No alla revisione della costituzione
28 Agosto 2016
La Fonte (351 articles)
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No alla revisione della costituzione

Da più parti ci viene chiesto quale sia la posizione di Libera contro le mafie sulla proposta relativa alla revisione costituzionale del governo Renzi, su cui gli italiani sono chiamati a partecipare al referendum per il prossimo mese di ottobre. Sui quotidiani italiani dell’11 marzo scorso è apparso un Appello per la Costituzione a firma di diversi personaggi, fra i quali Zagrebelsky, Burgio, Zanotelli, Rea e don Luigi Ciotti, in cui si sottolineano alcuni concetti fondamentali per i quali i sottoscrittori ritengono che la democrazia parlamentare in Italia sia in serio pericolo a causa del disegno di legge costituzionale Boschi/Renzi. Nell’appello vengono espresse molteplici perplessità, quali la riduzione del Senato ad un’assemblea di soggetti adeguatamente obbedienti al capo di turno; la totale estraneità dei cittadini che mai sono stati interpellati sulla proposta di legge renziana; la cosiddetta semplificazione dell’iter legislativo, che non è affatto così, se pensiamo alle proposte di riforma del Senato; la riduzione delle autonomie locali ed un controllo da parte dell’esecutivo sul Parlamento, che diventerà il bastone nelle mani del premier di turno e del suo partito; la riforma elettorale che dal porcellum, anticostituzionale per la Corte costituzionale, passerà all’italicum, che sarà nel frattempo classificato anch’esso come anticostituzionale dalla Corte; il completo assoggettamento dei mass-media alla politica strategica di Renzi, in primis il controllo sulla Rai.

Con questa premessa diamo una risposta chiara e inequivocabile: Libera è per il NO alla proposta di revisione costituzionale promossa da Renzi, dal suo governo, dalla finanza transnazionale. Ma Libera è per la riforma di alcuni punti della Costituzione su cui scriveremo sul prossimo numero. Facciamo un preambolo: oggi chi si esprime a favore del NO alla revisione viene puntualmente aggredito dall’avversario, che può essere Renzi o un suo sodale. Questi rampanti rottamatori avranno pure una loro preparazione tecnica e professionale, ma appaiono degli autentici ignoranti da un punto di vista di una visione complessiva della vita, della storia, nel senso che nella loro apparentemente dinamica linea strategica si lasciano condizionare da una visione e da una interpretazione della realtà troppo parziale e limitata, quella, cioè, economicistica, dei numeri, dalla quale sono completamente assenti le persone in carne ed ossa, le loro storie, le loro vicende, le loro passioni o le loro angosce. Come tutti i presuntuosi, codesti rottamatori sono anche dei pusillanimi, che stanno consegnando il Paese e la sua storia alle banche e alla finanza transnazionale, che hanno una strategia, definita politica dello “shock”: si scompigliano le popolazioni, completamente disinformate, spaventandole sui rischi del fallimento finanziario che impoverirà tutti e specialmente i risparmiatori. Si prospetta alle popolazioni la fine del benessere con il default, spianando così la strada alle furberie, o meglio alle angherie della finanza internazionale che ha bene educato nel frattempo un personale “amico e sodale”, e così la frittata è fatta. Allo spavento, infatti, segue immediatamente un atteggiamento di succube accettazione del programma di sacrifici e i giuochi sono fatti (il governo Monti docet). La democrazia comincia ad affievolirsi, la partecipazione dei cittadini appare flebile ed incostante e la politica, i politici, la classe dirigente così possono manovrare senza condizionamenti.

Un esempio che provi il livello di asservimento del ceto politico attuale ci viene fornito dalla stragrande maggioranza degli intellettuali, dei partiti ex socialisti, ex comunisti, ex democristiani, ora tutti concentrati a servire il padrone capitalistico che in mano ha la frusta che schiocca quando e come vuole sul loro corpo. Il programma politico complessivo, antidemocratico ed illiberale di Renzi non è il suo, è a lui precedente, solo che Renzi appare l’allievo più diligente che la finanza ha espresso politicamente in questi ultimi anni. Il progetto bonapartistico del presidente del consiglio parte da molto lontano, dal Cile di Pinochet e dal ruolo degli americani nel mondo occidentale, dal reaganismo, dal thacherismo, dal blairismo, che sono state le espressioni più compiute del capitalismo finanziario transnazionale, ed in Italia si concretizza, tra l’altro, nell’annullare i risultati referendari come quello sull’acqua. Di qui, scaturisce che il mercato è al centro della speculazione teorica della scuola di Chicago, i neocom. Questa filosofia neoliberistica demolisce lo stato democratico, parlamentare, a tutto vantaggio di una impostazione autoritaria e plutocratica, per la quale una sparuta minoranza controlla i gangli dello Stato.

Ma entriamo nelle vicende prossime a noi: l’origine ultraliberistica della revisione costituzionale del disegno di legge Boschi/Renzi parte da un documento molto importante della Banca d’affari americana: J.P. Morgan, peraltro responsabile della crisi finanziaria odierna, il 23 maggio 2013 in un documento, “The Euro area adjustment; about halfway there”, tra l’altro dice: “ (…) Le Costituzioni e i sistemi politici dei Paesi della periferia meridionale, costruiti in seguito alla caduta del fascismo, hanno caratteristiche che non appaiono funzionali ad un’ulteriore integrazione della regione (…) All’inizio della crisi si era generalmente pensato che i problemi strutturali dei Paesi europei fossero soprattutto di natura economica. Ma con l’evoluzione della crisi, è diventato evidente che ci sono problemi inveterati nella periferia, che dal nostro punto di vista devono cambiare, se la UE vuole in prospettiva funzionare adeguatamente. Queste Costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista, che riflette la forza politica che le sinistre conquistarono dopo la sconfitta del fascismo. Questi sistemi politici periferici mostrano, in genere, le seguenti caratteristiche: governi deboli; stati centrali deboli rispetto alle regioni; tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori; costruzione del consenso fondata sul clientelismo politico; e il diritto di protestare su cambiamenti sgraditi arrivano a turbare lo status quo. I punti deboli di questi sistemi sono stati rivelati dalla crisi (…) Ma qualcosa sta cambiando: il test chiave avverrà l’anno prossimo in Italia, dove il nuovo governo ha chiaramente l’opportunità di impegnarsi in importanti riforme politiche (…)”.

Il governo Letta, cui la banca Morgan intendeva riferirsi, si mette subito al lavoro e, partorendo un disegno di legge costituzionale, nr. 813 del 10 giugno 2013, anche a firma di Gaetano Quagliariello e di Dario Franceschini, così scrive nella nota introduttiva alla stessa legge: ” (…) Gli elementi cruciali dell’assetto istituzionale disegnato nella seconda parte della nostra Costituzione (forma di governo; sistema bicamerale) sono rimasti sostanzialmente invariati dai tempi della Costituente. È invece opinione largamente condivisa che tale impianto necessiti di essere aggiornato per dare adeguata risposta alle diversificate istanze di rappresentanza e d’innovazione derivanti dal mutato scenario politico-sociale ed economico per affrontare su solide basi le nuove sfide della competizione globale; dunque, per dare forma, sostanza e piena attuazione agli stessi principi fondamentali contenuti nella prima parte della Carta costituzionale”. Dunque, dal momento che si sono modificati il clima politico e l’assetto complessivo del capitale in Europa e nel mondo occidentale ed il “capitale finanziario” con il Mercato ha vinto la guerra contro tutti gli “ismi” ideologici, in buona sostanza va cambiata la struttura dello Stato e della sua Costituzione, che così da parlamentare, democratica e partecipata, dovrà mutasi in presidenziale e plutocratica. Va smantellato il Welfare state e tutta la filosofia che sottende a questa impostazione, vale a dire vanno crudamente eliminati l’impostazione solidaristica e il carattere sociale della nostra Costituzione e questo lo si fa con la revisione costituzionale di Renzi, impostagli dalla finanza transnazionale. In questo consiste la riforma di Renzi e per questo motivo noi, difendendo la memoria e la serietà civile e culturale dei Padri fondatori della Carta costituzionale, andremo a votare NO al referendum di ottobre. Valutazioni analitiche sul testo renziano e proposte di riforma costituzionale avanzate dal fronte del NO le analizzeremo sul prossimo numero de la fonte.

 

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