lucafapresto
31 Agosto 2010 Share

lucafapresto

 

Luca Giordano, nato nel 1634 e morto nel 1705, fu un eclettico artista napoletano dalla vena inesauribile, di grande felicità, prodigiosa sicurezza e prontezza esecutiva (“Lucafapresto” era denominato). Allievo del Ribera, fu conoscitore di tutta la pittura del Cinquecento e contemporanea, assommando in sé le qualità della pittura del passato e del suo tempo, dominando la seconda metà del Seicento.

Di fama in- ternazionale, fu attivo non solo in patria ma anche a Roma, Firenze, Venezia; abbondantissima fu la produzione di opere a Napoli, ma anche alla corte di Spagna, dove dipinse affreschi e tele, conteso fra i più grandi collezionisti. Di lui si parlava non soltanto nella città natale, ma in tutta l’Italia, anche agli inizi del Settecento;  spesso fu sottovalutato dai critici per la copiosità e la qualità ineguale delle opere.

Pittura brillante

Aperto ai più diversi stimoli, in ascolto dell’eco della tradizione veneta, in confronto con la teatralità di Pietro da Cortona, superato il chiaroscuro caravaggesco, il Giordano seppe andare altrove a rinnovarsi, divenendo punto di riferimento della produzione tardobarocca in Italia, caratterizzandosi per una pittura spigliata, ariosa e virtuosistica, dalla fattura brillante e dalla tecnica prodigiosa, tanto da mettere subito in moto il meccanismo dell’immagina- zione e produrre un vero e proprio concerto visivo.

Lucrezia e Sesto Tarquinio

La sua vasta produzione, documentata al Museo di Capodimonte da una nutrita serie di tele che ripercorrono il suo percorso artistico, testimonia il continuo accrescimento stilistico, attingendo alla tradizione pittorica antica fino ad approdare ad una pittura libera e ariosa, che segnò l’affermazione del barocco nella cultura figurativa. Il dipinto Lucrezia e Sesto Tarquinio,olio su tela raffigura il momento in cui la matrona romana cerca di respingere le profferte dell’etrusco, la cui violenza causerà il suicidio della donna.

Nel dipinto di Luca Giordano, che ebbe ben presenti Tiziano e Velasquez, Lucrezia, per la quale fonti seicentesche ipotizzano che abbia posato come modella la moglie dell’artista, è ritratta nuda di spalle, le rosee carni su uno sfondo di panni e tessuti attentamente descritti, fra i quali gioca ricamando sapienti effetti pittorici.

Sorpresa nell’intimità della sua camera, con un braccio la donna respinge l’aggressore che, però, non appare come un violentatore, non ha lineamenti stravolti dalla brutalità del male che si accinge a compiere (contrariamente alle opere di Tintoretto e Tiziano); ha invece un volto dai lineamenti gentili, e non è nemmeno armato (non vi è traccia di armi); spinto dall’ardore della passione le si pone accanto suadente, un braccio levato in largo movimento rassicurante, di certo non con un piglio malvagio, il suo non è un volto malvagio, ma si mostra mite,  senza covare intenti di predatore.

A Luca Giordano non interessa introdurre elementi che sottolineino  la violenza esercitata da Tarquinio su Lucrezia, sicché l’occhio dello spettatore pare assistere ad un movimentato incontro d’amore fra una bionda e bella giovane donna riluttante ed un concupiscente uomo che l’approccia esuberante, piuttosto che ad uno stupro.

Probabilmente all’artista premeva non tanto raccontare la drammatica vicenda realmente accaduta, quanto utilizzare lo storico episodio come pretesto per una raffigurazione sensuale. ☺

jacobuccig@gmail.com

 

 

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