rischio naufragio di Famiano Crucianelli | La Fonte TV
L’incontro di Termoli è stato un buon inizio. Certo se riflettiamo sui grandi problemi è solo un granello di sabbia, ma talvolta un piccolo granello può fermare una grande macchina. La montagna che abbiamo dinnanzi è irta e scivolosa. Il primo dei problemi è il collasso della politica, il declino della funzione storica dei partiti e la lievitazione di un sentimento agnostico nel senso comune che può portarci indietro di un secolo. Dentro questa crisi vi sono ragioni politiche e ragioni morali. I partiti hanno la grave responsabilità di aver ignorato le conseguenze dei processi economici e finanziari della globalizzazione. La politica ha continuato a inseguire vie nazionali, quando i centri di comando e di decisione si spostavano nel cuore della finanza e dell’economia mondiale. Il sindacato si è illuso di difendere diritti nel mondo del lavoro e nella società, quando, era ormai evidente che la politica economica e la politica sociale veniva decisa unilateralmente dagli interessi della speculazione finanziaria e dallo spread sui titoli di stato. In secondo luogo, a questa incomprensione politica della rivoluzione che ha cambiato e sta cambiando il mondo si deve sommare una involuzione ancor più grave che ha coinvolto i vertici diffusi della sinistra democratica e che ha contribuito a trasformare il grosso dei partiti in un festival di interessi particolaristici, lontani dalla gente e dai lavoratori. La società civile, i movimenti di questi ultimi anni hanno tentato generosamente di supplire alla miseria della politica e dei partiti, abbiamo avuto grandi mobilitazioni di massa contro gli effetti collaterali della globalizzazione, contro le guerre, la voracità dei mercati finanziari, contro la precarietà e tanto altro. Risultati si sono ottenuti: oggi il presidente Sarkozy parla di Tobin tax che fu uno degli obiettivi del movimento no-global; in Italia solo pochi mesi orsono si è vinta la battaglia referendaria sull’acqua, pur tuttavia non dovrebbe sfuggire a nessuno quanto poco si è influito sui processi reali che governano le nostre società e quanto poco resta di quel capitale politico che ha animato grandi mobilitazioni e movimenti di massa.
L’incontro di Termoli non di questo ha esplicitamente discusso, né questo era il suo obiettivo, l’ordine del giorno era centrato “sui costi della politica” e sulla distanza dei vertici dei partiti dal sentimento popolare. Pur tuttavia, la natura e l’andamento della discussione e gli obiettivi decisi hanno dato a questo appuntamento una valenza generale e collocano questa iniziativa e quelle che verranno in quell’incrocio fra società, movimenti e partiti che è fondamentale, se si vuole sperare in una nuova e virtuosa stagione della politica. Il problema non è solo il costo in sé dell’indennità, della diaria, del portaborse etc., quanto il fondamento della rappresentanza politica e la sua utilità, la distanza materiale fra chi ha incarichi pubblici e la gente comune, i costi enormi che l’uso improprio delle istituzioni vanno a scaricare sul sistema, il torbido che oscura i mille fili degli interessi particolari che stanno dietro alle scelte di governo. Altro che legna al fuoco dell’antipolitica o inimicizia nei confronti dei partiti come qualche malizioso vorrebbe insinuare. È vero esattamente il contrario. Chi ha responsabilità politiche e istituzionali dovrebbe intendere che la misura è più che colma. Il trasformismo e lo smarrimento di quei principi che dovrebbero nutrire l’impegno politico, l’uso personale e privato dei partiti, il clientelismo come sistema hanno ucciso e uccidono partiti, politica e democrazia.
Questa consapevolezza è solo il primo passo di un percorso molto lungo. Siamo in un passaggio d’epoca e dentro una rivoluzione che sta cambiando tutto e molto in peggio, siamo entro una transizione nella quale la “democrazia” è sempre più un osso di seppia, e se non cresce – questo dovrebbe essere il nostro impegno – una nuova ragione morale e sociale della politica e dei partiti tutti rischiamo il naufragio.☺
famiano.crucianelli@tiscali.it
L’incontro di Termoli è stato un buon inizio. Certo se riflettiamo sui grandi problemi è solo un granello di sabbia, ma talvolta un piccolo granello può fermare una grande macchina. La montagna che abbiamo dinnanzi è irta e scivolosa. Il primo dei problemi è il collasso della politica, il declino della funzione storica dei partiti e la lievitazione di un sentimento agnostico nel senso comune che può portarci indietro di un secolo. Dentro questa crisi vi sono ragioni politiche e ragioni morali. I partiti hanno la grave responsabilità di aver ignorato le conseguenze dei processi economici e finanziari della globalizzazione. La politica ha continuato a inseguire vie nazionali, quando i centri di comando e di decisione si spostavano nel cuore della finanza e dell’economia mondiale. Il sindacato si è illuso di difendere diritti nel mondo del lavoro e nella società, quando, era ormai evidente che la politica economica e la politica sociale veniva decisa unilateralmente dagli interessi della speculazione finanziaria e dallo spread sui titoli di stato. In secondo luogo, a questa incomprensione politica della rivoluzione che ha cambiato e sta cambiando il mondo si deve sommare una involuzione ancor più grave che ha coinvolto i vertici diffusi della sinistra democratica e che ha contribuito a trasformare il grosso dei partiti in un festival di interessi particolaristici, lontani dalla gente e dai lavoratori. La società civile, i movimenti di questi ultimi anni hanno tentato generosamente di supplire alla miseria della politica e dei partiti, abbiamo avuto grandi mobilitazioni di massa contro gli effetti collaterali della globalizzazione, contro le guerre, la voracità dei mercati finanziari, contro la precarietà e tanto altro. Risultati si sono ottenuti: oggi il presidente Sarkozy parla di Tobin tax che fu uno degli obiettivi del movimento no-global; in Italia solo pochi mesi orsono si è vinta la battaglia referendaria sull’acqua, pur tuttavia non dovrebbe sfuggire a nessuno quanto poco si è influito sui processi reali che governano le nostre società e quanto poco resta di quel capitale politico che ha animato grandi mobilitazioni e movimenti di massa.
L’incontro di Termoli non di questo ha esplicitamente discusso, né questo era il suo obiettivo, l’ordine del giorno era centrato “sui costi della politica” e sulla distanza dei vertici dei partiti dal sentimento popolare. Pur tuttavia, la natura e l’andamento della discussione e gli obiettivi decisi hanno dato a questo appuntamento una valenza generale e collocano questa iniziativa e quelle che verranno in quell’incrocio fra società, movimenti e partiti che è fondamentale, se si vuole sperare in una nuova e virtuosa stagione della politica. Il problema non è solo il costo in sé dell’indennità, della diaria, del portaborse etc., quanto il fondamento della rappresentanza politica e la sua utilità, la distanza materiale fra chi ha incarichi pubblici e la gente comune, i costi enormi che l’uso improprio delle istituzioni vanno a scaricare sul sistema, il torbido che oscura i mille fili degli interessi particolari che stanno dietro alle scelte di governo. Altro che legna al fuoco dell’antipolitica o inimicizia nei confronti dei partiti come qualche malizioso vorrebbe insinuare. È vero esattamente il contrario. Chi ha responsabilità politiche e istituzionali dovrebbe intendere che la misura è più che colma. Il trasformismo e lo smarrimento di quei principi che dovrebbero nutrire l’impegno politico, l’uso personale e privato dei partiti, il clientelismo come sistema hanno ucciso e uccidono partiti, politica e democrazia.
Questa consapevolezza è solo il primo passo di un percorso molto lungo. Siamo in un passaggio d’epoca e dentro una rivoluzione che sta cambiando tutto e molto in peggio, siamo entro una transizione nella quale la “democrazia” è sempre più un osso di seppia, e se non cresce – questo dovrebbe essere il nostro impegno – una nuova ragione morale e sociale della politica e dei partiti tutti rischiamo il naufragio.☺
L’incontro di Termoli è stato un buon inizio. Certo se riflettiamo sui grandi problemi è solo un granello di sabbia, ma talvolta un piccolo granello può fermare una grande macchina. La montagna che abbiamo dinnanzi è irta e scivolosa. Il primo dei problemi è il collasso della politica, il declino della funzione storica dei partiti e la lievitazione di un sentimento agnostico nel senso comune che può portarci indietro di un secolo. Dentro questa crisi vi sono ragioni politiche e ragioni morali. I partiti hanno la grave responsabilità di aver ignorato le conseguenze dei processi economici e finanziari della globalizzazione. La politica ha continuato a inseguire vie nazionali, quando i centri di comando e di decisione si spostavano nel cuore della finanza e dell’economia mondiale. Il sindacato si è illuso di difendere diritti nel mondo del lavoro e nella società, quando, era ormai evidente che la politica economica e la politica sociale veniva decisa unilateralmente dagli interessi della speculazione finanziaria e dallo spread sui titoli di stato. In secondo luogo, a questa incomprensione politica della rivoluzione che ha cambiato e sta cambiando il mondo si deve sommare una involuzione ancor più grave che ha coinvolto i vertici diffusi della sinistra democratica e che ha contribuito a trasformare il grosso dei partiti in un festival di interessi particolaristici, lontani dalla gente e dai lavoratori. La società civile, i movimenti di questi ultimi anni hanno tentato generosamente di supplire alla miseria della politica e dei partiti, abbiamo avuto grandi mobilitazioni di massa contro gli effetti collaterali della globalizzazione, contro le guerre, la voracità dei mercati finanziari, contro la precarietà e tanto altro. Risultati si sono ottenuti: oggi il presidente Sarkozy parla di Tobin tax che fu uno degli obiettivi del movimento no-global; in Italia solo pochi mesi orsono si è vinta la battaglia referendaria sull’acqua, pur tuttavia non dovrebbe sfuggire a nessuno quanto poco si è influito sui processi reali che governano le nostre società e quanto poco resta di quel capitale politico che ha animato grandi mobilitazioni e movimenti di massa.
L’incontro di Termoli non di questo ha esplicitamente discusso, né questo era il suo obiettivo, l’ordine del giorno era centrato “sui costi della politica” e sulla distanza dei vertici dei partiti dal sentimento popolare. Pur tuttavia, la natura e l’andamento della discussione e gli obiettivi decisi hanno dato a questo appuntamento una valenza generale e collocano questa iniziativa e quelle che verranno in quell’incrocio fra società, movimenti e partiti che è fondamentale, se si vuole sperare in una nuova e virtuosa stagione della politica. Il problema non è solo il costo in sé dell’indennità, della diaria, del portaborse etc., quanto il fondamento della rappresentanza politica e la sua utilità, la distanza materiale fra chi ha incarichi pubblici e la gente comune, i costi enormi che l’uso improprio delle istituzioni vanno a scaricare sul sistema, il torbido che oscura i mille fili degli interessi particolari che stanno dietro alle scelte di governo. Altro che legna al fuoco dell’antipolitica o inimicizia nei confronti dei partiti come qualche malizioso vorrebbe insinuare. È vero esattamente il contrario. Chi ha responsabilità politiche e istituzionali dovrebbe intendere che la misura è più che colma. Il trasformismo e lo smarrimento di quei principi che dovrebbero nutrire l’impegno politico, l’uso personale e privato dei partiti, il clientelismo come sistema hanno ucciso e uccidono partiti, politica e democrazia.
Questa consapevolezza è solo il primo passo di un percorso molto lungo. Siamo in un passaggio d’epoca e dentro una rivoluzione che sta cambiando tutto e molto in peggio, siamo entro una transizione nella quale la “democrazia” è sempre più un osso di seppia, e se non cresce – questo dovrebbe essere il nostro impegno – una nuova ragione morale e sociale della politica e dei partiti tutti rischiamo il naufragio.☺
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