stampa asservita
31 Maggio 2010 Share

stampa asservita

 

Il Paese attraversa una crisi spaventosa, con famiglie allo stremo. Lo stato di disagio e di difficoltà aumenta giorno per giorno. Ma tutto questo sembra non interessare chi governa, preso da troppi affari e interessi. Gli unici argomenti che riguardano il Presidente del Consiglio sono i giudici e la stampa. Secondo lui i giudici sono toghe rosse da zittire e la stampa ha troppa libertà.

Mi soffermo proprio su questo ultimo aspetto: con un provvedimento killer, sottaciuto dai grandi media e dalle televisioni asservite al padrone, si è messa in discussione la sopravvivenza di diverse testate libere, soprattutto cattoliche. Il Paese verso un pensiero unico, che piace tanto a Berlusconi, non è poi tanto lontano dalla realtà: si sta riducendo lo spazio del libero dibattito sul bene comune e sulle famiglie, la diversità di opinione è un fastidio da estirpare. La libertà di espressione resta solo un diritto Costituzionale.

Subito dopo le elezioni regionali è stato approvato un decreto ministeriale che ha soppresso le agevolazioni postali per l’editoria e le organizzazioni governative no profit. Con questo provvedimento passato in sordina e senza troppi clamori il premier ha eliminato o ridotto  alla fonte la stampa libera che non ha piegato il capo ed ha  provato a tenere alto il livello del dibattito e della critica. Il presidente delle ACLI ha affermato che non si sa se il decreto sia frutto di una disattenzione o di un perverso disegno politico. Ma la sostanza non cambia: siamo verso il pensiero unico, con buona  pace per la democrazia evoluta.

La fotografia sul piano regionale è ancora più grave e compromessa: chi si permette minimamente di respirare è tagliato fuori. Dopo l’asservimento di alcune testate televisive, una in particolare che  difende a video aperto “re Michele”, e non solo per evidenti questioni economiche, ma anche per interessi di famiglia, sono state inserite a busta paga altre testate giornalistiche. Prendo ad esempio quanto è successo al Vescovo di Campobasso, non ad uno qualsiasi.

Padre GianCarlo si è permesso di mandare una lettera alla città in occasione della festività di san Giorgio per invitare la cittadinanza a tenere alta l’attenzione e l’impegno per evitare altre morti per droga. Ha ribadito un concetto già espresso il Venerdì santo: gli amministratori devono lavorare per il bene comune e quindi in favore delle gente, evitando ogni tipo di speculazione soprattutto quella edilizia. Tutti sanno che a Campobasso il problema droga esiste ed è dilagante, ma, per i potentati del posto, non è opportuno parlarne. Per dare un messaggio chiaro al Vescovo, che non aveva “capito” quello fattogli arrivare da un fantomatico giornalista che lo aveva invitato a non interessarsi di politica, è intervenuto il Sindaco di Campobasso, personaggio politico buono per tutte le stagioni e per tutti i partiti, e poi la coorte reale dei giornalisti che hanno sposato la tesi del sindaco, facendo passare padre GianCarlo quasi per un visionario o per uno che non conosce le problematiche della città.

Oggi in Italia e nel Molise, in particolare, esprimersi liberamente non è più possibile. Sei schedato e messo all’indice. Diventi un isolato, sei indicato come appestato e lasciato solo, nel silenzio e nell’indifferenza dell’opinione pubblica., e aggiungo anche della Chiesa, che ha lasciato attaccare ed isolare il proprio vescovo, per difendere i piccoli o grandi interessi che ha con questa classe politica.

Neanche la voragine del debito nella sanità fa riaprire gli occhi. ☺

riformista85@libero.it

 

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