rendere giustizia
6 Marzo 2010 Share

rendere giustizia

 

“O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio del re la tua giustizia”. Così inizia il salmo 72, che descrive in modo poetico il regno di Salomone, il re saggio per eccellenza. A tal proposito penso sia noto l’episodio che la bibbia narra riguardo all’inizio del suo regno, dopo la morte di Davide. Dio gli appare in sogno e gli domanda: “Chiedimi ciò che vuoi io ti conceda”. Salomone risponde: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male”. Dio è ammirato da questa richiesta e gli risponde: “Poiché non hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco io faccio secondo le tue parole… ti concedo anche ciò che tu non hai domandato” (cfr. 1 Re 3,4-15). Salomone sarà ricordato come il re più saggio d’Israele, anche se non fu il più santo, in quanto farà anche scelte contrarie alla volontà di Dio, introducendo l’idolatria in Israele. Tuttavia ciò non impedisce alla Scrittura di riconoscerne la grandezza, proprio grazie a questa dichiarazione iniziale d’intenti, in quanto Salomone non promette, come farebbe un politico di professione, cose impossibili al popolo, ma parte dalla considerazione della sua umanità, soggetta agli errori e quindi bisognosa di una continua illuminazione.

Il Salmo 72 indica la fonte di questa luce, il riferimento cioè alla Legge di Dio, alla carta fondamentale del popolo d’Israele e a tutti i valori che essa rappresenta. Il re in Israele infatti non era considerato la fonte del diritto, come avveniva presso altri popoli, ma il luogotenente di Dio sulla terra, chiamato a farne osservare la Legge, il modo concreto per riaffermare i diritti di Dio che si estendevano anche a chi ne era l’immagine vivente: l’uomo, soprattutto quando era in una condizione di debolezza, nell’impossibilità, cioè, di difendersi da solo. Ecco perché il salmista indica come destinatari privilegiati dell’at- tenzione del re i poveri e gli ultimi: “Ai miseri del suo popolo renderà giustizia, salverà i figli dei poveri e abbatterà l’oppressore… Egli libererà il povero che invoca e il misero che non trova aiuto, abbia pietà del debole e del povero e salvi la vita dei suoi miseri. Li riscatti dalla violenza e dal sopruso, sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue” (Sal 72,4.12-14). Si potrebbe dire che l’istituto del governo esiste per la Scrittura proprio in funzione della difesa del debole, in quanto il forte si difende molto bene da sé; il re, quindi, mentre all’inizio è stato voluto dal popolo per conformarsi ai popoli circostanti (cfr. 1 Sam 8), viene “riconvertito” da Dio in un’istituzione a servizio della sua giustizia. In realtà, come sappiamo dalla storia di Israele, quasi nessun re ha adempiuto pienamente il suo compito di custode del diritto di Dio e quindi di difesa del povero, e saranno i profeti che di volta in volta ricorderanno al re i suoi doveri, rinfacciandogli i tradimenti della sua funzione; essi lo potranno fare, però, perché c’è un modello di riferimento, che è quello indicato da Dio stesso nella sua Legge e realizzato in figure come Davide e Salomone (pensiamo a tutte le profezie messianiche che sognano un re che incarni la rettitudine di Davide), pur con tutti i loro limiti, come a dire che Dio non immagina dei re perfetti, ma capaci comunque di fare cose più grandi di loro, perché non viventi per se stessi ma al servizio del bene di tutti.

Sono questi i criteri che ancora oggi possono guidare il popolo chiamato a giudicare e a scegliere i custodi della legge: abbiamo dei documenti fondamentali, come la Costituzione e le grandi dichiarazioni universali che provengono da quella parte nobile dell’umanità forgiata dalle tragedie consumate nella storia recente e dall’ascolto del grido dei poveri e degli oppressi; persone che, nonostante i loro limiti, hanno saputo cogliere il divino che c’è nell’uomo, quella immagine trascendente che lo rende sacro e hanno impegnato la loro vita per servire quelle idee, non mettendo al primo posto il proprio interesse ma quello dei più deboli. Anche se sembra ripetersi la storia dell’antico Israele per cui dopo appena due generazioni, tranne rare eccezioni, si sono succeduti solo procacciatori di potere fine a se stesso, non dobbiamo dimenticare l’altra faccia di quella storia: la costante presenza di voci profetiche che hanno saputo opporsi a viso aperto al potere, pagando di persona, e hanno continuato ad alimentare nel popolo la speranza che la Legge di Dio, affidata alla fragile umanità, può essere sempre quella luce che permette, ad ogni svolta della storia, la rinascita. Il racconto biblico, pieno di personaggi che hanno tradito l’ideale che ha dato inizio alla storia della monarchia ma anche di figure profetiche che si sono assunte la responsabilità di difendere il diritto di Dio e dell’uomo, ci assegna l’onere di mantenere viva la denuncia delle malefatte compiute dai potenti, ma allo stesso tempo ci consegna la speranza che quella preghiera fatta da Salomone possa ancora una volta diventare realtà. ☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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