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4 Dicembre 2020
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In un Molise ormai assediato dai contagi, dove pesa sempre di più l’impossibilità del contatto fisico per comunicare, discutere, dar vita ad azioni sul territorio, diventa sempre più importante mettere al centro dell’attivismo civico azioni mirate di respiro globale. E farlo con la consapevolezza di tutte le difficoltà generate da modalità incorporee di organizzazione e dalle narrazioni distorte che media e social riversano su di noi.

La ricostruzione di una struttura sanitaria nazionale pubblica, accessibile a tutti, sottratta al profitto dei privati e rimodulata in modo da garantire efficienza nelle emergenze pandemiche, ma anche e soprattutto diritto a cure efficaci nella normalità e sui territori, è sicuramente l’obiettivo cardine intorno al quale vanno costruiti saperi, proposte e impegno collettivo.

Lo stiamo drammaticamente vedendo in Molise, dove i nodi denunciati senza sosta da anni (carenza di personale, sistematico svuotamento delle strutture, predominio del privato) sono stati portati con violenza in primo piano dal virus. Confermando purtroppo una sostanziale mancanza di reazione da parte di cittadini, operatori e amministratori, e una narrazione a dir poco parziale da parte dei mezzi di informazione: basti pensare alla recente trasmissione di Rai Tre nazionale, dove al presidente della regione è stato consentito di esporre la sua personalissima visione della situazione sanitaria locale senza alcun contraddittorio. Ma anche l’impegno più efficace su questo tema rischia di restare limitato se non riusciamo ad inserire le nostre rivendicazioni in un quadro globale, comprendendo che per risolvere il problema occorre partire da un attacco a 360 gradi al capitalismo predatorio che ha reso possibile ridurre a merce il diritto alla vita.

Ricordate la frase apparsa sui muri di un grattacielo nei giorni più bui di quest’anno? Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema. Bene, sembra che abbiamo già dimenticato quanto fosse profondamente vera. Ma è da lì che dobbiamo ripartire: perché il Covid ha rafforzato le disuguaglianze già mostruose, e non ha portato ad azioni comuni per riequilibrare la giustizia sociale.

Ed ecco allora che dobbiamo essere noi capaci di riassemblare (sui territori e sul pianeta) le  tessere di questo puzzle impazzito, e riconnettere economia, modi di produzione, cura della madre terra, diritto al lavoro, reddito universale, accoglienza e inclusione. Questa società inegualitaria e ingiusta, che attribuisce agli immigrati la causa della mancanza di lavoro, che vuol vendere i beni comuni e cancellare i diritti inalienabili, che rivendica il diritto di distruggere il pianeta, che investe in armi invece che in ospedali, che propone la “tassa piatta” come ricetta vincente e usa il debito come laccio per strangolare la democrazia, non è più sostenibile.

Comprendere che tutte le tessere sono necessarie e interdipendenti per costruire un disegno diverso è il primo passo; rovesciare la narrazione vincente l’ obiettivo primario. Una finanza al servizio dei diritti e non del profitto di rapina; lavoro tutelato e partecipazione dei lavoratori alla decisioni; la terra come patrimonio da difendere e non come bacino di sfruttamento; la salute come diritto collettivo e gratuito, non più come fonte di guadagno; i territori come trasmissione di saperi e sostenibilità, non come miniera elettorale e clientelare, o peggio come obiettivo di grandi opere inutili: questi i mattoni per costruire le fondamenta di un mondo altro, per non tornare alla normalità che era il problema.

In questo senso la lotta per la sanità pubblica in Molise e in Italia è, ora che la pandemia ci assedia, il nodo centrale intorno a cui coagulare forze e rivendicazioni; partendo però dall’assunzione di responsabilità verso il capovolgimento di tutto il sistema economico, sociale, politico nel quale siamo immersi. Dalla richiesta di una sanità pubblica, organizzata sul territorio e in grado di curare tutti, parte infatti il grimaldello che può unirci per scardinare la porta ermeticamente chiusa che sta lasciando fuori i poveri, i diversi, gli immigrati, i giovani, gli anziani (improduttivi!): in una parola, l’umanità.

A livello nazionale, questo sforzo lo sta facendo Attac, con il lancio del Manifesto della Società della Cura che comincia a proporre nuovi orizzonti nell’iniziativa nazionale del 21 novembre. Abbiamo aderito convintamente al manifesto programmatico; adesso è il momento di porre fine a quella frammentazione di rivendicazioni che ha finora reso deboli  le rivendicazioni dei comitati,  di sederci intorno ad un tavolo e studiare strategie comuni.

Only connect”, scriveva intorno al 1920 il grande scrittore inglese E. M. Forster. Solo connettere, collegare, mettere insieme. Prosa e passione, idee, sentimenti, progetti; per ricomporre il puzzle andato in frantumi sotto l’assalto del virus, e dalle sue macerie far nascere un disegno più giusto.☺

 

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