Una resistenza dimenticata: la storia dei Militari Italiani Internati
11 Luglio 2017
laFonteTV (3907 articles)
Share

Una resistenza dimenticata: la storia dei Militari Italiani Internati

La storia di “nonno Michele”, un militare molisano finito nei campi di lavoro nazisti

M.G. era un contadino di 35 anni quando, il 16 dicembre 1942, fu richiamato alle armi. Classe 1907, era già considerato di età avanzata per poter essere reclutato, tanto che gli altri commilitoni lo chiamavano scherzosamente “nonno”. Imbarcandosi a Bari, con il 516° battaglione, partì poi per la Grecia, dove giunse il 25 gennaio 1943. Nello stesso anno, all’indomani della firma dell’armistizio, il 9 settembre, venne catturato dai tedeschi. Con un esasperante viaggio in treno, di 17 giorni e 17 notti, fu deportato in Germania. Qui venne internato in più di un Arbeitslager, ovvero in un campo di lavoro, insieme ad altri IMI (Internati Militari Italiani), sotto il controllo della Wehrmacht, le Forze armate tedesche. Il campo dove rimase più a lungo si trovava a Waldenburg, in Sassonia, ai confini con la Polonia. La vita nell’Arbeitslager era pesante, ma nei 17 mesi di prigionia ebbe la fortuna di essere utilizzato in un’azienda agricola, con l’incarico di governare due cavalli e di trasportare i prodotti della terra con un carretto nei paesi vicini. Se si escludono la barbarie dei tedeschi e la fame, a stento placata dalle patate, che costituivano il pasto di tutti i giorni, riuscì ad adattarsi abbastanza alla prigionia, grazie anche al fatto che era un tipo pieno di risorse e molto scherzoso.

[caption id="attachment_18962" align="aligncenter" width="700"] La Liberazione a Bologna, fonte: www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it[/caption]

La Liberazione e il viaggio di ritorno verso Bonefro

Dopo la liberazione, avvenuta il 13 aprile 1945, affrontò un lungo e disagiato viaggio di ritorno, durato mesi, ed effettuato ora in treno, ora a piedi, e infine su uno scomodo carretto di legno, presentandosi direttamente al Distretto Militare di Campobasso, dove venne considerato prigioniero di guerra a tutti gli effetti, e arrivando poi a casa, a Bonefro, il 26 ottobre 1945.

Michele Giannotti insignito della Medaglia d’Onore dal Presidente Mattarella

Era un militare sofferente, smunto, pallido e claudicante, quello che si presentò agli occhi di mio padre Gildo, che, all’epoca, aveva appena 5 anni, e che, nella sua memoria, rivive ogni giorno quell’incontro. Ma l’immagine di mio nonno, di ritorno dalla guerra, è ora più luminosa in virtù di una Medaglia d’Onore idealmente appuntata sulla sua divisa a riconoscere e risarcire il sacrificio da lui patito. Lo scorso 2 giugno, in occasione delle celebrazioni per la Festa della Repubblica, è stata infatti conferita a Michele Giannotti la Medaglia d’Onore del Presidente della Repubblica, quale omaggio della Nazione ai cittadini italiani deportati e internati nei Lager nazisti.

[caption id="attachment_18963" align="alignleft" width="570"] Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha insignito della medaglia d’onore i cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti. foto: http://gaetachannel.it[/caption]

A ventuno anni dalla sua scomparsa, nonno Michele, ovunque sia, avrà sicuramente apprezzato… E, come lui, tutti gli IMI rimasti a lungo ai margini della storiografia della Resistenza, che è da sempre identificata con la lotta armata, combattuta sul suolo italiano e sostenuta da una precisa coscienza politica.

La silenziosa resistenza degli 800 mila militari IMI che rifiutarono di servire Hitler

Ma, secondo le stime più recenti, più di ottocentomila soldati italiani, dopo l’8 settembre, vennero catturati dai tedeschi in Italia, in Francia, nei Balcani e nelle isole. Di questi, oltre seicentomila si rifiutarono sia di aderire alle forze armate tedesche sia di arruolarsi nella Repubblica sociale di Mussolini, preferendo rimanere a tempo indeterminato nei Lager in cui erano stati rinchiusi, in condizioni durissime, assegnati ai lavori peggiori. Purtroppo nell’Italia del dopoguerra gli IMI erano il simbolo di una guerra persa, incarnavano la tragedia di un passato che si voleva dimenticare. Solo di recente gli storici hanno cominciato a studiare il gesto collettivo di resistenza degli IMI, ma devono fare i conti con la scarsità di fonti e di memorialistica. Per questo i racconti dei reduci sono fondamentali e per questo rimpiango di aver ascoltato poco mio nonno e di non averlo seguito come avrei dovuto in questa impresa di recupero delle sue memorie…

Nuto Revelli: “la prigionia nei Lager tedeschi era una pagina della Resistenza nobile ed eroica quanto la guerra di liberazione”

Anche se con molti anni di ritardo, vorrei perciò ricordarlo con questo frammento di saggezza di un partigiano-scrittore, Nuto Revelli: “Anche noi, i partigiani combattenti, abbiamo tardato a renderci conto che la prigionia nei Lager tedeschi era una pagina della Resistenza almeno nobile ed eroica quanto la nostra guerra di liberazione. Credevamo, sbagliando, che solo la lotta armata meritasse un giusto riconoscimento”.

 

[caption id="attachment_18967" align="aligncenter" width="730"] Campo di lavoro tedesco (anni ’40) – foto: retecool.com[/caption]
laFonteTV

laFonteTV