C’è una legge del 1992, la legge istitutiva della Protezione Civile, che ha consentito ad uno Stato come il nostro di avere una struttura organizzata capace di intervenire in qualsiasi posto del Paese nel giro di dodici ore al fine di fronteggiare le emergenze in caso di catastrofi.
Tale testo normativo prevede che in caso di calamità naturali – a fronte della dichiarazione dello stato di emergenza – siano emesse ordinanze urgenti, le quali possono stabilire che nell’area territoriale interessata siano sospesi i contributi per tutto il periodo di durata dell’emergenza. Cioè in tutti i casi di catastrofi naturali il nostro ordinamento giuridico, al fine di alleviare le sofferenze delle persone residenti nella zona colpita, sospende il versamento dei contributi previdenziali a favore delle Casse dell’ente competente (INPS per i privati e INPDAP per il pubblico impiego).
Come è noto il Molise è stato colpito dal terremoto tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre 2002. Da tale ultima data i contributi dei residenti nella Provincia di Campobasso non sono più stati corrisposti dai datori di lavoro pubblici e privati agli istituti di previdenza (fatta eccezione per il pubblico con riferimento ad alcuni mesi del 2003 e del 2005 per i quali la Direzione Provinciale del Tesoro ha deciso – di sua iniziativa – di non dar seguito alla sospensione).
Tutto ciò è avvenuto in forza di Ordinanze applicative della legge del 1992 citata, poste in essere dal Capo della Protezione Civile – che nell’ultimo periodo ha coinciso con la figura del Presidente della Regione, il c.d. Commissario – e con provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri con le quali il periodo di sospensione è stato più volte prorogato fino al 31 dicembre 2005. In tale data l’area territoriale terremotata è stata anche notevolmente ridotta e il beneficio in questione ha riguardato soltanto i 14 Comuni più colpiti, (il c.d. cratere) per i quali la previsione normativa è ancora operativa.
Volendo riassumere. Dall’ ottobre 2002 i datori di lavoro pubblici e privati, non versando più i contributi agli Enti, hanno provveduto a corrisponderli direttamente ai lavoratori, i quali hanno potuto godere di somme più cospicue (stipendio più “rotondo”) al fine di meglio organizzare la loro esistenza ormai mutata e devastata per sempre. Basti pensare che molte sono ancora le persone che vivono nelle casette di legno e altrettante quelle, che a causa della furia della natura di quei giorni sciagurati, hanno perso familiari.
E’ accaduto che il 6 dicembre 2006 (cioè poco più di due mesi fa) la nostra maggioranza parlamentare di centro sinistra ha approvato una legge (L. 290/06) con la quale oltre a disciplinare l’emergenza rifiuti della Regione Campania, ha anche previsto (all’art. 6, comma 1 bis) che il beneficio della sospensione contributiva di cui alla Legge del 1992 istitutiva della Protezione Civile, va inteso come esclusivo beneficio a vantaggio dei soli datori di lavoro privati.
Ora, a parte la scelta di inserire una disposizione normativa riguardante le calamità naturali – definita da taluni di interpretazione autentica di un’altra legge (quella del 1992) e, quindi, retroattiva – nel corpo di un testo disciplinante l’emergenza dei rifiuti in Campania, che ci induce a pensare che il metodo di legiferazione ha poco spessore e evoca quello adoperato dalla maggioranza di Berlusconi della passata stagione politica, ciò che è più grave è che i soldi della sospensione non dovevano andare nelle tasche dei lavoratori ma doveva tenerseli il datore di lavoro al fine di far ripartire l’economia di quell’area geografica e ricostituire il tessuto industriale.
Ancora dalla disposizione sono esclusi i datori di lavoro pubblici.
Praticamente, il Parlamento con la legge in commento ha posto le basi per veder esplodere socialmente il Molise. Si discute infatti, come si accennava, se la portata contenutistica – di interpretazione autentica – dello sciagurato comma 1 bis dell’art. 6 possa avere valenza retroattiva. Se così fosse i datori di lavoro potrebbero richiedere ai dipendenti tutto quanto ad essi versato dall’ottobre del 2002 in poi e questi si troverebbero a non percepire lo stipendio per circa sei mesi. Si tratta di tutti gli abitanti della Provincia di Campobasso, ma anche di quelli della Provincia di Foggia, dell’Umbria, della Sicilia ecc., per quanto non prescritto.
Morale: la scelta operata dal centro sinistra non è una scelta vicina ai principi né di centro né di sinistra. Infatti, prevedere che la sospensione contributiva debba intendersi a solo beneficio delle aziende e non dei lavoratori residenti nel territorio colpito dal terremoto vuol dire dare più forza agli imprenditori che in Molise hanno solo un’unità produttiva, ma la sede legale altrove (es. la FIAT a Torino) e trascurare drammaticamente coloro che, invece, nell’area colpita ci vivono. ☺
C’è una legge del 1992, la legge istitutiva della Protezione Civile, che ha consentito ad uno Stato come il nostro di avere una struttura organizzata capace di intervenire in qualsiasi posto del Paese nel giro di dodici ore al fine di fronteggiare le emergenze in caso di catastrofi.
Tale testo normativo prevede che in caso di calamità naturali – a fronte della dichiarazione dello stato di emergenza – siano emesse ordinanze urgenti, le quali possono stabilire che nell’area territoriale interessata siano sospesi i contributi per tutto il periodo di durata dell’emergenza. Cioè in tutti i casi di catastrofi naturali il nostro ordinamento giuridico, al fine di alleviare le sofferenze delle persone residenti nella zona colpita, sospende il versamento dei contributi previdenziali a favore delle Casse dell’ente competente (INPS per i privati e INPDAP per il pubblico impiego).
Come è noto il Molise è stato colpito dal terremoto tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre 2002. Da tale ultima data i contributi dei residenti nella Provincia di Campobasso non sono più stati corrisposti dai datori di lavoro pubblici e privati agli istituti di previdenza (fatta eccezione per il pubblico con riferimento ad alcuni mesi del 2003 e del 2005 per i quali la Direzione Provinciale del Tesoro ha deciso – di sua iniziativa – di non dar seguito alla sospensione).
Tutto ciò è avvenuto in forza di Ordinanze applicative della legge del 1992 citata, poste in essere dal Capo della Protezione Civile – che nell’ultimo periodo ha coinciso con la figura del Presidente della Regione, il c.d. Commissario – e con provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri con le quali il periodo di sospensione è stato più volte prorogato fino al 31 dicembre 2005. In tale data l’area territoriale terremotata è stata anche notevolmente ridotta e il beneficio in questione ha riguardato soltanto i 14 Comuni più colpiti, (il c.d. cratere) per i quali la previsione normativa è ancora operativa.
Volendo riassumere. Dall’ ottobre 2002 i datori di lavoro pubblici e privati, non versando più i contributi agli Enti, hanno provveduto a corrisponderli direttamente ai lavoratori, i quali hanno potuto godere di somme più cospicue (stipendio più “rotondo”) al fine di meglio organizzare la loro esistenza ormai mutata e devastata per sempre. Basti pensare che molte sono ancora le persone che vivono nelle casette di legno e altrettante quelle, che a causa della furia della natura di quei giorni sciagurati, hanno perso familiari.
E’ accaduto che il 6 dicembre 2006 (cioè poco più di due mesi fa) la nostra maggioranza parlamentare di centro sinistra ha approvato una legge (L. 290/06) con la quale oltre a disciplinare l’emergenza rifiuti della Regione Campania, ha anche previsto (all’art. 6, comma 1 bis) che il beneficio della sospensione contributiva di cui alla Legge del 1992 istitutiva della Protezione Civile, va inteso come esclusivo beneficio a vantaggio dei soli datori di lavoro privati.
Ora, a parte la scelta di inserire una disposizione normativa riguardante le calamità naturali – definita da taluni di interpretazione autentica di un’altra legge (quella del 1992) e, quindi, retroattiva – nel corpo di un testo disciplinante l’emergenza dei rifiuti in Campania, che ci induce a pensare che il metodo di legiferazione ha poco spessore e evoca quello adoperato dalla maggioranza di Berlusconi della passata stagione politica, ciò che è più grave è che i soldi della sospensione non dovevano andare nelle tasche dei lavoratori ma doveva tenerseli il datore di lavoro al fine di far ripartire l’economia di quell’area geografica e ricostituire il tessuto industriale.
Ancora dalla disposizione sono esclusi i datori di lavoro pubblici.
Praticamente, il Parlamento con la legge in commento ha posto le basi per veder esplodere socialmente il Molise. Si discute infatti, come si accennava, se la portata contenutistica – di interpretazione autentica – dello sciagurato comma 1 bis dell’art. 6 possa avere valenza retroattiva. Se così fosse i datori di lavoro potrebbero richiedere ai dipendenti tutto quanto ad essi versato dall’ottobre del 2002 in poi e questi si troverebbero a non percepire lo stipendio per circa sei mesi. Si tratta di tutti gli abitanti della Provincia di Campobasso, ma anche di quelli della Provincia di Foggia, dell’Umbria, della Sicilia ecc., per quanto non prescritto.
Morale: la scelta operata dal centro sinistra non è una scelta vicina ai principi né di centro né di sinistra. Infatti, prevedere che la sospensione contributiva debba intendersi a solo beneficio delle aziende e non dei lavoratori residenti nel territorio colpito dal terremoto vuol dire dare più forza agli imprenditori che in Molise hanno solo un’unità produttiva, ma la sede legale altrove (es. la FIAT a Torino) e trascurare drammaticamente coloro che, invece, nell’area colpita ci vivono. ☺
C’è una legge del 1992, la legge istitutiva della Protezione Civile, che ha consentito ad uno Stato come il nostro di avere una struttura organizzata capace di intervenire in qualsiasi posto del Paese nel giro di dodici ore al fine di fronteggiare le emergenze in caso di catastrofi.
Tale testo normativo prevede che in caso di calamità naturali – a fronte della dichiarazione dello stato di emergenza – siano emesse ordinanze urgenti, le quali possono stabilire che nell’area territoriale interessata siano sospesi i contributi per tutto il periodo di durata dell’emergenza. Cioè in tutti i casi di catastrofi naturali il nostro ordinamento giuridico, al fine di alleviare le sofferenze delle persone residenti nella zona colpita, sospende il versamento dei contributi previdenziali a favore delle Casse dell’ente competente (INPS per i privati e INPDAP per il pubblico impiego).
Come è noto il Molise è stato colpito dal terremoto tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre 2002. Da tale ultima data i contributi dei residenti nella Provincia di Campobasso non sono più stati corrisposti dai datori di lavoro pubblici e privati agli istituti di previdenza (fatta eccezione per il pubblico con riferimento ad alcuni mesi del 2003 e del 2005 per i quali la Direzione Provinciale del Tesoro ha deciso – di sua iniziativa – di non dar seguito alla sospensione).
Tutto ciò è avvenuto in forza di Ordinanze applicative della legge del 1992 citata, poste in essere dal Capo della Protezione Civile – che nell’ultimo periodo ha coinciso con la figura del Presidente della Regione, il c.d. Commissario – e con provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri con le quali il periodo di sospensione è stato più volte prorogato fino al 31 dicembre 2005. In tale data l’area territoriale terremotata è stata anche notevolmente ridotta e il beneficio in questione ha riguardato soltanto i 14 Comuni più colpiti, (il c.d. cratere) per i quali la previsione normativa è ancora operativa.
Volendo riassumere. Dall’ ottobre 2002 i datori di lavoro pubblici e privati, non versando più i contributi agli Enti, hanno provveduto a corrisponderli direttamente ai lavoratori, i quali hanno potuto godere di somme più cospicue (stipendio più “rotondo”) al fine di meglio organizzare la loro esistenza ormai mutata e devastata per sempre. Basti pensare che molte sono ancora le persone che vivono nelle casette di legno e altrettante quelle, che a causa della furia della natura di quei giorni sciagurati, hanno perso familiari.
E’ accaduto che il 6 dicembre 2006 (cioè poco più di due mesi fa) la nostra maggioranza parlamentare di centro sinistra ha approvato una legge (L. 290/06) con la quale oltre a disciplinare l’emergenza rifiuti della Regione Campania, ha anche previsto (all’art. 6, comma 1 bis) che il beneficio della sospensione contributiva di cui alla Legge del 1992 istitutiva della Protezione Civile, va inteso come esclusivo beneficio a vantaggio dei soli datori di lavoro privati.
Ora, a parte la scelta di inserire una disposizione normativa riguardante le calamità naturali – definita da taluni di interpretazione autentica di un’altra legge (quella del 1992) e, quindi, retroattiva – nel corpo di un testo disciplinante l’emergenza dei rifiuti in Campania, che ci induce a pensare che il metodo di legiferazione ha poco spessore e evoca quello adoperato dalla maggioranza di Berlusconi della passata stagione politica, ciò che è più grave è che i soldi della sospensione non dovevano andare nelle tasche dei lavoratori ma doveva tenerseli il datore di lavoro al fine di far ripartire l’economia di quell’area geografica e ricostituire il tessuto industriale.
Ancora dalla disposizione sono esclusi i datori di lavoro pubblici.
Praticamente, il Parlamento con la legge in commento ha posto le basi per veder esplodere socialmente il Molise. Si discute infatti, come si accennava, se la portata contenutistica – di interpretazione autentica – dello sciagurato comma 1 bis dell’art. 6 possa avere valenza retroattiva. Se così fosse i datori di lavoro potrebbero richiedere ai dipendenti tutto quanto ad essi versato dall’ottobre del 2002 in poi e questi si troverebbero a non percepire lo stipendio per circa sei mesi. Si tratta di tutti gli abitanti della Provincia di Campobasso, ma anche di quelli della Provincia di Foggia, dell’Umbria, della Sicilia ecc., per quanto non prescritto.
Morale: la scelta operata dal centro sinistra non è una scelta vicina ai principi né di centro né di sinistra. Infatti, prevedere che la sospensione contributiva debba intendersi a solo beneficio delle aziende e non dei lavoratori residenti nel territorio colpito dal terremoto vuol dire dare più forza agli imprenditori che in Molise hanno solo un’unità produttiva, ma la sede legale altrove (es. la FIAT a Torino) e trascurare drammaticamente coloro che, invece, nell’area colpita ci vivono. ☺
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