Sogno di un mattino di mezzo inverno
22 Marzo 2018
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Sogno di un mattino di mezzo inverno

Fissata finalmente la data delle elezioni regionali, è iniziato il gran ballo delle promesse folgoranti e delle visioni profetiche di radiosi futuri (uno solo non basterebbe). Sul palcoscenico si alternano i soliti attori.

Dietro il sipario di questo teatrino, però, lo spettacolo appare ben diverso; come sempre succede quando ci si ferma dietro le quinte. Può accadere allora di veder riprendere vita i fantasmi delle tante elezioni passate, e di risentire le stesse promesse, cambiate solo quel tanto che basta per adeguarle al graduale, inesorabile peggioramento della qualità della vita e della coesione sociale. Ma se ci dicono sempre le stesse cose e nulla cambia, perché continuiamo a farci governare dalle stesse persone? Già, perché? E perché permettiamo loro di non cambiare almeno il copione? Beh, le persone le abbiamo cambiate, non sono più le stesse di vent’anni fa. Però quel che conta non sono le maschere di cartone, sono i visi che stanno dietro: e quei visi, in fondo, sono tragicamente uguali, anzi peggiori. Come i programmi.

Certo, qualche particolare si modifica di volta in volta, quando eventi straordinari e disastrosi obbligano ad occuparsi della realtà, come con il terremoto e l’alluvione. Poi bisogna modernizzare un po’ il quadro generale, con le parole mortifere che ottundono i cervelli: riqualificazione, modernizzazione, banda larga, digitalizzazione, flessibilità. Un buon tocco di paura, poi, fa sempre comodo: ora che non c’è più il caro vecchio comunismo che mangia i bambini, torna molto utile il migrante che delinque, l’invasione dell’Islam, il debito pubblico che bisogna ripagare. Aggiungete poi i soliti miraggi: lavoro per tutti, case per tutti, salute per tutti. E come ciliegina sul bordo del bicchiere, naturalmente, l’ecosostenibilità, l’ambiente, il turismo, l’aria pulita, il Molise isola felice.

Ma proviamo a immaginare una conferenza di fine legislatura regionale tra cinque anni (o venti, o cento…), se per magia si riuscisse a mandare al potere una squadra ragionevolmente attenta ai Beni Comuni; sì, un po’ di ragionevole amore per la res publica basterebbe per riparare molti dei disastri che ci assediano oggi.

Dunque, suonerebbe più o meno così: “A tutti i cittadini molisani possiamo dire con orgoglio che lasciamo loro una regione migliore di quella che abbiamo trovato. Con l’aiuto dei centri nazionali di ricerca e di studio abbiamo potuto fare a meno delle costosissime consulenze e valorizzare i saperi interni. Con umiltà, abbiamo copiato le tante esperienze virtuose esistenti in Italia, facendo rete con altre regioni per mettere in comune le risorse.

Inceneritori e impianti a biomasse sono stati dismessi, riservando incentivi all’installazione di solare e fotovoltaico sui tetti (non sul suolo agricolo!); abbiamo reso efficaci e ineludibili i controlli ambientali su tutte le industrie inquinanti, da Venafro a Termoli, ne abbiamo severamente limitato le emissioni e abbiamo deviato il traffico dalle aree più invivibili e dai centri cittadini in genere. La trasparenza è diventata totale, con la possibilità per ogni cittadino di accedere con facilità via web a qualsiasi atto e delibera regionale; le associazioni sono le benvenute nelle nostre sedi, e ci siamo avvalsi della loro preziosa esperienza sul campo nella nostra programmazione.

Garantire cure di livello a tutti è stata la nostra priorità: la sanità è stata sottratta al profitto e riportata a quello che deve essere: di tutti, per tutti, di qualità e priva di lucro. L’università e le scuole sono state al centro della nostra azione, perché sappiamo che poter studiare bene ed avere occasioni di crescita culturale, in tutti i settori, è l’unico antidoto alla fuga rovinosa dei nostri giovani. E perché vogliamo crescere cittadini liberi. Abbiamo soprattutto fermato il consumo di suolo, recuperato aree agricole pregiate, bloccato l’edificabilità selvaggia e costruito una rete di sentieri e piste ciclabili, dopo aver ripristinato la disastrata viabilità molisana. Ci siamo resi conto che il suolo non è rendita fondiaria, ma patrimonio di vita e storia, bellezza diffusa che va tutelata.

Abbiamo imposto l’obbligo di ripristinare l’esistente, se si vuol lavorare nell’edilizia, invece di cementificare anche l’aria e riempire il territorio di orridi capannoni disseminati come in un bombardamento. L’urbanistica contrattata è stata bloccata, e così l’uso forsennato della finanza, che difende il suolo e impedisce le “riqualificazioni”, vere e proprie speculazioni mal mascherate. Essere capaci di progettare un Molise diverso ha permesso di creare, a cascata, centinaia di posti di lavoro legati al suolo, all’aria pulita, all’energia veramente rinnovabile, all’edilizia che non consuma l’ambiente, alla cultura e alla formazione. E di spezzare finalmente la catena nauseante di servilismo e di rassegnazione che trascina giù il Molise”.

Lo so, a questo punto starete già ridendo amaramente: sogni, solo sogni di attivisti esaltati e radicali. Ma “radicale” non è una parolaccia, come ci ha ricordato il Professor Pileri del Politecnico di Milano, venuto a presentare il suo bellissimo libro Il suolo Sopra Tutto. Radicale viene dalla parola radice; indica dunque chi vuol tornare all’origine dei problemi, e non ha paura di chiamarli col loro nome, e di affrontarli.

Direi che è ora di farlo. E pian piano molti di quei sogni possono farsi carne, pietra, suolo. Realtà. Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia (don Lorenzo Milani Lettera a una professoressa).

 

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