Semplicemente maria
10 Gennaio 2023
laFonteTV (3802 articles)
Share

Semplicemente maria

Le preziose: con questo titolo apro articoli che parlano di donne di ieri, l’altro ieri, oggi che, come le preziose del settecento hanno agito o vissuto per lasciare il testimone alle altre.

Dicembre, il suo mese e sono cent’anni da quando è comparsa e sembra che nulla possa farla dimenticare. “Paradossi al limite dell’ incredibile. Tra lo sgomento e la vedovanza di tutti, la Callas ci lascia senza una Norma intera in video, senza una Tosca integrale, senza una Traviata, senza una Sonnambula, senza il Pirata, senza… niente. Se non con briciole di quell’arte sublime, lacerti e spezzoni di pessimi filmati amatoriali, in cui la Callas appare ora verde e  sfuocata, ora minuscola, ora indefinibile. Attiva tra il 1948 e il 1965, almeno, e protagonista di serate che a ben ragione possiamo definire storiche, la Callas non viene documentata da nessuno? Ma come? Oggi siamo bombardati da qualunque documentario, abbiamo Hitler in tutte le salse, abbiamo guerre e campi di concentramento filmati nei più orridi dettagli… e non abbiamo un’opera completa con la cantante più importante del secolo? Cosa è successo? Chi occulta taluni documenti importantissimi, tra cui la  Fedora  (solo audio)  e  il  secondo  atto della Sonnambula della Scala, con  la  re- gìa  di Visconti (video!)? Più che un paradosso, è il sospetto di un piano preciso, legato sicuramente a fatti speculativi”(Enrico Stinchelli).

 Una donna, un mito e come tutti i miti amata e odiata in tutto il mondo e soprattutto in Italia che considera la sua seconda patria. Al di là dei gossip (oggi in epoca social non so cosa accadrebbe) Maria alimenta critiche e passioni sfrenate. Basta pensare a Violetta, la dama delle camelie, “Non so se vi scopriranno l’opera di Verdi come l’autore l’ha concepita; ma vi troveranno uno spettacolo quasi completo, che sta a sé e che solo qua e là sembra ricordarsi del suo dovere di aiutare alla comprensione di qualcos’altro”. Lo scrive Eugenio Montale sul Corriere della Sera il giorno dopo il debutto, la sera del 28 maggio ’55, di quella Traviata – oggi memorabile – cucita da Visconti come un abito su Maria Callas-Violetta. Maria Callas appare nel primo atto in un abito nero stretta in un bustier. “Non oppose nessuna resistenza. Chiese solo di allentarlo un po’ al centro, per poter prendere i fiati. Non sembrava Violetta, ma la materializzazione di una dama di fine Ottocento” ricordava spesso Umberto Tirelli, il costumista di magici spettacoli viscontei. Straniata dall’incontro con Alfredo nel primo atto, Callas-Violetta si scioglie i capelli in scena meditando; poi ritorna alla realtà con “Follie! Follie! Delirio vano è questo!” lanciando le scarpette per aria. Accoccolata in ginocchio tra le braccia di Alfredo gli dirà quanto lo ama giurandogli di non abbandonarlo mai”.

Siamo nel 1955 in un’Italia bigotta e chiusa. Le lanciano, osannandola, fiori ma i detrattori anche carciofi e ravanelli; miope come una talpa non vede ma sente il rumore ed il peso: raccoglie un mazzo di ravanelli e fa un inchino sorridente.

Questa è Maria, la ragazza affamata d’amore e la sua figura, prima bulimica poi quasi anoressica, ne mostra i segni (dando adito alla leggenda che avesse mangiato uova di tenia per dimagrire).

Ha fame quando nasce da Evanghelia Dimitriadu che aspetta un maschio, dopo una perdita, e quando sa che è una femmina non la vuole vedere per settimane e poi non l’ama. È anaffettiva e dopo interessata: abile nel comprendere la bravura di Maria, la fa studiare con il soprano Elvira de Hidalgo, la sfrutta portandola a cantare e sempre pretenderà da lei soldi minacciandola e maledicendola quando questo non avviene.

Ha fame d’amore col padre, un farfallone che le vuole bene e che certamente è orgoglioso di lei, ma che quando lei è famosa, mente su una presunta malattia pur di spillare soldi alla figlia.

Ha fame d’amore con il marito di 28 anni più grande di lei, l’industriale Battista Meneghini, chiamato affettuosamente Titta.

Battista Meneghini lascia la sua impresa di laterizi per dedicarsi tutto al suo grande amore – Maria, per essere il suo promoter culturale, tanto che per dieci anni lei lavora indefessamente portando alla luce opere anche dimenticate, ben 62 con coloriture diverse. Ma poi scopriamo da una lettera che la stessa Maria scrive durante il periodo della separazione che aveva intestato tutto a sé stesso: “15 dicembre 1959 Milano, cara Emily non so ancora cosa farò, forse mi riposerò e cercherò di riprendermi dallo shock di avere un marito tanto caro… Quando ho saputo che aveva messo tutto a suo nome… e Dio solo sa cosa ha fatto con tutti quei soldi”.Non sorride Maria, spesso sta male, non è felice e certamente pensa di esserlo quando incontra la passione, il grande amore Aristotele Onassis. Lui la invita sul suo yacht Christina insieme al marito, yacht sul quale ci sono Churchill e altri personaggi famosi: si innamorano pazzamente. Lei finalmente scopre la felicità di che cosa possa essere un amore passionale, la leggerezza, serate passate fra cene e feste; per lui Maria è un emblema: lei, la divina, che in quel momento risplende per tutto il mondo, è il suo nuovo trofeo.

Un amore fatto di tradimenti e gelosie Dopo litigi e violenze, sembra che Onassiss la drogasse per avere sessualmente quello che voleva, dopo aver avuto quasi di nascosto un figlio – un piccolo Omero che morirà poche ore dopo la nascita per crisi repiratoria e verrà sepolto con un cognome falso per volontà di Onassis -, dopo distacchi – Maria nel ‘68 apprende dai giornali che Aristotele sposa Jackie Kennedy. Una conquista che coronerà il sogno dell’armatore e spezza il cuore di Maria. Dopo anni si riuniscono, si rivedono come i due vecchi amanti di Brel, con gesti consueti ed una piccola fiamma.

Ha fame d’amore con Pasolini che le offre il film Medea. Lei s’innamora di un amore impossibile per Pasolini in quel periodo innamorato di Ninetto Davoli per poi alla fine trovare una bella amicizia.

Onassis muore il 15 Marzo del 1975 dopo aver assaggiato lo strazio della morte del figlio per un incidente aereo; Jacqueline e Cristina Onassis non le permettono neppure di andare a Scorpios per l’ultimo saluto.

Quell’anno viene trucidato anche Paso- lini e l’anno successivo muore Luchino Visconti. Si sente davvero sola, dice: “non ho un figlio non ho una famiglia non ho un amico”.

Il 16 settembre 1977 alle 11:30, a cinquantatre anni, muore. Il referto medico parla di arresto cardiaco ma ad ucciderla erano state solitudine, malinconia e infelicità. Nulla è stato regalato a Callas, tantomeno a Maria.

Il più grande dei paradossi, il canto della Callas, la voce della Callas. Una voce a detta di tutti “brutta”, aspra, metallica, a volte stridente che per magìa può apparire bella, luminosissima, intensa, persino vellutata. È nella Callas fuori repertorio che scopriamo i veri gioielli e probabilmente il segreto della sua grandezza. Privata dei suoi fuochi d’artificio pirotecnici, acuti e sopracuti, la Callas sonda regioni ignote… il soprano si accosta allo spartito come potrebbe fare, se sapesse cantare, un ingegnere o un orefice. Gli esempi sono innumerevoli, ma basta lasciarsi guidare dal secondo atto di Butterfly nell’edizione diretta da Karajan, o dalla Bohème o dall’ultimo atto della Manon Lescaut. Quanto alla “Mamma morta” dello Chénier, eseguita in modo asciutto e intenso, come l’Autore voleva, non è un caso che nel film Philadelphia di Jonathan Demme (1993) diventi addirittura un momento topico, la scena madre, ben al di là dalla semplice aria d’opera” (Enrico Stinchelli).☺

 

laFonteTV

laFonteTV