manze o bufala?   di Antonio De Lellis
1 Dicembre 2013 Share

manze o bufala? di Antonio De Lellis

La questione granmanze che una srl di diecimila euro di capitale sociale, in cui la Granarolo spa detiene il 10%, entra nel vivo con i primi dibattiti pubblici e i primi consigli comunali monotematici. Il sito previsto per l’allevamento non è ancora noto, ma molto probabilmente a Ururi si gioca la vera battaglia.
Che cosa emerge dopo aver incontrato agricoltori, cittadini, professionisti, allevatori, sindaci e politici? Un quadro desolante, ma anche una ripresa di coscienza su una questione che non è marginale, ma centrale; non è reversibile, ma irreversibile. Il progetto non è sostenibile, per chiari rischi ambientali e sanitari insiti nel tipo di allevamento intensivo ormai in dismissione in tutto il mondo, ed è completamente decontestualizzato perché pensato per un’area con bassa densità abitativa e forte disponibilità di acqua anche potabile, cosa non più possibile con il Biferno, fiume stressato, inquinato e vulnerato (parole scritte nei documenti ufficiali).
Non vorrei forzare o urtare la  sensibilità delle persone colpite dal terremoto, ma se qualcosa dovevamo imparare sulla scuola di San Giuliano era che quella sopraelevazione non era sbagliata in sé, ma era impossibile su quella esistente perché non in grado di essere sostenuta. Le leggi della natura e della fisica non si sfidano! Non possiamo cambiarle, ma dobbiamo rispettarle! L’ ambiente è, come diceva Elena Sassi, un uovo: esiste un punto di rottura irreversibile che dimostra che dopo nulla sarà come prima. Se l’uovo si rompe non puoi ricostruirlo. L’impatto idrico sarà, per l’acqua potabile, pari ad un nuovo insediamento di 3000 persone, ma, se consideriamo le colture foraggiere, di 30.000 persone.
La nostra area non è solo compromessa per la condizione idrica, ma anche per l’ambiente e lo dimostrano gli studi recenti: incrementi significativi di morte nelle aree interessate dall’insediamento, aumento di bambini malati di asma! Perfino la direttiva Nitrati della Regione Molise, se studiata, dimostra come sia impossibile qualsiasi insediamento ulteriore che impatti sull’ambiente. E poi c’è il ricatto occupazionale. 20 posti fissi di spalatori di merda e sottopagati (tanti sono quelli locali previsti) valgono un ulteriore aggravio ambientale e sanitario? Sanitario anche perché i gas prodotti dagli allevamenti intensivi sono fortemente dannosi.
 Lo sapevate quanti sono gli occupati nell’agricoltura di qualità in basso Molise in produzioni tipiche che vengono esportate in tutto il mondo? Sapete che l’aumento di nitrati comporta seri problemi per queste aziende con rischi enormi in termini di perdita di qualità di prodotto? Quanti posti perderemo nella filiera agroalimentare di qualità e tipica per colpa di quei 20 posti di spalatori di merda? Dicono che le foraggiere saranno incentivate e questo è incremento di lavoro agricolo. Ma vi chiedete se queste estensioni poi riconvertite a foraggiere non sono già oggi utilizzate? Vi siete mai chiesti se la conversione ha un reale vantaggio, per esempio, rispetto ad un seminativo? Non è conveniente passare alle foraggiere perché i costi (servizi di irrigazione) e il valore delle produzioni lo rendono meno competitivo dei tradizionali seminativi.
Le manze allevate verranno rimpatriate al Nord e nessuna resterà in Molise, i posti sono davvero pochi, le foraggiere non converrà coltivarle, le piccole stalle molisane chiuderanno perché vi sarà, a livello nazionale e soprattutto a causa della liberalizzazione dal 2015, l’effetto ipermercato rispetto ai piccoli esercizi. Ma insomma noi cosa avremo in cambio? Solo i rischi e le certezze di ulteriore inquinamento (ormai non più possibile in Emilia Romagna) dell’aria e dell’acqua e l’impossibilità perfino di utilizzare il tanto decantato letame, pieno di antibiotici, a causa degli alti livelli di nitrati in Basso Molise. Questi insediamenti non hanno ragione di esistere più in nessuna parte del mondo perché ormai appartengono al passato, a un modello di sviluppo in crisi strutturale che ha fatto della competitività, della quantità e del profitto degli idoli.
La ricerca scientifica mira all’ espansione, mentre l’eticità al senso del limite. Un vero sviluppo deve prevedere la crescita di tre fattori: il mantenimento della vita, la stima e la libertà, sia a livello individuale che sociale. Più precisamente, è la via "etica" quella che il comitato “No Manze, sì Molise bene comune” chiede all'economia attuale di percorrere, non per un semplice intendimento moralistico bensì per la salvaguardia dei suoi stessi interessi: l'etico non è esterno ai problemi di ordine economico. Si tratta di una dimensione costitutiva, intrinseca alla definizione integrale di qualsiasi problema umano. Di qui l'interrogativo centrale che ogni persona di economia deve farsi: “Che posto occupa l'essere umano nelle forme attuali della globalizzazione?” Questa è la domanda fondamentale. Non ci sarà economia senza etica. ☺
adelellis@clio.it

 

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