Perché scendere in piazza
9 Giugno 2017
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Perché scendere in piazza

Ci sono NO che aiutano a crescere: è una verità elementare che tutti coloro che hanno responsabilità educative, in famiglia e fuori, conoscono benissimo.

E il NO che i cittadini di Termoli grideranno nelle strade e nelle piazze cittadine sabato 27 maggio 2017 è proprio uno di quelli; e chi deciderà di aderire alla manifestazione indetta dal Coordinamento Cittadino No Tunnel tornerà certamente a casa, comunque vada l’iniziativa, più consapevole dei propri diritti. Cresciuto, in altre parole.

Prima di tutto perché il fatto stesso di ritrovarsi per strada insieme ad altri non è più cosa consueta, come lo era per la mia generazione, e può essere un salutare scossone contro la rassicurante abitudine al silenzio. E rivendicare i luoghi con sguardo diverso, condividere uno scopo, sentirsi protagonisti di una richiesta collettiva può essere motore potente di una presa di coscienza civica.

E poi perché il NO al tunnel è in realtà un gigantesco SÌ a tutto ciò che a Termoli manca da molto, troppo tempo.

È in senso stretto un sì al referendum consultivo che la protervia e la mancanza di considerazione verso la popolazione hanno reso finora impossibile; ma è soprattutto un sì alla democrazia, alla voglia di riappropriarsi del territorio e del suo futuro, alla consapevolezza che non si può rimandare oltre l’entrata nella maggiore età.

E con questa espressione non mi riferisco ovviamente ai giovani che non hanno ancora compiuto i diciotto anni: mi riferisco a quella (grande) percentuale di cittadini che non hanno fin qui saputo o voluto esercitare appieno i propri diritti civili, che sono rimasti minorenni della democrazia. A chi non si è accorto che altri hanno sempre deciso per lui, a chi ha preferito non dare fastidio al manovratore sperando in qualche vantaggio futuro, a chi ha vissuto stretto nella paura di avere comunque bisogno di un protettore, a chi ha scrollato le spalle con indifferenza di fronte al sacco della città, nella convinzione banale che “tanto sono tutti uguali…”, a chi ha visto e condannato in privato i comportamenti scorretti ma non ha alzato la voce per fermarli, a chi ci ha provato ma è tornato indietro troppo presto.

Sì, è ora di crescere: parecchi anni fa, durante un incontro al Cinema Sant’ Antonio con la sorella di Paolo Borsellino, venuta a parlare di mafia, mi alzai per dire che ci vuole un grande coraggio per affrontare consapevolmente la morte di tritolo o di lupara, ma altrettanto, sia pure di un tipo diverso, ce ne vuole nel nostro Molise per ribellarsi al clientelismo, alla compravendita di voti, al favore chiesto al politico di turno perché ti sistemi il figlio. Perché è tanto più facile accettare, adattarsi, ascoltare chi ti ripete che a protestare non ci si guadagna nulla.

Ecco, è di quel coraggio adulto che abbiamo bisogno oggi per fermare il tunnel di Termoli, ormai assurto a sinistro, stupido simbolo di un certo modo di amministrare. È ovvio, non parliamo di mafia; parliamo però della strisciante imposizione del silenzio, della rinuncia ad esercitare il diritto di decisione, della prepotenza di chi rende vani gli strumenti della democrazia diretta, referendum e petizione popolare.

Non è una questione da poco, anche se può sembrarlo: perché una volta che sia passato il messaggio (già del resto scandito dal sindaco) che sì, i termolesi fanno un po’ di rumore ma poi accettano tutto, sarà quasi automatico saltare regolarmente il passaggio della consultazione, della programmazione condivisa, perfino della comunicazione delle scelte.

E dove andrà a nascondersi la democrazia? Chi avrà cura dei beni comuni, territorio in primis, se i cittadini accetteranno questa spoliazione di diritti? Una volta che si è accettato di tacere, ritrovare la voce diventa impresa difficile, specie in questo tempo che sembra camminare all’ indietro, riavvolgere la pellicola delle conquiste sindacali e civili e riportarci ad epoche ben peggiori.

Per questo sabato 27 bisogna scendere in piazza, e pacificamente manifestare la volontà di essere cittadini a pieno titolo, non comparse buone a mettere una scheda nell’urna ogni cinque anni. Bisogna gridare NO al tunnel e all’edilizia contrattata, che mette il territorio in mano agli speculatori, e SÌ alla democrazia partecipata: che in questo contesto significa costruzione di una città capace di dibattito e di confronto, di difendere i suoi istituti democratici e di applicarli; una città aperta e inclusiva, che sia di tutti coloro che la abitano, di quelli che ci nascono e di quelli che ci arrivano; una città che tutela i suoi beni comuni, ma è pronta in ogni momento a condividerli con altri e ad accogliere, al di là di ogni muro e di ogni razzismo.

Non so, mentre scrivo, quanti saremo sabato; ma comunque vada, la decisione di mettersi in gioco lascia sempre qualcosa di cambiato in meglio, in chi la prende. E rende più facile, poi, continuare a prendersi cura (l’i care di Don Milani!) di ciò che è patrimonio di tutti: la bellezza dei luoghi, il loro appartenere a tutti e non avere prezzo, la storia che raccontano, il desiderio di conservarli e migliorarli… fino alla prossima settima generazione, come nella loro saggezza dicevano i nativi nordamericani.

E l’allergia a chi vuole farne merce per privati.☺

 

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