Ridurre le emissioni serra
17 Maggio 2024
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Ridurre le emissioni serra

Udite, udite: “Sensazionale condanna da parte della Corte Europea alla Svizzera, per aver ignorato l’obbligo di ridurre in maniera sufficiente le emissioni serra, ledendo i diritti umani”.
Martedì 9 aprile 2024, presentata una denuncia alla corte di Strasburgo da parte di una associazione di anziane per il clima (KlimaSeniorinnen che conta circa 2.300 iscritte), la CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) ha accolto la denuncia e ha dato ragione alle querelanti che lamentavano disturbi fisici individuali ed in generale di salute. Tali disturbi sono stati considerati riconducibili all’omissione da parte della Svizzera di dati e d’informazioni, ma soprattutto alla mancata adozione di misure adeguate per combattere gli effetti della crisi climatica e quindi il riscaldamento atmosferico che in quel paese è superiore alla media mondiale.
La Corte ha dato ragione all’ associazione adducendo che la Svizzera violava la Convenzione, garante dei diritti fondamentali quali il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza, in contrasto con quanto sostenuto dall’art. 8 che garantisce la dignità privata e familiare dei cittadini. La stessa Corte ha rigettato una denuncia fatta da cittadini portoghesi contro 32 Stati membri dell’Unione Europea, perché l’istanza doveva essere avanzata verso lo Stato di appartenenza; stessa motivazione per la denuncia presentata da un ex sindaco di un paese vicino Parigi.
La storica sentenza della CEDU non solo stabilisce un precedente nel diritto ambientale, ma evidenzia anche un cambiamento epocale nel panorama giuridico globale relativo ai cambiamenti climatici. La sentenza ha un influsso diretto sui 46 Stati membri del Consiglio d’Europa, sicuramente non vincolante giuridicamente, ma di per sé importante precedente legale. La Corte ha condannato la Svizzera a pagare 80.000€ per le spese processuali, anche se, nonostante l’impegno a dare esecuzione alle sentenze da parte dei Paesi che sostengono la CEDU, lascia generalmente loro ampia libertà nella scelta delle misure con cui farlo.
Sto parlando di un’istituzione nata nel 1949 per promuovere la democrazia e i diritti umani e che oggi conta 46 Stati membri, tra cui i 27 dell’Unione Europea (il Consiglio d’Europa non c’entra nulla con l’Unione Europea). Nei suoi articoli ritroviamo i nostri princìpi: art.2 “Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita…”; art.3 “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”; art.5 “Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza…”; art.8 “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza…”; art.14 “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione…”.
Le sue sentenze sono importanti perché vincolano gli Stati condannati e di fatto influenzano anche gli orientamenti dei tribunali e delle autorità nazionali dei Paesi che hanno firmato la Convenzione (tra cui l’Italia). Dal 2022 la Russia non ne fa più parte.
In ogni caso la sentenza è stata giudicata storica. Proviamo a mettere giù qualche considerazione sull’operato della CEDU:
a) si è espressa su un tema spinoso e comunque per la prima volta ha stabilito di potersi esprimere su casi che riguardano il cambiamento climatico;
b) non ha condannato lo Stato svizzero ad azioni specifiche pur ritenendolo responsabile, riconoscendosi inadeguata ad indicare soluzioni politiche: non è arrivata a dire come la Svizzera avrebbe dovuto contrastare il cambiamento climatico;
c) ha cercato di arginare la pioggia di denunce possibili ponendo un filtro agli eventuali soggetti autorizzati a presentare denunce, lasciando spazio solo alle associazioni, negando la possibilità ai singoli cittadini;
d) ha ribadito che le cause non possano essere intentate contro Stati diversi da quello in cui vivono abitualmente i ricorrenti.
La svolta ambientale delle sentenze della CEDU risale al caso Lopez del 1994: denuncia per danni per aver dovuto abbandonare la propria abitazione su raccomandazione del pediatra,a causa dell’inquinamento causato da un impianto di depurazione. In quel caso la Corte europea dei diritti dell’uomo considerava il diritto di vivere in un ambiente salubre, dignitoso e pacifico come parte del diritto al rispetto della vita privata e familiare, interpretando in modo ampio il concetto di “domi- cilio”.
Analogamente, la Corte ha giudicato che contrastare gli effetti del cambiamento climatico rientri tra i doveri degli Stati per garantire il “diritto al rispetto della vita privata e familiare”, al rispetto del proprio domicilio. Ha riconosciuto che la Svizzera non ha onorato questo dovere, perché non ha ancora quantificato come ridurrà le proprie emissioni di gas serra nazionali, e perché in passato non aveva rispettato alcuni impegni che si era presa in questo senso.
Ma scommettere sull’articolo 8 non è sempre facile, perché la Corte europea richiede sempre che ci sia un collegamento sufficientemente diretto tra la vittima e il danno subìto.
Sicuramente, dopo la sentenza del 9 aprile 2024, le associazioni green avranno un’arma in più per difendere la salute dei cittadini e del mondo.
Certo non si può ignorare che certi problemi non siano territoriali, ma globali e quindi, seppur importanti, i 46 Stati non riusciranno a “condizionare” il mondo senza il contributo di tutti. L’auspicio è che i governi investano sulla transizione ecologica evche non pongano continui veti ideologici ed economici, rimandando nel tempo le scelte (governo Meloni contro le case green), perché altrimenti arriverà il momento che le monete serviranno solo per offrire a Caronte l’obolo dovuto.☺

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