Monica vitti la rivoluzionaria
10 Dicembre 2021
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Monica vitti la rivoluzionaria

Le preziose: con questo titolo apro articoli che parlano di donne di ieri, l’altro ieri, oggi che, come le preziose del settecento hanno agito o vissuto per lasciare il testimone alle altre.

Ha compiuto pochi giorni fa novanta anni. Da molti è assente dalle scene per una malattia che non perdona; per fortuna i media non si sono accaniti ed hanno rispettato e rispettano la sua assenza. Per lei, per la ragazza scelta da Antonioni perché aveva una bella nuca, per la donna che ha saputo cambiare totalmente il ruolo della protagonista nei film italiani dove imperavano le supersexy, per la donna che con ironia ha portato avanti il femminismo senza spaventarsi o spaventare.

“Qualcuno ha detto che il gioco è una cosa seria: necessario come il pane, importante come un lavoro. E il mio lavoro è un gioco. L’ho scelto senza saperlo a quattordici anni, l’ho scelto perché non sapevo vivere e credevo di dovermi portare dietro le mie paure e i miei dubbi, recitando testi drammatici e opere tragiche e mi ci sono buttata. Ma Tofano scoprì in me un’attrice comica, non sapevo allora di doverne essere contenta. Dunque ho fatto teatro di tutti i generi, da Eschilo a Feydeau. E poi il cinema, quella cosa misteriosa e magica a cui ho dedicato vent’anni con infinito amore”.

Nome d’arte di Maria Luisa Ceciarelli, attrice cinematografica e teatrale, nata a Roma il 3 novembre 1931. Anti-Femminuccia” in una famiglia borghese che sperava di vederla crescere “signorina per bene, Monica Vitti cominciò a coltivare la sua ribellione da piccola. A partire dalla scelta di fare l’attrice nonostante “la vergogna della mia famiglia, fare l’attrice per mia madre era una cosa per cui diventava rossa, abbassava lo sguardo”. La sua ribellione non fu una posa, un vezzo da ostentare, ma una necessità: “Mia madre mi disse: la polvere del palcoscenico corrode l’anima e il corpo”, ma lei scelse di tentare, alla faccia del perbenismo bigotto del dopoguerra e contro la volontà di quella madre tanto diversa.

A dare una svolta alla sua carriera fu l’incontro con Antonioni (1957), che costruì su misura per lei L’avventura (1960), in cui la Vitti al centro di un sottile gioco di introspezione psicologica, fornì una prova superba, fatta di silenzi e sguardi perduti. A offrire una più interessante occasione furono Rodolfo Sonego e Luigi Magni, che scrissero per lei La ragazza con la pistola (1968) di Mario Monicelli. Il ruolo di una siciliana sedotta e abbandonata, che insegue a Londra l’uomo che le ha tolto l’onore, rappresentò la sua consacrazione come attrice brillante (ottenne nel 1969 un Nastro d’argento e un David), e diede il via a una serie di film in cui interpretò personaggi stralunati, con uno stile di recitazione al limite del grottesco, insolito nel panorama delle attrici italiane supersexy di allora. Poté così confrontarsi da pari a pari con i grandi ‘mattatori’ del cinema, da Alberto Sordi a Vittorio Gassman, da Ugo Tognazzi a Marcello Mastroianni e a Giancarlo Giannini.

“Appena apro la bocca la gente ride” ha dichiarato in un’intervista di qualche anno fa; in realtà la cosa non è così automatica; per far ridere ci vuole molto talento e Monica Vitti nei suoi film ci ha fatto sia piangere che ridere riuscendo in imprese titaniche dimostrando un talento immenso. Leone d’oro alla carriera nel 1995, disse con la sua abituale modestia ringraziando la grande fabbrica del cinema che le aveva permesso il suo mestiere ai massimi livelli e che comunque non avrebbe potuto fare nessun altro lavoro “forse mi sono sentita incompresa da bambina, due fratelli più grandi di me avevano il potere e io ho scelto di recitare per reinventare la mia vita”.

Dice di se stessa, ignorando la sua bellezza e sensualità, che ha un naso  “importante e che non ho mai voluto ritoccare perché proprio aveva questa sua importanza e perché quella deviazione dei classici canoni estetici è un segno distintivo che elimina ogni sdolcinatura e regala il  fascino. Devo molto alla mia faccia, ero quella curiosa, ero un tipo, ho fatto quello che ho fatto non perché ero bella ma perché ero curiosa e perché avevo dei difetti, il fatto è sempre quello, il difetto aiuta”.

Monica è sempre guidata dal concetto di un’idea totale d’indipendenza, ha scelto la propria strada autorizzando tutte le giovani attrici venute dopo ad avere fiducia nei propri mezzi. A questo servono le pioniere ed è per questo che viene ricordata in questa serie delle preziose proprio per la sua tenacia per la sua determinazione e la sua capacità di  libera scelta anche quando il mondo sembrava più difficile. Angela Finocchiaro, in palcoscenico tempo fa, parlando di Monica Vitti in una delle riunioni del gruppo Se non ora quando, l’ha ricordata citando proprio un pensiero sulle donne: “Le donne mi hanno sempre sorpreso: le donne sono forti e hanno la speranza nel cuore e nell’avvenire”.

D’altra parte già nel 1971, alla domanda “Ma perché si batte per il femminismo?” lei aveva candidamente risposto – “perché forse è ora!” -.☺

 

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