precari:scandalo al sole
14 Aprile 2010 Share

precari:scandalo al sole

 

Hanno atteso che si approssimasse il periodo delle vacanze estive per distruggere in un solo colpo la normativa sui contratti a termine e i suoi principi ispiratori.

Alludiamo chiaramente alla norma sui contratti dei precari inserita surrettiziamente nella legge di conversione del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria approvata dalla Camera dei Deputati a fine luglio 2008 e modificata al Senato il primo d’agosto in seguito alla sommossa politica e sindacale scaturita dalla gravità dell’affronto portato al diritto del lavoro.

La norma incriminata sancisce nel testo approvato alla Camera che in caso di contratto a termine irregolare non sarà più possibile per il lavoratore agire in giudizio per la conversione a tempo indeterminato del rapporto e conseguente reintegrazione nel posto di lavoro, potendo il medesimo ottenere unicamente la corresponsione di una indennità unica sanzione per l’azienda variabile tra le 2,5 e le 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Dato il carattere deflagrante della disposizione in esame e a fronte della dura reazione che ne è seguita, il Senato ha approvato un emendamento secondo il quale la norma in parola troverà applicazione solo in relazione al contenzioso in corso, ossia facendo salve le controversie definite con sentenze passate in giudicato.

Questo lo stato dell’iter parlamentare. Questo il degrado che come tecnici della materia non possiamo non denunciare, posta l’incostituzionalità della norma, che viola, tra gli altri, l’art. 3 della Costituzione (principio di uguaglianza), oltre ad essere in contrasto con il principio per il quale il contratto di lavoro è di regola a tempo indeterminato, principio di derivazione comunitaria recepito espressamente nel nostro ordinamento in quanto positivizzato nella precedente legge Finanziaria. Non solo. È chiaro anche l’intento di questo governo di sanare con metodo autoritario, senza ascoltare le istanze dei migliaia di lavoratori coinvolti e travolti, l’annosa vicenda dei dipendenti delle Poste, che hanno vinto la causa contro l’azienda proprio sulla base degli errori commessi dalla stessa nella formazione dei contratti a termine, alias a tempo determinato, con conseguente riammissione in servizio e pagamento delle differenze retributive maturate, per un valore di svariati milioni di euro. Tali cause sono tuttora in fase di appello, quindi non ancora definite con sentenza passata in giudicato e, pertanto, rientrerebbero nell’alveo operativo della norma.

Tuttavia, chi scrive reputa che sia stato fatto un passo falso nel percorso intrapreso, quale la stipula di un accordo a livello nazionale tra i sindacati in data 10 luglio 2008 sulla stabilizzazione di coloro che hanno vinto la causa dopo il 13 gennaio 2006, secondo il quale il lavoratore rinuncia agli arretrati retributivi ma mantiene il posto di lavoro con rinuncia delle Poste all’appello, accordo al quale abbiamo fatto aderire immediatamente i lavoratori interessati e da noi assistiti. Con riserva di studiare approfonditamente la questione in vista degli eventuali processi che seguiranno, nutriamo fiducia sul giudizio che la magistratura esprimerà sull’efficacia di tali atti, ma non possiamo esimerci dal rilevare che, ancora una volta, il Governo in carica ha inteso soddisfare gli interessi di una lobby e non quelli del suo popolo, nuovamente deriso nei contenuti dei provvedimenti e nei metodi utilizzati per la loro approvazione. ☺

marx73@virgilio.it

 

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