San pardo, opportunità di sviluppo!
8 Maggio 2018
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San pardo, opportunità di sviluppo!

Il miracolo più eclatante che ogni predestinato fratello nella fede ha compiuto (in realtà i miracoli li fa solo Dio) non è una guarigione di chi soffre nel fisico, ma solitamente è la ricchezza economica che, benpensanti, costruiscono sulla figura mistica del santo. Ne abbiamo contezza appena ci troviamo nei pressi di San Giovanni Rotondo ma, ancora di più, nella, a me, tanto cara terra umbra, dove ogni decina di chilometri c’è il vissuto di un santo/a (Francesco, Chiara, Rita, Benedetto, Valentino, Ubaldo) magistralmente valorizzato sia per aspetti evangelici che, soprattutto, per aspetti turistici.

Il Molise non è terra da meno, in termini di santità; veneriamo soprattutto i nostri martiri Cosma e Damiano (Venafro), Primiano, Firmiano, Casto (Larino); cristiani che hanno dato la vita per la fede che testimoniavano! Indigeni poco valorizzati sia per l’aspetto evangelico che per l’aspetto turistico.

I larinesi nel cercare i resti mortali del santo concittadino e mortificati dall’ astuzia dei ladri di reliquie si sono improvvisati anch’essi furtaioli riportando nella terra frentana le spoglie mortali di un santo Vescovo del Peloponneso tal “Pardo”. I larinesi s’innamorano subito di questa figura a tal punto da venerarlo riproponendo il suo ingresso in paese con le dovute modifiche ed integrazioni. Tante famiglie larinesi o accasate a questa si fanno carico di essere parte attiva di una festa che si esprime nel suo splendore nei tre giorni di fine maggio (25, 26 e 27). Una festa unica nel suo genere e affascinante per la massa di popolazione che coinvolge. È proprio questo il punto sul quale vorrei fare delle riflessioni.

In tempo di elezioni tutti sono alla ricerca dell’uovo di colombo per risollevare le sorti di un paese o di una regione; pochi, invece, partono da quelle che sono le risorse esistenti. Larino ha tante risorse da cui partire per un tentativo di sviluppo, e proprio San Pardo costituisce una risorsa con la sua espressione popolare. Ricordo la confidenza di don Antonio Mastantuono che raccontava la meraviglia letta negli occhi di S.E. Georg Arcivescovo segretario del papa emerito Benedetto XVI (ospite di qualche fine maggio fa), nonché lo stesso Papa che al racconto del segretario disse “…mi piacerebbe esserci”. Pensate, circa 120 carri agricoli, finemente addobbati con stupendi fiori di carta crespa, trainati da vacche e buoi di razza marchigiana/podolica/chianina. 120 carri che rappresentano almeno 120 famiglie coinvolte, ma, di sicuro ne sono molto di più, considerando che alcune famiglie si associano per gestire al meglio gli impegni che la partecipazione richiede. Una risorsa straordinaria, mal sfruttata da ogni punto di vista: religioso e di sviluppo economico. Si, mal sfruttata anche da un punto di vista religioso poiché, con tutti gli sforzi dei parroci che si susseguono, mai nessuno ha valorizzato l’evento come esso meriterebbe.

Certo, bisognerebbe avere risorse che non si hanno ma quanto sarebbe emozionante cantare all’unisono, per tutto il corteo processionale, le strofe dell’Inno a San Pardo e che ricaduta evangelizzante avrebbe sui fedeli e sull’immagine della festa? Per cogliere questo obiettivo basterebbe, per modo di dire, amplificare tutto il percorso processionale. Il sacerdote, ospite del carro n. 1 o n. 2 a seconda della circostanza della processione, che va a cadenzare i momenti di preghiera comunitaria (che sia il rosario oppure i canti); ecco che il corteo assume una testimonianza di fede e non una semplice sfilata di carri.

Dal punto di vista economico è sufficiente creare un sito a ridosso del centro storico dove si struttura un museo/rimessaggio di tutti i carri che resterebbero addobbati fino al mese di maggio successivo per essere ammirati da gruppi di turisti che dovrebbero essere dirottati su Larino da una seria politica di offerta turistica (e Larino e dintorni hanno tanto da offrire). Non solo mostra ma, nello stesso stabile, si potrebbero strutturare dei laboratori, sia per la manutenzione ordinaria, che per quella straordinaria dei carri e sia laboratori dove fare corsi di formazione per la realizzazione dei fiori di carta crespa. Inoltre, si potrebbe ipotizzare una sala dove proiettare una serie di filmati di promozione della festa con momenti dedicati alla doma, alla realizzazione dei fiori, alla vestizione dei carri e ai momenti più significativi della processione nei tre giorni. Insomma una struttura polifunzionale che darebbe lustro alla festa, e darebbe lavoro ad artigiani che, nei ritagli di tempo, potrebbero anche realizzare piccoli carretti da vendere come souvenir della festa.

Come dare concretezza all’idea: fare il progetto e contestualmente effettuare una ricerca per trovare fondi europei per realizzare l’opera con la partnership della diocesi che di sicuro consentirebbe al progetto di avere una priorità alta nella valutazione di chi deve finanziare. Ecco questo è un piccolissimo esempio di come pensare allo sviluppo di un territorio rispetto a ciò che il territorio stesso offre. Nulla di trascendentale ma, tutto, funzionale per ripartire, sia da un punto di vista religioso e sia da un punto di vista sociale.☺

 

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