unicità.
Il 5 agosto di quest'anno 33 minatori rimangono intrappolati in una miniera nel deserto di Atacama, settecento metri sottoterra. Settimane di paure e angosce, messaggi, preghiere, speranze. Gli occhi di tutto il mondo incollati alla tv per seguire l'evoluzione della vicenda. Con questi minatori la parola resistenza si concretizza in modo evidente, si trasferisce nei loro volti stanchi ma pieni di coraggio, nella capacità di sopravvivere così a lungo in un posto a dir poco ostile. Dopo 69 giorni vengono finalmene tirati fuori dalla viscere della terra che li aveva inghiottiti. Un pianto liberatorio emerge non solo sui volti di parenti e amici, ma anche su quelli di tutte le persone che hanno vissuto la vicenda con partecipazione emotiva. La notizia più bella degli ultimi mesi! Una di quelle che fa bene non solo a chi la vive in prima persona, ma anche a chi l'ha seguita con solidarietà umana.
È stato bello vedere l'intero Cile, e non solo, stretto intorno ai minatori, vedere le immagini dei caroselli per le città cilene, la gente in lacrime di gioia, la festa di un intero popolo. È stato bello vedere un paese unito, per una volta, non in funzione di una partita di calcio. I minatori, d'altro canto, sono il simbolo di una tenace resistenza, di una speranza indistruttibile, di una notizia che da tragica si trasforma in gloriosa. Loro sono l'emblema di un riscatto collettivo, di chi ogni giorno deve lottare con tutte le sue forze per guadagnarsi il diritto a restare in vita.
Le rose di Atacama sono tornate a sbocciare. Anche se per un solo giorno, non importa. Anche se ora i riflettori delle telecamere sono spenti e la vita ha ripreso il suo normale e difficile corso, negli occhi e nel cuore di chi ha visto il miracolo di questo evento resterà sempre il dolce ricordo di questa meravigliosa rinascita. Come le rose del deserto di Atacama sfidano testarde un clima a loro ostile, così anche i minatori, dopo essere riemersi dal buio, riprendono la loro dura vita splendendo di un'unica e brillante luce propria.☺
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