L’orologio dei contadini
2 Luglio 2016
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L’orologio dei contadini

Narra una leggenda greca che la calendula nacque dalle lacrime della dea Afrodite, la Venere latina, disperata per la morte del suo amante, il bellissimo Adone, che era stato ucciso da un cinghiale mandatogli contro dal gelosissimo Ares, il Marte latino.

La calendula è una pianta erbacea rustica che può essere coltivata, a scopo ornamentale, per i suoi grandi fiori giallo-arancioni dal diametro di 2-4 centimetri. Questa specie, nota anche col nome di Fiorrancio (Calendula officinalis), va distinta da quella spontanea e più comune, detta calendula dei campi (Calendula arvensis), dai fiorellini più piccoli (di circa 1 centimetro di diametro), presente soprattutto lungo i cigli delle strade assolate o nei campi aperti di tutto il nostro territorio ad eccezione della pianura padana. Appartengono entrambe alla famiglia delle Composite, tuttavia la calendula dei campi si riconosce facilmente per il suo aspetto quasi bagnato o umido, dovuto non alla presenza di acqua, ma di piccolissimi peli che ricoprono uniformemente le foglie morbide e vellutate. Attenzione poi a non confondere la calendula con le piante appartenenti al genere Tagetes, tossiche, che in inglese hanno lo stesso nome: Marigold.

Il suo nome francese souci deriva dal latino medievale solsequium, cioè “che segue il sole”, per cui è detta anche “orologio dei contadini”. Anche il nome comune di calendula è derivato dal latino: le calendae, ovvero il primo giorno del mese, alludono alla sua fioritura che in luoghi miti e protetti avviene quasi tutto l’anno. Per i contadini, inoltre, è stata sempre un barometro naturale, perché, se al mattino i fiori rimangono chiusi, molto probabilmente pioverà.

Nel linguaggio dei fiori la calendula rappresenta oggi il dolore, il dispiacere e le pene d’amore. Ma il suo significato simbolico è cambiato nel corso del tempo e nelle varie civiltà: gli Egizi consideravano la calendula una pianta capace di far ringiovanire; Persiani e Greci ne utilizzavano i petali per decorare i cibi; presso i Romani, invece, la calendula veniva usata per rendere le notti più amorose e per indurre sogni belli e profetici. In Messico la calendula simboleggia la morte, mentre in Inghilterra rappresenta le donne mai sposate, zitelle e ‘gialle’ di rabbia.

Conosciuta dagli antichi Greci come la “pianta dai fiori d’oro”, la calendula fu utilizzata per le sue proprietà officinali sin dal Medioevo, tanto che Santa Ildegarda, monaca tedesca, ne consigliava l’impiego per curare ferite, eruzioni cutanee e infiammazioni. Molti sono i principi attivi di cui è ricca questa pianta, che ne fanno un ottimo rimedio contro diversi disturbi. I più importanti sono gli oli essenziali – i quali le conferiscono il tipico profumo (che tende a scomparire nel prodotto essiccato) ed hanno una potente azione antinfiammatoria -, i principi amari, gli acidi grassi, i carotenoidi, i flavonoidi, i fitosteroli ed altri ancora che hanno proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie, diuretiche, cicatrizzanti e depurative, di stimolo alla ricostruzione della pelle secca, screpolata e delicata. Nota anche l’essenza capace di neutralizzare le sostanze tossiche inoculate dagli insetti con le loro punture e il cataplasma di foglie fresche usato come callifugo. Dai petali di calendula si ottiene un’acqua colorata che dona splendore ai capelli biondi e castani quando viene usata come risciacquo. Per l’uso interno invece si può utilizzare l’infuso di fiori secchi per combattere l’influenza e il raffreddore.

La calendula si trova anche in alcune ricette della cucina popolare: i suoi boccioli ancora chiusi, scottati in acqua e sale possono essere messi sott’aceto come i capperi; le sue ligule aranciate vengono usate per colorare i risotti, il burro e le creme di alcuni dolciumi.☺

 

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