Osare la politica
4 Maggio 2017
La Fonte (351 articles)
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Osare la politica

“Come! Hai paura di sporcarti le mani? Ebbene, resta puro! A che cosa servirà e perché vieni tra noi? La purezza è un’idea da fachiri, da monaci. Voialtri, intellettuali, anarchici, borghesi, vi trovate la scusa per non fare nulla. Non fare nulla, restare immobili, stringere i gomiti al corpo, portare i guanti. Io, le mani, le ho sporche. Le ho affondate nella merda e nel sangue fino ai gomiti” (Jean-Paul Sartre).

La maiuscola nella parola Politica non è casuale: è quella che papa Francesco ci ha chiesto nel suo rivoluzionario discorso al terzo Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari a Roma, al quale ho avuto la fortuna di partecipare con molti compagni di strada abruzzesi e molisani.

Oltre la sensazione dirompente di trovarsi di fronte all’unico uomo in grado di usare il suo carisma e il suo ruolo per il bene del pianeta, già le tre T al centro dei cinquanta minuti del suo discorso (Tierra, Techo, Trabajo:Terra, Casa, Lavoro) sono risuonate sin dall’inizio come un grido nel quale riconoscerci tutti, noi che ci sforziamo di costruire un altro mondo possibile.

E questa sete di giustizia, espressa con parole dure da un uomo stanco e triste che continua a camminare il mondo con le sue scarpe vecchie e un cuore di profeta, è stata capace di farsi univoca per le coloratissime delegazioni dei popoli indigeni, e per le 3500 persone così diverse che affollavano la Sala Nervi: le storie molteplici di ogni gruppo, che ci eravamo raccontati anche noi a turno durante il viaggio, per scoprire la comunità al di là delle differenze, si sono spontaneamente intrecciate in una trama che tocca a noi, ora, far diventare tessuto indistruttibile di un futuro migliore.

Il viso del papa era a tratti corrucciato, sdegnato da quella “bancarotta dell’ umanità” che trova il denaro per salvare le banche ma non i bambini di Lesbo, e che fulmineamente è sembrata farsi più reale con l’elezione di Trump; ma la sua voce ha indicato con forza la strada ai movimenti popolari, nei quali ci identifichiamo anche noi occidentali, i fortunati che non devono frugare tra i rifiuti come i cartoneros argentini o rischiare la vita per difendere la terra come i campesinos del Guatemala; e che però sentiamo nel profondo di noi stessi l’ingiustizia immane di questa società neoliberista, e non riusciamo ad addormentarci tranquilli nelle nostre tiepide case.

Ciò che, come sempre del resto, colpisce nell’analisi di Francesco è la lucidità politica del ragionamento, che identifica i punti critici, mette a nudo le cause economiche e sociali e propone soluzioni semplici ma inesorabili. “…quella struttura ingiusta che collega tutte le esclusioni che voi soffrite può consolidarsi e trasformarsi in una frusta… che rende schiavi, ruba la libertà… per abbattere tutti come bestiame fin dove vuole il Denaro divinizzato”: il denaro come motore di tutte le tragedie cui assistiamo quotidianamente, il debito fasullo che strangola l’umanità, la tirannia che si alimenta delle nostre paure, i muri che rinchiudono alcuni ed esiliano noi dalla nostra residua umanità.

Dopo l’analisi e l’ identificazione delle cause, la risposta alla dittatura del denaro, della disuguaglianza, dei diritti rubati è arrivata puntuale e ha ridato speranza a noi attivisti, smarriti davanti ad un orizzonte nel quale le luci sembrano spegnersi ad una ad una: dare l’esempio e reclamare, cioè ricostruire il rapporto tra popoli e democrazia attraverso il coraggio di entrare nelle grandi discussioni, nella Politica con la maiuscola.

Osare la maniera più rischiosa e complessa di partecipare alla vita pubblica, quella dell’impegno politico, per togliere finalmente le leve della decisione dalle mani sporche che fin qui le hanno manovrate incontrastati. E il papa ha detto chiaramente che occorre uscire dalla piccola casella delle “politiche sociali”, quelle che non danno fastidio e ci etichettano come bravi cittadini impegnati a fare testimonianza e talora a parlarci addosso: bisogna entrare con autorevolezza nella politica economica e amministrativa, quella che decide; per superare l’atrofia della democrazia nella quale ci stanno rinchiudendo. E noi a Termoli lo sappiamo bene, con il nostro referendum cittadino negato e la città regalata ai privati.

Contrastare la paura con una vita di servizio: e affrontare anche il rischio di lasciarsi corrompere, insito in ogni forma di vita associata. Quante volte abbiamo pensato che la politica sia una cosa sporca, che inevitabilmente cambia anche le persone migliori? Probabilmente per molti è così: ma il populismo dilagante, il mantra del “sono tutti uguali, rubano tutti, tanto non cambia niente” ha fin qui generato solo razzismi ottusi e bestiali, visioni rozze del mondo come quelle che stanno divorando l’Europa e gli USA.

E non c’è alibi per il nostro rinchiuderci nelle caselle piccole: dobbiamo mettere in discussione il neoliberismo trionfante, le grandi banche, i trattati transatlantici; e dobbiamo farlo dal basso, cominciando a far traballare le basi dei governi comunali e regionali, che privilegiano pochi e ci tolgono welfare e diritti; dobbiamo concentrare le energie per far sì che ad amministrare non vada più chi vuole la ricchezza di pochi, ma solo chi cerca il bene comune. E poco a poco spezzeremo le catene della paura e dell’ impotenza.

Grazie, Francesco.☺

 

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