Numeri e bugie
4 Ottobre 2015 Share

Numeri e bugie

Le cifre reali delle neoassunzioni e le prospettive dei precari

Eccole, le famigerate nuove assunzioni. Che ci costringono a fermarci un momento per verificare quant’è cresciuto il naso del ministro Giannini, proprio come quello di Pinocchio. Non possiamo fare a meno, in questa sede, di concentrarci su uno degli aspetti più contestati della Legge 107, sin troppo nota come la riforma “La Buona Scuola”, di cui tanto ci siamo occupati (e continueremo ad occuparci) in questo spazio dedicato alla realtà scolastica locale e nazionale. Perché? Perché sembra proprio che il governo continui a utilizzare, in modo irresponsabile, le assunzioni come arma di propaganda, diffondendo i numeri che gli convengono e tentando di far passare chiunque li contesti come ingrato o irresponsabile, perché non in grado di cogliere il valore di un’operazione che dà lavoro a tanta gente e spalanca ai precari le porte della stabilità e del “tempo indeterminato”. Sì, dobbiamo fermarci un momento.

Anzitutto, ormai è chiaro che le 150.000 assunzioni promesse in partenza dal Governo, già ridotte di un terzo (102.000) con l’approvazione della legge, saranno in realtà molte di meno, non arrivando nemmeno a 80.000. Se partiamo dal dato relativo alle sole 37.200, al momento, è evidente che si è trattato di una promessa non mantenuta, come non lo è stata quella dello svuotamento delle GAE (le graduatorie ad esaurimento), né quella che annunciava la fine della “supplentite”, visto che saranno almeno 80.000 i supplenti di cui le scuole avranno bisogno anche quest’anno per funzionare. Ma non dovevano essere tutti assunti? Forse, se il governo avesse accettato di discutere le proposte presentate dai sindacati, partendo dalla rilevazione del reale fabbisogno delle scuole e dalla stabilizzazione del lavoro precario in atto, e utilizzando in modo più sensato e razionale lo stanziamento economico reso disponibile a copertura dell’ operazione, le assunzioni a tempo indeterminato sarebbero state di più e sarebbero state effettuate in modo del tutto più ragionevole ed efficiente, rispettoso della carriera e della dignità dei docenti.

Nonostante la propaganda governativa, dunque, i docenti supplenti non sono spariti. Si era detto che con la legge 107/15 non ci sarebbero stati più precari e che i posti disponibili sarebbero stati tutti coperti con le assunzioni a tempo indeterminato. La realtà racconta un’altra storia. Guardiamo al Molise? Nella nostra regione ci sono state 265 nomine annuali. Posti sui quali, in gran parte, si potevano fare le immissioni in ruolo evitando di far andare fuori regione tanti docenti che aspirano legittimamente, dopo anni d’ insegnamento, ad un contratto a tempo indeterminato. Non si è voluto, come richiesto ripetutamente dai sindacati, trasformare l’organico di fatto in organico di diritto, e così il risultato sarà un esodo, per molti versi evitabile, con ripercussioni sulla continuità didattica e sulla qualità dell’ insegnamento, nonché con scuole che, per poter funzionare, avranno bisogno, ancora, di nominare i supplenti annuali.

Come forse molti sanno, i docenti sono stati costretti a compilare un modello on-line con il quale hanno dovuto dichiarare di essere disponibili ad accettare il ruolo in una delle cento province italiane previste dalla procedura informatica; dopodiché, sul portale “istanze on line” del MIUR, a partire dalle ore 00,01 del 2 settembre 2015, un algoritmo ha deciso le loro sorti. Chi di loro ha rifiutato la proposta di assunzione non potrà più ricevere ulteriori proposte di assunzione a tempo indeterminato e sarà definitivamente cancellato dalle graduatorie di merito e ad esaurimento in cui è iscritto.

Se poi gettiamo uno sguardo alla condizione in cui versano gli iscritti nelle graduatorie d’istituto, li troviamo esclusi dal piano di assunzioni, ma in possesso degli stessi titoli (solo conseguiti in tempi diversi), rispetto a chi è in graduatoria ad esaurimento. Non dovevano essere discriminati dalla riforma, invece è successo, e ora aspettano di essere chiamati per occupare i posti scoperti. Se tutto va bene si ritroveranno a lavorare, gomito a gomito, con colleghi abilitati come loro, ma freschi assunti in ruolo. Per la stabilizzazione dovranno attendere il concorso, senza sapere quante cattedre verranno bandite per le loro discipline. I docenti in terza fascia, poi, ossia quelli non abilitati, mediamente più giovani, attendono una nuova edizione del PAS o comunque uno strumento per accedere anche loro al concorso, forti del servizio maturato, e posso solo sperare che Renzi e la Giannini non si dimentichino di loro. Non ci sembra, questa, una strategia frutto di un progetto didattico e di un piano educativo, teso a valorizzare la professione docente e il merito, quello vero. Ci sembra una simpatica, inquietante scacchiera, sulla quale i docenti vengono mossi (o rimossi) senza alcun rispetto. Certo fa effetto, fa scena, riempirsi la bocca di trentamila neoassunti, ma la facile demagogia non ci incanta.

Così come non ci incanta il chiacchierato “bonus” di 500 euro che dovremmo ritrovarci in busta paga proprio alla fine del corrente mese di ottobre, paragonato – come commenta il segretario nazionale di Fgu-Gilda, Di Meglio – a una elargizione per tenerci buoni:“L’annuncio del ministro Giannini di voler erogare a ottobre il bonus di 500 euro nelle buste paga dei docenti ricorda la lex frumentaria in vigore nell’antica Roma, che stabiliva la distribuzione di frumento a basso prezzo”, e non gli si può dar torto. Molti insegnanti non ci stanno a ricevere quella che considerano una elemosina o poco più. “Se questi 500 euro verranno assegnati in busta paga – aggiunge Di Meglio – è legittimo il dubbio che saranno erosi dai meccanismi fiscali: nel caso in cui fossero soggetti a tassazione, infatti, l’Erario recupererebbe un terzo della cifra e alla fine nelle tasche degli insegnanti resterebbero circa 350 euro”. Ma non finisce qui: viene da riflettere sul fatto che, invece di elargizioni di questo tipo (per il momento ancora sottoposte al beneficio del dubbio: sarà la solita bufala?), il Governo farebbe meglio a riconoscere i diritti contrattuali dei docenti, i cui stipendi sono bloccati da sette anni. Intanto, in rete crescono proteste e polemiche e non è da escludere che il rifiuto del “bonus” possa diventare una delle nuove parole d’ordine del movimento anti-legge 107 o almeno di una parte di esso. Teniamoci aggiornati, sperando che il motto “panem et circenses” non mieta più vittime inconsapevoli.☺

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