Mi piace declinare i ricordi nei toni autunnali; staccarli dalle pareti della mia anima dove li ho appesi senza chiodi e senza ganci; sgranarli di notte, nella solitudine della mia stanza, come le perle di un rosario.
Biondo era e bello e di gentile aspetto…, questo verso di Dante (Purgatorio canto III) ben si addiceva al giovane scultore che in quel periodo frequentava la mia casa per parlare di arte con mio padre. Mi considerava sorella e non “mi filava” perché il suo cuore era altrove, così annotai sul mio diario che del mio effimero quanto inutile amore per lui non restava che una pozza d’acqua: le mie lacrime.
Era d’Autunno quando lo “vidi” sotto una luce diversa. Gli occhi celesti e grigi avevano il colore tenue del cielo e i capelli ambrati quello delle foglie che gli alberi lasciavano cadere scuotendosi di dosso l’estate. Tutto era esattamente come doveva essere: delicato, sfumato, gentile, in armonia con la sua persona fine.
Sul sentiero dorato, stecchi e foglie scricchiolavano il loro canto sotto i nostri passi e io raccoglievo sguardi, silenzi, parole e fremiti di vento, mentre dentro gridavo a quell’attimo: Fermati, sei così dolce!…
Stasera sono uscita in questo Autunno che ha un altro colore, inciampando come allora nell’orlo della gonna troppo lunga; come allora ho tirato su i capelli e mi lascio bagnare dal cielo ma non so se le gocce trasparenti che cadono sul mio viso siano pioggia o pianto; canticchio una canzone di Ivano Fossati che mi è tornata in mente illuminando a sprazzi la mia malinconia: C’è un giorno che ci siamo perduti/ come smarrire un anello in un prato/ e c’era tutto un programma futuro/ che non abbiamo avverato…☺
Mi piace declinare i ricordi nei toni autunnali; staccarli dalle pareti della mia anima dove li ho appesi senza chiodi e senza ganci; sgranarli di notte, nella solitudine della mia stanza, come le perle di un rosario.
Biondo era e bello e di gentile aspetto…, questo verso di Dante (Purgatorio canto III) ben si addiceva al giovane scultore che in quel periodo frequentava la mia casa per parlare di arte con mio padre. Mi considerava sorella e non “mi filava” perché il suo cuore era altrove, così annotai sul mio diario che del mio effimero quanto inutile amore per lui non restava che una pozza d’acqua: le mie lacrime.
Era d’Autunno quando lo “vidi” sotto una luce diversa. Gli occhi celesti e grigi avevano il colore tenue del cielo e i capelli ambrati quello delle foglie che gli alberi lasciavano cadere scuotendosi di dosso l’estate. Tutto era esattamente come doveva essere: delicato, sfumato, gentile, in armonia con la sua persona fine.
Sul sentiero dorato, stecchi e foglie scricchiolavano il loro canto sotto i nostri passi e io raccoglievo sguardi, silenzi, parole e fremiti di vento, mentre dentro gridavo a quell’attimo: Fermati, sei così dolce!…
Stasera sono uscita in questo Autunno che ha un altro colore, inciampando come allora nell’orlo della gonna troppo lunga; come allora ho tirato su i capelli e mi lascio bagnare dal cielo ma non so se le gocce trasparenti che cadono sul mio viso siano pioggia o pianto; canticchio una canzone di Ivano Fossati che mi è tornata in mente illuminando a sprazzi la mia malinconia: C’è un giorno che ci siamo perduti/ come smarrire un anello in un prato/ e c’era tutto un programma futuro/ che non abbiamo avverato…☺
Mi piace declinare i ricordi nei toni autunnali; staccarli dalle pareti della mia anima dove li ho appesi senza chiodi e senza ganci; sgranarli di notte, nella solitudine della mia stanza, come le perle di un rosario.
Mi piace declinare i ricordi nei toni autunnali; staccarli dalle pareti della mia anima dove li ho appesi senza chiodi e senza ganci; sgranarli di notte, nella solitudine della mia stanza, come le perle di un rosario.
Biondo era e bello e di gentile aspetto…, questo verso di Dante (Purgatorio canto III) ben si addiceva al giovane scultore che in quel periodo frequentava la mia casa per parlare di arte con mio padre. Mi considerava sorella e non “mi filava” perché il suo cuore era altrove, così annotai sul mio diario che del mio effimero quanto inutile amore per lui non restava che una pozza d’acqua: le mie lacrime.
Era d’Autunno quando lo “vidi” sotto una luce diversa. Gli occhi celesti e grigi avevano il colore tenue del cielo e i capelli ambrati quello delle foglie che gli alberi lasciavano cadere scuotendosi di dosso l’estate. Tutto era esattamente come doveva essere: delicato, sfumato, gentile, in armonia con la sua persona fine.
Sul sentiero dorato, stecchi e foglie scricchiolavano il loro canto sotto i nostri passi e io raccoglievo sguardi, silenzi, parole e fremiti di vento, mentre dentro gridavo a quell’attimo: Fermati, sei così dolce!…
Stasera sono uscita in questo Autunno che ha un altro colore, inciampando come allora nell’orlo della gonna troppo lunga; come allora ho tirato su i capelli e mi lascio bagnare dal cielo ma non so se le gocce trasparenti che cadono sul mio viso siano pioggia o pianto; canticchio una canzone di Ivano Fossati che mi è tornata in mente illuminando a sprazzi la mia malinconia: C’è un giorno che ci siamo perduti/ come smarrire un anello in un prato/ e c’era tutto un programma futuro/ che non abbiamo avverato…☺
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