Per uno sviluppo sostenibile
7 Gennaio 2020
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Per uno sviluppo sostenibile

A partire dall’età moderna il processo ogni volta molto profondo di omogeneizzazione dei sistemi socioeconomici e politici è stato sorretto dalla graduale costruzione della globalizzazione culturale. Nell’età contemporanea le nuove tecnologie hanno esteso la globalizzazione su ampia scala attraverso i mezzi di comunicazione di massa, l’accesso ad Internet, ecc. Nel frattempo le industrie culturali si identificano con la massificazione del consumo e ciò si esprime in un mercato globalizzato.

In contrapposizione, in forme più umili, si è espressa la cultura dei gruppi umani su base locale: le tradizioni, gli usi e costumi, le feste, le cerimonie e i riti, l’uso della lingua o la gastronomia, si sono trasformati in depositari del passato e, pertanto, della identità e della memoria. Tuttavia, nel suo vertiginoso progresso la cultura globalizzata del mercato e del consumo di massa scioglie e condanna alla sparizione queste espressioni dello spirito più genuino e autentico dei popoli, costruito sulla fragilità del cosiddetto patrimonio vivente, immateriale o intangibile.

Si tratta quindi di comprendere il XXI secolo come una grande battaglia tra cultura globale e tradizione? Non necessariamente.

Nei primi anni del nuovo millennio, il concetto di economia creativa, industria creativa o economia arancione ha iniziato ad avere un grande impatto sulle proposte locali e regionali in varie parti del mondo. In base a questo concetto comprendiamo il settore dell’economia che coinvolge la generazione di idee e conoscenze; esso copre essenzialmente l’industria culturale (arte, intrattenimento, design, architettura, pubblicità, gastronomia) e l’economia della conoscenza (istruzione, ricerca e sviluppo, alta tecnologia, tecnologia dell’informazione, telecomunicazioni, tra gli altri).

Secondo un rapporto di Irina Bokova, direttrice generale dell’UNESCO nel 2013, “In tutto il mondo l’economia creativa è un motore economico che genera occupazione e reddito. È anche un motore sociale, che promuove identità, dignità e inclusione”.

Per questa organizzazione, l’economia creativa si sviluppa in diversi campi: quello del patrimonio naturale e culturale che si esprime nei prodotti e servizi derivati di musei, paesaggi culturali, siti archeologici e storici e gastronomia; quello delle presentazioni e celebrazioni artistiche (arti dello spettacolo, musica, festival, feste e fiere). E ancora arti visive e artigianato (pittura, scultura, artigianato e fotografia); libri e stampa (libri, giornali, altri materiali stampati, fiere e biblioteche); mezzi audiovisivi e creativi (film e video, radio e televisione, videogiochi e animazione, ecc.); e servizi di design e creativi (moda, grafica, interior design, architettura del paesaggio, architettura e servizi pubblicitari).

A partire da questi presupposti che combinano i più recenti progressi tecnologici con il patrimonio culturale, diverse città del mondo favoriscono lo sviluppo delle economie creative. A causa della sua importanza e crescita, l’UNESCO ha creato nel 2004 la Creative Cities Network che mira a promuovere la cooperazione tra città che identificano la creatività come fattore strategico nello sviluppo urbano sostenibile. La rete copre sette settori creativi: artigianato e arti popolari, arti digitali, cinema, design, gastronomia, letteratura e musica.

L’attuale direttrice generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, si è così espressa al riguardo: “In tutto il mondo queste città, ognuna a modo suo, stanno facendo della cultura non un accessorio, ma un pilastro della loro strategia. È una prova di innovazione politica e sociale e un segnale potente per le giovani generazioni”. La cultura non è, quindi, un altro aggregato, né un’appendice o un complemento all’economia: è un asse per proiettare il futuro.

Non invano, nell’ottobre di quest’anno 2019, l’UNESCO ha riconosciuto 66 nuove città creative nella rete, rappresentative dei cinque continenti. Tra questi ci sono le città italiane di Bergamo, per la gastronomia, e Biella, per l’artigianato e le arti popolari.

La crescita di questa rete dimostra che la cultura è un potente generatore di sviluppo locale sostenibile. Ribadisce inoltre che è possibile trasformare il consumatore passivo del mercato globale in un creatore attivo dell’economia di idee e conoscenze, basata sulla salvaguardia della tradizione e della memoria [Cfr. Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Istruzione, la Scienza e la Cultura (2013) Rapporto sull’economia creativa, edizione speciale].  ☺

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