onestà
9 Giugno 2010 Share

onestà

 

 

È possibile immaginare un paese diverso e lavorare per costruirlo? Dalla risposta positiva a questo interrogativo nasce la nostra, seppur flebile, voce che di mese in mese invita a riflettere su una politica diversa, sulla difesa dell’ambiente con la conoscenza e la valorizzazione della flora e della fauna, su una cultura che diventa impegno e un’etica che conduce alla responsabilità.

Per entrare meglio nel mercato che privilegia l’immagine prima che il contenuto abbiamo fatto questo ulteriore sforzo editoriale della nuova veste a colori, molto apprezzato stando ai commenti, ma al disopra delle nostre possibilità economiche, perché, è bene ribadirlo, non riceviamo nessun finanziamento pubblico. Alle nostre spalle non ci sono né imprenditori né politici che aprono la borsa o incanalano rivoli, anche perché, e chi ci ha seguito finora lo sa bene, non siamo disposti a vendere idee e fatica nostre e dei collaboratori. Se altri si aggiungono con i loro preziosi contributi forse è proprio perché sanno della totale gratuità. Chiaramente il nostro angolo di visuale che con l’occhio del povero, in tutta l’accezione del termine, vuole leggere il dipanarsi della storia e perciò ci porta a prendere posizioni chiare e forti tanto da farci apparire finanche rissosi, non muterà assolutamente. Non ci sono “favori” che ci ammorbidiscono né minacce che ci intimoriscono.

È tutt’altro che semplice, oggi come ieri, parlare di onestà, eppure è necessario, mai come in questo frangente, e perciò non ci sottraiamo. Della difficoltà una riprova è ben visibile nella chiesa parrocchiale di Ripabottoni, gravemente danneggiata dal sisma. Finalmente in questi giorni, a ormai otto anni dal terremoto, vede i cantieri aperti. Di stile barocco è impreziosita da tele e affreschi di Paolo Gamba, pittore settecentesco che nel paese vide la luce e concluse i suoi giorni. Gli fu commissionato di rappresentare le virtù che da par suo realizzò, ad eccezione di una lunetta a cui non pose mano e rimase vuota non per mancanza di tempo, ma per assenza di modelli credibili: l’innocenza, che dell’onestà sicuramente va a braccetto.

Senza voler coinvolgere te, lettore, in una pubblica confessione, onestamente devo riconoscere che nel mio cammino improntato all’onestà qualche deroga o licenza me la sono presa: dall’evitare una fila col pretesto della fretta al cercare agevolazioni grazie a conoscenze, nel non richiedere lo scontrino fiscale o l’evitare qualche fattura sapendo che l’i.v.a. da me pagata sarebbe stata dilapidata da altri senza scrupoli, ecc. Furbate che non hanno giustificazione ma che si confanno un po’ alla nostra indole partenopea, per cui le scorciatoie o il non pagare tutto fino in fondo è titolo di merito più che volontà di nuocere alla collettività.

Se qualcuno ritiene che da qui alla disonestà che imperversa il passo è breve, e determinato solo dalle opportunità che si presentano, siamo infinitamente lontani dalla verità. Non è proprio vero che una mano lava l’altra e tutte e due fregano l’asciugamano! Mi spiace, ma non ci sto. I furbi di tutte le cricche sottraggono allo stato ogni anno 220 miliardi. La corruzione ne ruba 60, l’evasione 160. Se il governo ha depenalizzato il falso in bilancio non lo ha fatto certo per dare un segno di moralizzazione; se Scaiola compra una casa non sottocosto ma con il “contributo” di un imprenditore non può voler dire che quest’ultimo stia facendo beneficenza, ma che sta operando un investimento da cui ha avuto o si attende di poter ricavare almeno il quintuplo; se a Ciarrapico bloccano venti milioni di euro vuol dire che i suoi giornali non possono ergersi, come invece dovrebbe essere, a cani da guardia della democrazia; se i parlamentari a pochi giorni dall’aumento dei loro stipendi, di fronte alla crisi imperante, pensano di tacitare la loro coscienza rinunciando al 5%, stanno insultando lavoratori e disoccupati; se il presidente della giunta regionale, dopo aver creato la voragine nella sanità, vuole chiamare a raccolta contro il governo nazionale che non gli concede i fondi Fas, fa semplicemente la figura del pifferaio che ha dimenticato lo strumento a casa; se il sindaco di Casacalenda straccia la delibera in cui si assegna alla cooperativa Nardacchione la gestione della erigenda casa di riposo tenta semplicemente di fare clientelismo. Per non parlare della finanza creativa e dei perversi giochi di borsa, della violenza gratuita di diversi tutori dell’ordine, dei petrolieri che stanno rendendo la terra una pattumiera.

Siamo noi, piccoli disonesti, a indignarci e non per l’invidia di veder amplificate, magari impunemente, le nostre magagne, ma perché non ci stiamo al gioco, non accettiamo la logica del tutti colpevoli, nessun colpevole. Riusciamo ancora a vedere l’abisso tra i nostri e i loro reati, li percepiamo come coloro che succhiano il nostro sangue, finché non ci vedono cadaveri. Non ci sentiamo in nessun modo parte delle cricche che hanno creato un sistema di guadagno facile di tangenti e appalti per ingrassare il loro conto in banca.

Oggi Berlusconi si atteggia a moralizzatore. Perché allora non va a farsi processare anziché elaborare l’ennesima legge per farla franca? Ci dice che chi ha rubato deve andarsene a casa. Benissimo! È un novello Muzio Scevola che si brucia il braccio che ha sbagliato o sta evitando che il cavallo di Troia dei giudici entri nella fortezza, visto che sulla casa ha carpito la buona fede di troppi ingenui?

L’onestà è solo un presupposto per chi vuole fare politica, ma indispensabile. E allora indignati gridiamo a squarciagola: “I disonesti vadano a casa e si facciano processare. Non c’è bavaglio che tenga, nemmeno quello che stanno mettendo alla libertà di stampa”.☺    

eoc

eoc