Questioni mai chiarite in salute mentale
15 Novembre 2017
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Questioni mai chiarite in salute mentale

Perché le strutture riabilitative psico-sociali molisane presentano la media di permanenza di pazienti più elevata a livello nazionale? Nel volume di recente pubblicazione, a cura di F. Starace et al., La salute mentale in Italia. Analisi delle strutture e delle attività dei Dipartimenti di Salute Mentale, 2017, reperibile sul sito internet www.siep.it, si evidenzia come uno dei punti deboli delle strutture residenziali riabilitative regionali sia proprio la “durata del trattamento”, superiore alla media nazionale del 130%!. Esiste quindi una risposta? Le pagine di questo mensile potrebbero essere il luogo dove discutere e – magari, perché no – ricevere una risposta.

In sintesi: perché si dimette così poco? O ancora: perché si tende a mantenere tanto a lungo i pazienti presso le strutture residenziali?

Chi scrive sente l’obbligo di ribadire quanto già presentato in passato in questa stessa sede, non rinunciando alla responsabilità personale di chi gestisce le strutture riabilitative della cooperativa Nardacchione da un anno e mezzo.

L’attuale CRP (la comunità Il Casone di Casacalenda) lavora con pazienti gravi, con attenzione per i progetti terapeutici individuali e programmando valutazioni e dimissioni a termine; ciò è dimostrato dai dati che vedono negli ultimi sei anni un numero di dimissioni da progetto pari al 65% del totale, con una durata media della permanenza degli ospiti in struttura di 16 mesi (ricordiamo che nelle linee guida nazionali si parla di percorsi non superiori ai due anni, con proroghe minime e comunque sempre motivate da aspetti terapeutici validi). Ciò attesta la qualità dei percorsi riabilitativi, che muovono in direzione di dimissioni calibrate intorno al principio della continuità terapeutica (day hospital, centro diurno, Struttura a Media Intensità, centro socio lavorativo) e, comunque, sempre tese verso un reale reinserimento dei pazienti nel proprio contesto di vita in tempi relativamente brevi.

Ovviamente, non è il solo dato quantitativo a guidare la nostra riflessione, ma è certamente interessante notare che i percorsi successivi al ricovero presso le nostre strutture vedono una tenuta dei pazienti e dei contesti di riferimento: se il rispetto dei tempi di ricovero non rappresenta l’unico criterio da considerare in termini di qualità, è necessario intravederne comunque l’importanza nella definizione dei progetti terapeutici individuali che mirino a non cronicizzare i soggetti e ad offrire loro strumenti atti a migliorare la loro qualità della vita e il reinserimento sociale.

Invito i nostri colleghi cooperatori molisani e i responsabili del settore a produrre evidenze, al fine di contribuire al dibattito spesso solo teorico che riguarda gli esiti dei trattamenti e la relativa allocazione delle risorse pubbliche.☺

 

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