Il motivo che mi spinge a scrivere qualche parola in merito alla lettera di Renato di Nicola, pubblicata sul numero precedente di questo giornale (p. 23), non è la difesa di ufficio di papa Francesco che, grazie a Dio, sa difendersi da solo con gesti e anche parole eloquenti e non ambigue proprio sui temi in oggetto della lettera (compreso il mea culpa sincero, anche se non soddisfacente per tutti, sul tempo della dittatura argentina, provato dal suo impegno concreto e silenzioso per salvare tanta gente), ma dal fatto che anche io scrivo su questo giornale per cui… chi tace acconsente.
Innanzitutto la questione delle lobby gay in Vaticano non è stata oggetto di pubblica dichiarazione ma di pensieri informali: fare il processo senza avere chiesto conferma del pensiero espresso giungendo a conclusioni forzate non è onesto intellettualmente. Tuttavia il papa ha chiarito in seguito (dopo la lettera processo di Renato) che cosa intendesse e lo ha fatto esattamente nella direzione che espongo in queste mie parole, maturate a caldo dopo la lettura de la fonte. Cerco quindi di definire cosa si intende per lobby gay, come ha spiegato anche Bergoglio. Le lobby gay in Vaticano sono purtroppo una realtà dolorosa ma non sono gruppi di persone che si uniscono per rivendicare dei diritti per i gay, bensì sono per lo più gente del clero, con contorno di laici ruffiani e ipocriti (perché hanno relazioni omosessuali ma ufficialmente sono padri di famiglia oppure devoti single), che usano le loro tresche per creare centri di interesse per scalare nelle carriere interne della curia. Il guaio è che queste persone hanno fatto la promessa di celibato e il voto di castità ed è qui che casca l’asino perché come si richiede agli eterosessuali di mantenere i voti lo si chiede anche agli omosessuali. La differenza è che se un prete ha una relazione con una donna, probabilmente il più delle volte quest’ultima, in difesa della propria dignità, chiede al prete di uscire allo scoperto e di mettere su famiglia, mentre se avviene tra persone dello stesso sesso, si trova la convenienza a mantenere l’omertà per conservare i posti di potere, anziché uscire allo scoperto, impegnarsi in una seria campagna per i diritti dei gay e mettere su famiglia con un partner solo, non dimenticando le parole “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, tutti i giorni della nostra vita”, come richiede il sacramento del matrimonio, fallito il quale è richiesta (udite, udite) la castità anche ai coniugi separati.
Certo sono pretese radicali che oggi richiedono valutazioni diverse che anche il papa sta mettendo in campo (ma che i pastori assennati già fanno nel dialogo diretto con le persone interessate), ma l’ho voluto sottolineare per dire che nella chiesa non si fa sconto a nessuno, se andiamo sulle regole. Se andiamo sull’applicazione posso dire con certezza che i più incarogniti nel chiedere agli altri l’applicazione delle regole sono quelli che dicono e non fanno, praticano sesso predicando la castità e se ne infischiano delle regole sia quando bisogna viverle sia quando bisogna cambiarle, tanto hanno la convenienza della copertura. Questi personaggi delle lobby gay fanno danno ai precetti evangelici perché vivono scientemente nella menzogna non volendo assumersi l’impegno con un singolo partner e sopportarlo per tutta la vita, ma si scambiano informazioni sulle prestazioni di giovani aitanti, come i servizi recenti della stampa hanno documentato; e fanno danno a coloro (gay compresi) che rivendicano dei diritti, lanciando anatemi contro tutto e tutti sui temi morali (il cardinale scozzese costretto a dimettersi perché parlava contro i diritti dei gay e intanto adescava preti e seminaristi ne è una prova), perché i primi a non trovare convenienza nel fare outing, a causa del voto di castità fatto, sono proprio loro.
Impariamo a distinguere lobby positive e negative (la confusione tra ebraismo e politica israeliana non insegna nulla?). Il papa ha stigmatizzato quelle negative, non è entrato nel merito di quelle positive e verso i gay ha dimostrato con chiarezza che non si sente di fare il giudice. Impariamo anche in questo dal suo stile. Per quel che riguarda la confusione con i pedofili, mi dispiace dirlo ma è la lobby massonica e anticlericale a fomentare la confusione per rendere ancora più odiosa la chiesa che purtroppo ha inseguito questa posizione per arginare i danni (se ha fatto bene non lo so); ma sappiamo benissimo che la pedofilia è una piaga che attraversa con atti orrendi tutte le categorie. Va sempre punita senza sconti e se la chiesa è stata reticente (come è stata), sta imparando a proprie spese che non conviene e non è giusto; ma su questo si richiederebbe un’altra riflessione con altri spazi.
Michele Tartaglia
Il motivo che mi spinge a scrivere qualche parola in merito alla lettera di Renato di Nicola, pubblicata sul numero precedente di questo giornale (p. 23), non è la difesa di ufficio di papa Francesco che, grazie a Dio, sa difendersi da solo con gesti e anche parole eloquenti e non ambigue proprio sui temi in oggetto della lettera (compreso il mea culpa sincero, anche se non soddisfacente per tutti, sul tempo della dittatura argentina, provato dal suo impegno concreto e silenzioso per salvare tanta gente), ma dal fatto che anche io scrivo su questo giornale per cui… chi tace acconsente.
Innanzitutto la questione delle lobby gay in Vaticano non è stata oggetto di pubblica dichiarazione ma di pensieri informali: fare il processo senza avere chiesto conferma del pensiero espresso giungendo a conclusioni forzate non è onesto intellettualmente. Tuttavia il papa ha chiarito in seguito (dopo la lettera processo di Renato) che cosa intendesse e lo ha fatto esattamente nella direzione che espongo in queste mie parole, maturate a caldo dopo la lettura de la fonte. Cerco quindi di definire cosa si intende per lobby gay, come ha spiegato anche Bergoglio. Le lobby gay in Vaticano sono purtroppo una realtà dolorosa ma non sono gruppi di persone che si uniscono per rivendicare dei diritti per i gay, bensì sono per lo più gente del clero, con contorno di laici ruffiani e ipocriti (perché hanno relazioni omosessuali ma ufficialmente sono padri di famiglia oppure devoti single), che usano le loro tresche per creare centri di interesse per scalare nelle carriere interne della curia. Il guaio è che queste persone hanno fatto la promessa di celibato e il voto di castità ed è qui che casca l’asino perché come si richiede agli eterosessuali di mantenere i voti lo si chiede anche agli omosessuali. La differenza è che se un prete ha una relazione con una donna, probabilmente il più delle volte quest’ultima, in difesa della propria dignità, chiede al prete di uscire allo scoperto e di mettere su famiglia, mentre se avviene tra persone dello stesso sesso, si trova la convenienza a mantenere l’omertà per conservare i posti di potere, anziché uscire allo scoperto, impegnarsi in una seria campagna per i diritti dei gay e mettere su famiglia con un partner solo, non dimenticando le parole “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, tutti i giorni della nostra vita”, come richiede il sacramento del matrimonio, fallito il quale è richiesta (udite, udite) la castità anche ai coniugi separati.
Certo sono pretese radicali che oggi richiedono valutazioni diverse che anche il papa sta mettendo in campo (ma che i pastori assennati già fanno nel dialogo diretto con le persone interessate), ma l’ho voluto sottolineare per dire che nella chiesa non si fa sconto a nessuno, se andiamo sulle regole. Se andiamo sull’applicazione posso dire con certezza che i più incarogniti nel chiedere agli altri l’applicazione delle regole sono quelli che dicono e non fanno, praticano sesso predicando la castità e se ne infischiano delle regole sia quando bisogna viverle sia quando bisogna cambiarle, tanto hanno la convenienza della copertura. Questi personaggi delle lobby gay fanno danno ai precetti evangelici perché vivono scientemente nella menzogna non volendo assumersi l’impegno con un singolo partner e sopportarlo per tutta la vita, ma si scambiano informazioni sulle prestazioni di giovani aitanti, come i servizi recenti della stampa hanno documentato; e fanno danno a coloro (gay compresi) che rivendicano dei diritti, lanciando anatemi contro tutto e tutti sui temi morali (il cardinale scozzese costretto a dimettersi perché parlava contro i diritti dei gay e intanto adescava preti e seminaristi ne è una prova), perché i primi a non trovare convenienza nel fare outing, a causa del voto di castità fatto, sono proprio loro.
Impariamo a distinguere lobby positive e negative (la confusione tra ebraismo e politica israeliana non insegna nulla?). Il papa ha stigmatizzato quelle negative, non è entrato nel merito di quelle positive e verso i gay ha dimostrato con chiarezza che non si sente di fare il giudice. Impariamo anche in questo dal suo stile. Per quel che riguarda la confusione con i pedofili, mi dispiace dirlo ma è la lobby massonica e anticlericale a fomentare la confusione per rendere ancora più odiosa la chiesa che purtroppo ha inseguito questa posizione per arginare i danni (se ha fatto bene non lo so); ma sappiamo benissimo che la pedofilia è una piaga che attraversa con atti orrendi tutte le categorie. Va sempre punita senza sconti e se la chiesa è stata reticente (come è stata), sta imparando a proprie spese che non conviene e non è giusto; ma su questo si richiederebbe un’altra riflessione con altri spazi.
Il motivo che mi spinge a scrivere qualche parola in merito alla lettera di Renato di Nicola, pubblicata sul numero precedente di questo giornale (p. 23), non è la difesa di ufficio di papa Francesco che, grazie a Dio, sa difendersi da solo con gesti e anche parole eloquenti e non ambigue proprio sui temi in oggetto della lettera (compreso il mea culpa sincero, anche se non soddisfacente per tutti, sul tempo della dittatura argentina, provato dal suo impegno concreto e silenzioso per salvare tanta gente), ma dal fatto che anche io scrivo su questo giornale per cui… chi tace acconsente.
Innanzitutto la questione delle lobby gay in Vaticano non è stata oggetto di pubblica dichiarazione ma di pensieri informali: fare il processo senza avere chiesto conferma del pensiero espresso giungendo a conclusioni forzate non è onesto intellettualmente. Tuttavia il papa ha chiarito in seguito (dopo la lettera processo di Renato) che cosa intendesse e lo ha fatto esattamente nella direzione che espongo in queste mie parole, maturate a caldo dopo la lettura de la fonte. Cerco quindi di definire cosa si intende per lobby gay, come ha spiegato anche Bergoglio. Le lobby gay in Vaticano sono purtroppo una realtà dolorosa ma non sono gruppi di persone che si uniscono per rivendicare dei diritti per i gay, bensì sono per lo più gente del clero, con contorno di laici ruffiani e ipocriti (perché hanno relazioni omosessuali ma ufficialmente sono padri di famiglia oppure devoti single), che usano le loro tresche per creare centri di interesse per scalare nelle carriere interne della curia. Il guaio è che queste persone hanno fatto la promessa di celibato e il voto di castità ed è qui che casca l’asino perché come si richiede agli eterosessuali di mantenere i voti lo si chiede anche agli omosessuali. La differenza è che se un prete ha una relazione con una donna, probabilmente il più delle volte quest’ultima, in difesa della propria dignità, chiede al prete di uscire allo scoperto e di mettere su famiglia, mentre se avviene tra persone dello stesso sesso, si trova la convenienza a mantenere l’omertà per conservare i posti di potere, anziché uscire allo scoperto, impegnarsi in una seria campagna per i diritti dei gay e mettere su famiglia con un partner solo, non dimenticando le parole “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, tutti i giorni della nostra vita”, come richiede il sacramento del matrimonio, fallito il quale è richiesta (udite, udite) la castità anche ai coniugi separati.
Certo sono pretese radicali che oggi richiedono valutazioni diverse che anche il papa sta mettendo in campo (ma che i pastori assennati già fanno nel dialogo diretto con le persone interessate), ma l’ho voluto sottolineare per dire che nella chiesa non si fa sconto a nessuno, se andiamo sulle regole. Se andiamo sull’applicazione posso dire con certezza che i più incarogniti nel chiedere agli altri l’applicazione delle regole sono quelli che dicono e non fanno, praticano sesso predicando la castità e se ne infischiano delle regole sia quando bisogna viverle sia quando bisogna cambiarle, tanto hanno la convenienza della copertura. Questi personaggi delle lobby gay fanno danno ai precetti evangelici perché vivono scientemente nella menzogna non volendo assumersi l’impegno con un singolo partner e sopportarlo per tutta la vita, ma si scambiano informazioni sulle prestazioni di giovani aitanti, come i servizi recenti della stampa hanno documentato; e fanno danno a coloro (gay compresi) che rivendicano dei diritti, lanciando anatemi contro tutto e tutti sui temi morali (il cardinale scozzese costretto a dimettersi perché parlava contro i diritti dei gay e intanto adescava preti e seminaristi ne è una prova), perché i primi a non trovare convenienza nel fare outing, a causa del voto di castità fatto, sono proprio loro.
Impariamo a distinguere lobby positive e negative (la confusione tra ebraismo e politica israeliana non insegna nulla?). Il papa ha stigmatizzato quelle negative, non è entrato nel merito di quelle positive e verso i gay ha dimostrato con chiarezza che non si sente di fare il giudice. Impariamo anche in questo dal suo stile. Per quel che riguarda la confusione con i pedofili, mi dispiace dirlo ma è la lobby massonica e anticlericale a fomentare la confusione per rendere ancora più odiosa la chiesa che purtroppo ha inseguito questa posizione per arginare i danni (se ha fatto bene non lo so); ma sappiamo benissimo che la pedofilia è una piaga che attraversa con atti orrendi tutte le categorie. Va sempre punita senza sconti e se la chiesa è stata reticente (come è stata), sta imparando a proprie spese che non conviene e non è giusto; ma su questo si richiederebbe un’altra riflessione con altri spazi.
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