Non solo birra
5 Marzo 2025
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Non solo birra

Come ogni anno, anche questo 17 marzo nei pub irlandesi di tutto il mondo scorreranno fiumi di birra, talvolta tinta di verde, in omaggio a quello che è diventato oggi una sorta di Bacco d’Irlanda: san Patrizio. Ma niente potrebbe essere più lontano dalla verità storica…
Tanto per cominciare, Patrizio non era irlandese, ma britannico. Sul luogo di origine della sua famiglia, nobile e romanizzata, gli studiosi sono incerti fra la zona di Carlisle, ai confini fra Inghilterra e Scozia, e il sud del Galles. Ancora più incerta la cronologia, che sembra tuttavia portare alla seconda metà del V secolo d.C.
Della sua vita ha lasciato lui stesso un racconto molto avventuroso nella Confessione, un’operetta che Patrizio scrisse in latino negli ultimi anni della sua vita e che, oltre a essere la prima fonte scritta nella storia dell’Irlanda, è un documento di ricchissimo interesse sul piano culturale e linguistico. Rapito dai pirati all’età di circa sedici anni, insieme ad altre migliaia di prigionieri fu deportato in Irlanda, dove rimase schiavo per sei anni, addetto al pascolo di un gregge. Nella solitudine, nella fame e nel freddo di una località chiamata silva Vocluti, “la foresta di Voclut” (nel nord-ovest dell’isola), avvenne il suo incontro con Dio. Finché, in seguito a un sogno profetico, fuggì per oltre 300 km e raggiunse una località portuale. Lì riuscì a imbarcarsi per ritornare in Britannia, ma dopo tre giorni di navigazione giunse invece in un paese che sembra potersi identificare con la Bretagna (in Francia). Solo dopo varie altre avventure, poté finalmente tornare in patria. Ma un altro sogno avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Stando al suo racconto, gli apparve infatti un uomo che sembrava venire dall’Irlanda, con moltissime lettere. Patrizio ne aprì una e nel momento stesso in cui ne leggeva l’inizio gli parve di sentire la voce di quelli che aveva lasciato nella foresta di Voclut che gridavano: “Vieni a camminare ancora fra noi”. Patrizio si sentì allora chiamato a tornare come evangelizzatore e con amore presso quegli irlandesi da cui era stato fatto schiavo. Pur avendo intrapreso una formazione ecclesiastica, prima in Britannia come diacono e poi – forse – in Gallia, dove sembra che sia stato per due mesi prigioniero dei Franchi, dovette lottare per ottenere la candidatura che gli avrebbe offerto un mandato ufficiale per l’Irlanda. E anche quando, infine, poté partire, dovette affrontare ostacoli di ogni sorta, fra cui due settimane in catene presso signorotti locali e un processo, i cui contorni rimangono però piuttosto oscuri, da parte del clero britannico.
Cosa accadde alla sua morte, avvenuta il 17 marzo, è narrato da Muirchú, che, insieme ad un altro monaco irlandese del VII secolo, Tírechán, fu uno dei primi biografi del santo. Secondo le istruzioni che un angelo aveva dato a Patrizio stesso, il suo corpo, in una bara che possiamo immaginare coperta dei narcisi che fioriscono intorno a quella data, fu affidato a un carro trainato da due buoi, che si fermarono nel punto in cui doveva poi essere costruita una chiesa in suo onore. Si tratta di un luogo oggi situato nell’ Irlanda del nord, non lontano dal monastero di Saul da lui fondato, e chiamato Downpatrick.
Fra le altre numerose leggende medievali circolanti sul suo conto vi è quella che Patrizio avrebbe bandito dall’isola tutti i serpenti. Si tratta di un tentativo di spiegare come mai l’Irlanda sia uno dei pochi posti al mondo – insieme a Islanda, Groenlandia, Antartide e Nuova Zelanda – notoriamente privi di serpenti. Inoltre, è lo stesso Jocelyn of Furness, il biografo del XII secolo a cui si deve questa leggenda, a fornirne una chiave interpretativa, tracciando un’analogia fra i serpenti e il male che, con il paganesimo, regnava nell’isola prima della predicazione di Patrizio. Una predicazione nella quale, secondo un saggio di botanica del 1727, il santo si sarebbe aiutato con una piantina di trifoglio: le sue tre foglioline, portate da un unico picciolo, si prestavano infatti a spiegare il dogma della Trinità (vd. l’articolo di Gildo Giannotti, Per un pizzico di fortuna, pubblicato su la fonte di marzo 2024). Quanto al pozzo di san Patrizio, si tratta di una grotta senza fondo su cui si apriva l’ingresso del Purgatorio, che, secondo il Tractatus de purgatorio Sancti Patricii di Henry of Saltry (1170), sarebbe stato mostrato al santo da Cristo. Situato sull’isolotto di Lough Derg e ancora oggi meta di pellegrinaggi, non ha quindi assolutamente nulla a che vedere con il pozzo di Orvieto, un capolavoro di ingegneria costruito per rifornire di acqua la città in caso di assedio o di calamità, e affettuosamente ma erroneamente chiamato “pozzo di san Patrizio” nell’Ottocento dai frati del vicino convento dei Servi.
Numerosi i frammenti di saggezza che si potrebbero ricavare dalla Confessione di Patrizio, da cui emerge una ricostruzione della sua vita e della sua ricerca di Dio altrettanto, se non più affascinante di quella della sua controparte mitica. Per esempio una profonda testimonianza di fede che recita “io ero come una pietra che giace nel fango profondo: e venne colui che è potente e nella sua misericordia mi sollevò” (conf. 12). Ma nelle attuali contingenze è forse più opportuno concludere ricordando che il 17 marzo 2017, il capo del governo irlandese Enda Kenny, nel suo tradizionale discorso in occasione del Saint Patrick’s Day, pronunciato quell’anno in presenza di Donald Trump che era allora alla sua prima presidenza degli Stati Uniti, definì l’apostolo dell’Irlanda “patrono dei migranti”. Si trattava, evidentemente, di una frecciata alle politiche del Tycoon in materia d’immigrazione. All’inizio del secondo mandato di Trump, fra migranti incatenati e deportati, e minacce di espulsioni forzate di intere popolazioni, anche per chi non è cattolico Patrizio continua dunque, con la sua incredibile vicenda biografica di immigrato, a essere quanto mai attuale sullo scenario politico internazionale.☺

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