nuovi terremoti    di Antonio Di Lalla
31 Ottobre 2012 Share

nuovi terremoti di Antonio Di Lalla

 

 

 

Il vescovo di Campobasso GianCarlo Bregantini se avesse trascorso un periodo, anche breve, in un fatiscente chalet abitato dai nostri terremotati, avrebbe rimbrottato la trasmissione Report del 14 ottobre che ha avuto il torto di documentare alcune spese scellerate del presidente della giunta regionale Michele Iorio a favore di aziende già decotte? Il suo intervento fa riproporre comunque delle domande fondamentali: l’informazione deve servire sempre e comunque la verità o questa va raccontata secondo la convenienza del momento? È cane da guardia della democrazia o cane da riporto al servizio del potente di turno? La violenza sulle donne non esisteva semplicemente perché erano costrette a tacere, gli handicappati non c’erano perché venivano tenuti nascosti in casa, la vita comune era tranquilla perché chi la turbava veniva rinchiuso in manicomio. E allora non solo non può essere taciuto niente di quello che accade, ma bisogna grattare la patina di apparenza e scegliere anche l’angolo di visuale per raccontare i fatti. Il leggendario vescovo del Chiapas, Samuel Ruiz, certamente caro e modello per il presule molisano, soleva ricordare spesso: la domanda che Dio ci farà alla fine della nostra esistenza sarà: da quale parte siamo stati? Chi abbiamo difeso?

In occasione del decimo anniversario – valore dei numeri e delle ricorrenze, come se non ci vivessimo 365 giorni all’anno – torneranno ad accendersi, forse per l’ultima volta, i riflettori sui paesi colpiti dal terremoto del 31 ottobre 2002. Naturalmente i cronisti che non vanno troppo per il sottile punteranno direttamente su San Giuliano di Puglia, il luogo dove il dramma è diventato tragedia per la morte di trenta persone, bambini la stragrande maggioranza. Qui troveranno il villaggio provvisorio ormai deserto, segno che la ricostruzione è finita, il paese irriconoscibile ma rimesso talmente a nuovo che il kitsch, per usare un eufemismo, la fa da padrone a tal punto che gli stessi indigeni si sentono forestieri nelle loro abitazioni. Barbara Spinelli, con rara efficacia, parla di urbanicidio. Documenteranno la generosità, se non oseranno raccontare, per rispetto del luogo e della fatidica data, di uno stato che ha sborsato intorno ai 250 milioni di euro per poco più di mille abitanti. Qualche scatto alle opere faraoniche e via. Degli altri 13 paesi del cosiddetto cratere solo vaghi accenni, per non rovinare la cartolina e lo struggente buonismo. Poche righe per dire che la ricostruzione è ancora in alto mare per la lentezza atavica del popolo; che in molti hanno prosperato sulla disgrazia in quanto il clientelismo è ben radicato; il territorio ha inghiottito i fondi già stanziati per la ricostruzione, per l’alluvione e per la ripresa produttiva perché da bravi meridionali succhiano alle tette dello stato senza alcun ritegno fino allo sfinimento. Se stanno ancora così è perché se lo sono voluto e ci stanno bene. “10 anni per ricostruire la speranza” è il manifesto-insulto del comune di San Giuliano per i bambini morti e per gli altri paesi in difficoltà, della serie: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto…  chi ha dato, ha dato, ha dato.

Noi non ci stiamo e speriamo di non essere i soli a rifiutare una simile lettura. Può il vescovo Bregantini essere veramente convinto che gettiamo fango sulla gestione commissariale se mettiamo in discussione il famigerato Modello Molise, inventato da Michele Iorio ed i suoi accoliti? Se molte persone non ancora rientrano nelle proprie abitazioni ci sarà pure un responsabile o è frutto della cattiva stella? L’attuale fu presidente della giunta regionale – comunque si pronunci il Consiglio di Stato – per noi è delegittimato irrimediabilmente, ormai pugile suonato e rintronato, checché ne pensi il centrosinistra che già si adopera per tenergli in caldo il trono. Con otto capi di imputazione già collezionati è stato indagato per aver allargato il cratere a tutta la provincia di Campobasso ed elargito 134 milioni di euro ai comuni e circa 9 milioni agli istituti religiosi. Con questa operazione, dice il procuratore della repubblica di Campobasso, ha danneggiato e ritardato la ricostruzione dei paesi del cratere, che vengono indicati come parte lesa. Gli amministratori a questo punto non hanno scampo: o si costituiscono parte civile dimostrando di fare gli interessi dei cittadini che li hanno eletti o faranno scadere i termini, magari per distrazione, professandosi con ciò stesso compari del già commissario, sempre pronto in caso di tentennamento di qualcuno ad elencare i benefici profusi a seguito di suppliche. Nemici del popolo che rappresentano o rinnegatori di colui per il quale alle scorse elezioni hanno fatto da portaacqua? Ciò che li attende è quasi peggio del terremoto.

L’arcivescovo mi perdonerà, se anche solo lontanamente potrà apparire insolenza, ma ho una domanda scaturitami a seguito del suo intervento, che mi ha lasciato inquieto, turbato, perplesso: se a Report si fosse parlato della voragine creata nella sanità con la possibile – catastrofica per la comunità – chiusura della Cattolica, avrebbe reagito allo stesso modo, con le stesse parole e a favore degli stessi? Solo pochi anni fa ho sognato, ne fanno fede queste pagine, un vescovo che si faceva popolo, non attraverso una televisione locale foraggiata dal potere, un Quotidiano al servizio del potere, il suo stesso periodico diretto da un dipendente del medesimo potere. Ho sognato un vescovo capace di vivere insieme agli altri, di lavorare insieme, di sentirsi insieme, di piangere insieme, di ridere insieme, di amare insieme; senza risposte prefabbricate, senza domande puramente retoriche, senza parole vuote, senza la falsa sicurezza dei bugiardi. Oggi ho timore di svegliarmi; se fosse stato solo un sogno, altro che terremoto!☺

 

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