medusa
15 Aprile 2010 Share

medusa

 

L’immaginario collettivo del passato si riconosceva nel mito, i cui simboli condivisi contribuivano alla creazione di una mentalità uguale per l’intera collettività. E dalla elaborazione del mito, quasi sempre affidata alla saggezza degli anziani, si apprendeva l’arte di vivere; essere immersi nel racconto orale voleva dire non solo entrare nella comunicazione immediata fra esseri viventi, ma anche essere tutelati nella propria individualità. La realtà poteva essere dominata e con essa il mostruoso, l’abnorme che pure la caratterizzava; la paura era esorcizzata e sconfitta dalla parola, confortata dal racconto di imprese eccezionali i cui protagonisti erano quasi sempre degli eroi.   Come Perseo alle prese con Medusa.                                                         Medusa era una delle tre Gorgoni: mostro alato dallo sguardo terribile, la personificazione dell’orrido: un solo occhio torvo, un solo dente, le chiome di serpi, unghie leonine alle mani e ai piedi. Chiunque volgeva lo sguardo alle sue mostruose fattezze diventava immediatamente di pietra. Costituiva un pericolo continuo e combatterla era impresa impossibile. Vi riesce Perseo, sostenuto dall’aiuto di due divinità, Atena ed Ermes, che gli forniscono l’una uno scudo di bronzo e l’altro calzari alati, l’elmo e la spada. L’eroe porta a compimento l’impresa, uccide il mostro e ne taglia la testa,  perché non guarda mai in volto Medusa, se non nel riflesso del suo lucentissimo scudo.  Mi piace pensare che questo mito possa rivelarsi sorprendentemente attuale se in esso riconosciamo simbolizzati il potere dell’incantamento, la fascinazione ipnotica di cui l’universo mediatico si serve nella sua battaglia quotidiana per l’audience. Lo sguardo che pietrifica di Medusa sembra provenire oggi dalle fonti più disparate, ha il volto ammaliante della Rete, si cela tra gli interstizi della globalizzazione. Il racconto mitologico pare riaffermare che lo sguardo che fissa l’altro è mutato da quella visione, l’incontro ottico prima che linguistico con l’altro è fonte di mutamento per l’io che guarda.                                                       Oggi che la costruzione dell’immaginario collettivo è fortemente determinata dalle comunicazioni di massa,  il 90% della popolazione italiana è soggetta ad incamerare, attraverso il mezzo televisivo, le immagini più disparate. Una visione priva di nessi, senza simboli, senza archetipi, fatta di mode transitorie, egoista, pervasa d’ansia e di approssimazione. E pur non essendo lontano il tempo in cui la pagina di un libro sapeva catturare l’interesse e concedere il dono della concentrazione, attualmente il primato spetta alla comunicazione televisiva e, in maniera ancora più marcata, a quella di Internet. All’attenzione e all’autodisciplina richiesta dal libro, si è sostituita la distrazione, abilmente perseguita  con l'offerta contemporanea e intrecciata di prodotti diversi.  Non è solo il mezzo visivo, ma la modalità stessa del suo uso, ad imporre alla mente il godimento immediato. I significati sono prodotti non per meditazione, ma per accumulazione di immagini e di impressioni, che rinviano ad un mondo fantastico, “un mondo di simulacri”. Simulacro: segno vuoto che rinvia unicamente a se stesso e non alla realtà: per il suo tramite lo spettatore è portato a credere a immagini fittizie e non alla realtà quotidiana. Questo mondo spettacolare  riguarda sempre meno la società e sempre più i media: essi parlano tra di loro piuttosto che con le persone. E in più dicono le stesse cose, perché dispongono di un criterio di selezione delle notizie molto simile. Un esempio per tutti: quotidiani e telegiornali ad ogni estate titolano: “E’ scoppiata l'estate”; l’arrivo della bella stagione non dovrebbe costituire una notizia, essendo un fatto che avviene tutti gli anni, ma l’uso del verbo "scoppiare" anziché "arrivare" fa sì che l’evento venga vissuto come violento e improvviso.

Per il tramite dello sguardo l’abnorme e l’inverosimile sono inglobati, incorporati nell’umano. I media moderni sanno bene che chi guarda cerca l’incanto del mostruoso, dello spettacolare, come altro rispetto alla propria banale quotidianità, per integrarlo nella routine, rendendolo così familiare e piacevole. Come Medusa, tentano di scardinare l’ordine convenzionale degli uomini e impietrire le loro anime. Sta a noi sapercene liberare. ☺

annama.mastropietro@tiscali.it

 

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