“È una giovane ucraina Halina, laureata in ingegneria, considerata nel suo Paese brillante ed intelligente; aspetta un figlio da un italiano, la cui famiglia la umilia in continuazione. Il parto è imminente, ma lei non potrà tornare nella casa dove hanno convissuto. Lui non vuole riconoscere il bimbo; la ragazza è molto provata e triste, non si sente di tornare in Patria. La famiglia, che non è poi così povera, è all’oscuro della gravidanza: è un’umiliazione che la ragazza non sopporterebbe”.
“Abbandonata dal compagno, inaffidabile e manesco, Tatiana torna a lavorare a pochi giorni dal parto per non perdere il lavoro. Tatiana è gravemente malata, a causa dello sforzo ha un preinfarto presso la nostra sede”.
“Una bella giovane giamaicana di nazionalità inglese incinta di un italiano. Ha il cellulare pieno di sms, il padre del bambino la chiama “sporca negra, scimmia approfittatrice”… Poi c’è il filone delle donne incinte di italiani ed abbandonate che ci confidano la cosa in gran segreto. Non vogliono tentare il riconoscimento giudiziario e del DNA perché non informate in modo adeguato, intimidite, a volte minacciate.
Sono solo alcune delle storie con cui lo Sportello Salvamamme si confronta ogni giorno, centinaia di mamme, di donne, ognuna con la sua tragedia, ognuna con il suo dolore. Arrivano nelle nostre città senza un lavoro, senza conoscere la nostra lingua, senza denaro, senza un punto d’appoggio, anime semplici che non di rado finiscono per appoggiarsi ad un connazionale che bene o male assicura il minimo per la sopravvivenza, anche se non di rado l’uomo che dà una mano è un nostro connazionale, privo di scrupoli.
La donna si trova esposta ai problemi della sopravvivenza e alla solitudine ed è portata ad affidarsi completamente a un amore, e appena un uomo si dice innamorato lei è pronta a cedere. Fila tutto più o meno liscio fino alla gravidanza e all’abbandono successivo: la ragazza si trova allora sola e con il bimbo in braccio, di norma in regola solo per 6 mesi (tale è la durata del permesso di soggiorno per maternità) e con una situazione che precipita con immediatezza. In genere non ha casa, vive in camere presso connazionali, l’uomo smette di pagare il fitto, si allontana, si rende irreperibile. Lei non ha più un luogo dove tornare. Non c’è giudice che possa stabilire che in casa rimangano madre e neonato, non c’è assegno, o trova i bagagli (se li trova) già fuori la porta, il proprietario se ne disfa al volo. La donna non può lavorare per mesi, in linea di massima non ha diritto all’asilo per il bimbo e dopo sei mesi di permesso speciale per maternità è ancora più irregolare e ancora più nei guai. Tutti i datori di lavoro promettono di riprendere a lavorare la donna dopo il parto, ma regolarmente la donna non ritrova il lavoro: nessuno vuole una ragazza che spesso rischia di arrivare in ritardo o saltare la giornata a causa dei disturbi legati all’infanzia o che si porta dietro un figlio. La famiglia, che ha investito tutto su di lei è spesso completamente all’oscuro della situazione: la ragazza è devastata da quella che sarà la reazione dei parenti. Inizia un periodo terribile che noi dell’Associazione ben conosciamo. Queste mamme non hanno da mangiare, e neanche da nutrire il bimbo. Si comprendono allora il panico, la disperazione, le ferite affettive di donne che per non perdere il lavoro celano a lungo la gravidanza. Parlare di difficoltà, sia pur gravi, è un banale eufemismo: sono tragedie senza limite, condizioni di disperazione estrema, nelle quali tutto è possibile. Se si comprende il panico e la successiva perdita di controllo della situazione, si comprende anche quante ragazze siano a rischio di infanticidio. ☺
morenavaccaro2@virgilio.it
“È una giovane ucraina Halina, laureata in ingegneria, considerata nel suo Paese brillante ed intelligente; aspetta un figlio da un italiano, la cui famiglia la umilia in continuazione. Il parto è imminente, ma lei non potrà tornare nella casa dove hanno convissuto. Lui non vuole riconoscere il bimbo; la ragazza è molto provata e triste, non si sente di tornare in Patria. La famiglia, che non è poi così povera, è all’oscuro della gravidanza: è un’umiliazione che la ragazza non sopporterebbe”.
“Abbandonata dal compagno, inaffidabile e manesco, Tatiana torna a lavorare a pochi giorni dal parto per non perdere il lavoro. Tatiana è gravemente malata, a causa dello sforzo ha un preinfarto presso la nostra sede”.
“Una bella giovane giamaicana di nazionalità inglese incinta di un italiano. Ha il cellulare pieno di sms, il padre del bambino la chiama “sporca negra, scimmia approfittatrice”… Poi c’è il filone delle donne incinte di italiani ed abbandonate che ci confidano la cosa in gran segreto. Non vogliono tentare il riconoscimento giudiziario e del DNA perché non informate in modo adeguato, intimidite, a volte minacciate.
Sono solo alcune delle storie con cui lo Sportello Salvamamme si confronta ogni giorno, centinaia di mamme, di donne, ognuna con la sua tragedia, ognuna con il suo dolore. Arrivano nelle nostre città senza un lavoro, senza conoscere la nostra lingua, senza denaro, senza un punto d’appoggio, anime semplici che non di rado finiscono per appoggiarsi ad un connazionale che bene o male assicura il minimo per la sopravvivenza, anche se non di rado l’uomo che dà una mano è un nostro connazionale, privo di scrupoli.
La donna si trova esposta ai problemi della sopravvivenza e alla solitudine ed è portata ad affidarsi completamente a un amore, e appena un uomo si dice innamorato lei è pronta a cedere. Fila tutto più o meno liscio fino alla gravidanza e all’abbandono successivo: la ragazza si trova allora sola e con il bimbo in braccio, di norma in regola solo per 6 mesi (tale è la durata del permesso di soggiorno per maternità) e con una situazione che precipita con immediatezza. In genere non ha casa, vive in camere presso connazionali, l’uomo smette di pagare il fitto, si allontana, si rende irreperibile. Lei non ha più un luogo dove tornare. Non c’è giudice che possa stabilire che in casa rimangano madre e neonato, non c’è assegno, o trova i bagagli (se li trova) già fuori la porta, il proprietario se ne disfa al volo. La donna non può lavorare per mesi, in linea di massima non ha diritto all’asilo per il bimbo e dopo sei mesi di permesso speciale per maternità è ancora più irregolare e ancora più nei guai. Tutti i datori di lavoro promettono di riprendere a lavorare la donna dopo il parto, ma regolarmente la donna non ritrova il lavoro: nessuno vuole una ragazza che spesso rischia di arrivare in ritardo o saltare la giornata a causa dei disturbi legati all’infanzia o che si porta dietro un figlio. La famiglia, che ha investito tutto su di lei è spesso completamente all’oscuro della situazione: la ragazza è devastata da quella che sarà la reazione dei parenti. Inizia un periodo terribile che noi dell’Associazione ben conosciamo. Queste mamme non hanno da mangiare, e neanche da nutrire il bimbo. Si comprendono allora il panico, la disperazione, le ferite affettive di donne che per non perdere il lavoro celano a lungo la gravidanza. Parlare di difficoltà, sia pur gravi, è un banale eufemismo: sono tragedie senza limite, condizioni di disperazione estrema, nelle quali tutto è possibile. Se si comprende il panico e la successiva perdita di controllo della situazione, si comprende anche quante ragazze siano a rischio di infanticidio. ☺
“È una giovane ucraina Halina, laureata in ingegneria, considerata nel suo Paese brillante ed intelligente; aspetta un figlio da un italiano, la cui famiglia la umilia in continuazione. Il parto è imminente, ma lei non potrà tornare nella casa dove hanno convissuto. Lui non vuole riconoscere il bimbo; la ragazza è molto provata e triste, non si sente di tornare in Patria. La famiglia, che non è poi così povera, è all’oscuro della gravidanza: è un’umiliazione che la ragazza non sopporterebbe”.
“Abbandonata dal compagno, inaffidabile e manesco, Tatiana torna a lavorare a pochi giorni dal parto per non perdere il lavoro. Tatiana è gravemente malata, a causa dello sforzo ha un preinfarto presso la nostra sede”.
“Una bella giovane giamaicana di nazionalità inglese incinta di un italiano. Ha il cellulare pieno di sms, il padre del bambino la chiama “sporca negra, scimmia approfittatrice”… Poi c’è il filone delle donne incinte di italiani ed abbandonate che ci confidano la cosa in gran segreto. Non vogliono tentare il riconoscimento giudiziario e del DNA perché non informate in modo adeguato, intimidite, a volte minacciate.
Sono solo alcune delle storie con cui lo Sportello Salvamamme si confronta ogni giorno, centinaia di mamme, di donne, ognuna con la sua tragedia, ognuna con il suo dolore. Arrivano nelle nostre città senza un lavoro, senza conoscere la nostra lingua, senza denaro, senza un punto d’appoggio, anime semplici che non di rado finiscono per appoggiarsi ad un connazionale che bene o male assicura il minimo per la sopravvivenza, anche se non di rado l’uomo che dà una mano è un nostro connazionale, privo di scrupoli.
La donna si trova esposta ai problemi della sopravvivenza e alla solitudine ed è portata ad affidarsi completamente a un amore, e appena un uomo si dice innamorato lei è pronta a cedere. Fila tutto più o meno liscio fino alla gravidanza e all’abbandono successivo: la ragazza si trova allora sola e con il bimbo in braccio, di norma in regola solo per 6 mesi (tale è la durata del permesso di soggiorno per maternità) e con una situazione che precipita con immediatezza. In genere non ha casa, vive in camere presso connazionali, l’uomo smette di pagare il fitto, si allontana, si rende irreperibile. Lei non ha più un luogo dove tornare. Non c’è giudice che possa stabilire che in casa rimangano madre e neonato, non c’è assegno, o trova i bagagli (se li trova) già fuori la porta, il proprietario se ne disfa al volo. La donna non può lavorare per mesi, in linea di massima non ha diritto all’asilo per il bimbo e dopo sei mesi di permesso speciale per maternità è ancora più irregolare e ancora più nei guai. Tutti i datori di lavoro promettono di riprendere a lavorare la donna dopo il parto, ma regolarmente la donna non ritrova il lavoro: nessuno vuole una ragazza che spesso rischia di arrivare in ritardo o saltare la giornata a causa dei disturbi legati all’infanzia o che si porta dietro un figlio. La famiglia, che ha investito tutto su di lei è spesso completamente all’oscuro della situazione: la ragazza è devastata da quella che sarà la reazione dei parenti. Inizia un periodo terribile che noi dell’Associazione ben conosciamo. Queste mamme non hanno da mangiare, e neanche da nutrire il bimbo. Si comprendono allora il panico, la disperazione, le ferite affettive di donne che per non perdere il lavoro celano a lungo la gravidanza. Parlare di difficoltà, sia pur gravi, è un banale eufemismo: sono tragedie senza limite, condizioni di disperazione estrema, nelle quali tutto è possibile. Se si comprende il panico e la successiva perdita di controllo della situazione, si comprende anche quante ragazze siano a rischio di infanticidio. ☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.