Paesaggisti
9 Marzo 2024
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Paesaggisti

L’Ottocento fu un’epoca di profonde trasformazioni: successivamente ai fenomeni dell’Illuminismo, si ebbero le grandi rivoluzioni e, in storia dell’arte, il Neoclassicismo e il Romanticismo. Abbandonate le ridondanti forme tardobarocche e rococò, se da un lato ci si rivolse all’essenzialità e al ritorno all’antico, dall’altro si affermò una nuova soggettività e attenzione ai sentimenti. È nella pittura di paesaggio che si collocò la cosiddetta Scuola di Posillipo, uno dei più celebri filoni vedutistici del meridione italiano, nata intorno al 1820.
Tale denominazione la dobbiamo allo storico Pasquale Villari, il quale nel 1869 scrisse: “La bellezza del clima, i paesaggi stupendi che circondano Napoli, e i molti forestieri che ne chiedono sempre qualche ricordo disegnato e dipinto, avevano fatto sorgere un certo numero di artisti i quali, come per disprezzo, erano dagli accademici chiamati della Scuola di Posillipo, dal luogo dove abitavano […]”. Si tratta di un gruppo di paesaggisti attivi a Napoli dagli anni Venti del 1800, i cui capostipiti possono essere individuati nell’olandese Anton Sminck van Pitloo (1791-1837) e nel partenopeo Giacinto Gigante (1806-1876).
Pittori dall’animo “lirico”
Finalmente la pittura di paesaggio, da sempre considerata un genere minore, godeva di maggiore dignità e autonomia, libera dai vincoli accademici dell’epoca e in grado di carpire gli insegnamenti dell’arte europea per poi trarre conclusioni assolutamente originali. Proprio grazie alle influenze di artisti stranieri che avevano soggiornato a Napoli, come William Turner, Camille Corot, Joseph Rebell, gli autori di Posillipo seppero coniugare il paesaggio lirico con quello dal vero, in linea con la poetica verista che a breve avrebbe travolto l’Italia.
Fu proprio nell’atelier di Pitloo, giunto a Napoli nel 1815, che il gruppo cominciò a riunirsi e scambiarsi nuove idee. Il pittore olandese introdusse un’interessante fusione tra ciò che il paesaggio era oggettivamente e ciò che, emotivamente, gli trasmetteva. Alternando visioni ‘a volo d’uccello’ a inquadrature più ravvicinate, i suoi dipinti mostrano una nuova verità e pure un’eco di pittoresco.
Altro massimo rappresentante della Scuola fu Giacinto Gigante, pittore degli scorci urbani, della costiera amalfitana, delle assolate campagne flegree e delle isole. Si formò come topografo, apprendendo l’uso della camera ottica – la nostra macchina fotografica – che gli permise di realizzare perfette prospettive e proporzioni proiettando linee guida direttamente sul supporto. Ecco perché le sue opere hanno un taglio quasi fotografico (disegno di Napoli dalla Conocchia, 1838) e allo stesso tempo un sentimento lirico dato dalle atmosfere luminose e i toni poetici dell’acquerello.
Pittura Plein Air
Fondamentale, per Gigante, fu l’osservazione en plein air, cosa che lo avvicinava agli impressionisti, ma senza mai tralasciare il riferimento al vero: a differenza degli allievi dell’Accademia, svolse i suoi studi dal vero. Il contatto diretto con la natura conferì alle sue opere una realtà della luce e un senso cromatico originali. In questa pratica il Gigante non era solo: intorno al tema del paesaggio si era infatti andato riunendo un gruppo di pittori, appunto la cosiddetta Scuola di Posillipo – denominazione che aveva inizialmente una valenza dispregiativa poiché fu coniato dagli accademici. Gli artisti della Scuola di Posillipo, partendo dall’insegnamento di Pitloo, rinnovarono in direzione romantica il genere del paesaggio, che arricchirono di suggestioni personali derivanti dall’osservazione diretta dei luoghi di Capri o a Caserta.
L’Italia era in balìa delle rivoluzioni liberali e le lotte per l’unificazione nazionale che portarono l’arte verso una maggiore adesione alla realtà: nasceva il Realismo. Tramutatosi in Verismo nello Stivale, si differenziava soprattutto per l’assenza di una denuncia sociale. A interessare gli artisti era la mera realtà, la sua essenza, e perciò l’attenzione al paesaggio si estendeva finanche al quotidiano. Inoltre, proliferavano le libere scuole, insofferenti all’Accademia e desiderose di ricercare nuovi e autonomi linguaggi.☺

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