Ombre sul mondo
15 Marzo 2021
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Ombre sul mondo

Aperta da una breve introduzione, l’enciclica Fratelli Tutti si articola in otto capitoli sulla fraternità e l’amicizia sociale. Senza la pretesa di riassumere la dottrina sull’amore fraterno, papa Francesco dichiara che intende riflettere sulla sua dimensione universale, sulla sua apertura a tutti, affinché, di fronte ai diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole (6). Nel primo capitolo, dal titolo “Le ombre di un mondo chiuso” (9-55) il papa invita a “porre attenzione ad alcune tendenze del mondo attuale che ostacolano lo sviluppo della fraternità” (n-9).

“Era sembrato che il mondo avesse imparato da tante guerre e fallimenti a dirigersi verso forme di integrazioni” quali, ad esempio, il sogno dell’Europa unita o quello dell’integrazione latinoamericana. “Ma la storia sta dando segni di ritorno all’indietro” verso conflitti che si ritenevano superati, e nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. Questo ci ricorda che ogni generazione deve fare proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete più alte. “Aprirsi al mondo”, più che descrizione di umanità rinnovata, è la modalità attuale e caratteristica degli interessi dell’economia e della finanza, che però nasconde l’imposizione di un modello culturale unico: si unifica il mondo nel mercato e nelle comunicazioni globali ma si dividono le persone e le nazioni. La società globalizzata “ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”, aveva già scritto Benedetto XVI.

Queste nuove forme di colonizzazione culturale alienano dalla propria tradizione con una perdita del senso della storia, spingendo i giovani al rifiuto della ricchezza spirituale e umana tramandata, perché tutto ricomincia da zero. Si dissolve il senso critico e si svuota o si altera il senso delle grandi parole come democrazia, libertà, giustizia, unità. Per dominare meglio si semina la mancanza di speranza e di futuro. Nello scontro di interessi vincere diviene sinonimo di distruggere: si elimina il “noi” che abita la casa comune. Le persone, non più sentite come valore da rispettare e tutelare, soprattutto se povere o disabili, non servono o non servono più, come gli anziani. Non solo il cibo o i beni sono superflui, ma spesso gli esseri umani. Parte di loro sono visti come “sacrificabili” a vantaggio di settori umani degni di vivere senza limiti. Ciò che nella pandemia é accaduto agli anziani ha reso visibile la cultura dello scarto come progetto reale in atto. Lo scarto che colpisce l’uomo ha volti multipli come razzismo, ricchezza senza equità, riduzione del costo del lavoro, diritti umani che – sebbene siano al 70° della loro proclamazione sottoscritta universalmente – non risultano uguali per tutti. Perfino le guerre, gli attentati, le persecuzioni per motivi razziali o religiosi e tanti altri soprusi contro la dignità umana sono valutati in modo diverso a seconda se convengano o meno ai detentori di determinati interessi consolidati. Situazioni di violenza che si moltiplicano alimentano la terza guerra mondiale a pezzi già da tempo denunciata. Non stupisce se avvertiamo la mancanza di orizzonti in grado di farci convergere in unità, perché in ogni guerra ciò che innanzitutto viene distrutto é lo stesso progetto di fratellanza iscritto nella vocazione della famiglia umana. Ogni situazione di minaccia alimenta sfiducia e ripiegamento. Si creano nuove barriere di autodifesa così che non esiste più il mondo, esiste solo il “mio mondo”.

La mancanza di orizzonti capaci di farci convergere in unità precipita tante persone nella insicurezza: si sentono abbandonate dal sistema mentre le mafie si propongono come “protettrici” dei dimenticati. Il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi. Siamo di fronte ad vero e proprio scisma tra il singolo e la comunità umana. Per quanto la tecnologia faccia progressi, sono la vicinanza e la cultura dell’incontro che possono ridare speranza e generare rinnovamento. La tragedia della pandemia ha suscitato in qualche modo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca; la tempesta ha smascherato la nostra vulnerabilità e smantellato le nostre false sicurezze: é caduto il trucco con cui mascheravamo il nostro “ego” ed é rimasta “scoperta quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.

Mentre si riconoscono progressi storici, soprattutto nei paesi sviluppati, si verifica un deterioramento dell’etica e un indebolimento dei valori spirituali. Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe ricadere ancora in uno sfrenato consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica. “Voglia il cielo – augura il papa – che alla fine non ci siano più gli altri ma solo un noi… e l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato”.

Costretti ad un uso maggiore e continuo del digitale, non bisogna dimenticare che non costituiscono un vero “noi” ma facilmente possono dissimulare e amplificare lo stesso individualismo che si esprime in xenofobia e nel disprezzo dei deboli, aprendo a forme insolite di aggressività, insulti, maltrattamenti, offese fino a demolire la figura dell’altro; esso ha permesso che negli avvenimenti decisivi della nostra storia condivisa le ideologie abbandonassero ogni pudore. Dei fanatismi che inducono a distruggere l’altro, sono protagonisti anche persone religiose, non esclusi i cristiani.

“Malgrado queste dense ombre – dice papa Francesco – desidero dare voce ai percorsi di speranza: … nella recente pandemia … siamo stati capaci di riconoscere che le nostre vite sono intrecciate e sostenute da persone ordinarie che, senza dubbio, hanno scritto gli avvenimenti decisivi della nostra storia condivisa: medici, infermieri e infermiere, farmacisti, addetti ai supermercati, personale delle pulizie, badanti, trasportatori, … hanno capito che nessuno si salva da solo. … La speranza è audace … camminiamo nella speranza” (55).☺

 

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