Superlega geopolitica
2 Giugno 2021
laFonteTV (3191 articles)
Share

Superlega geopolitica

Agli addetti ai lavori è sembrato un fatto esclusivamente sportivo. Questioni di principio, di opinione, di morale e di lealtà sportiva repentinamente entrate al centro dei dibattiti. Il caso citato è quello del naufragato progetto della Superlega, fallito nel giro di poche ore, grazie al fronte comune di istituzioni sportive europee e Leghe calcio nazionali, ma anche alla sollevazione di un’opinione pubblica improvvisamente divenuta ‘morale’. Non ultimo, il ruolo della stampa, mai unita come in questo caso in una campagna demagogica e distruttiva di un programma minato già alle fondamenta.

Poste queste basi, ad un’analisi più attenta appare difficile non immaginare una stampa prezzolata al soldo delle istituzioni sportive con la volontà di demonizzare un progetto ovviamente nefasto sia per immagine che per ritorno economico delle Leghe nazionali. Chiaramente, non vi sarebbe stato nulla di così terribile come paventato per giorni sulle pagine dei quotidiani, tutti allineati contro il mostro Superlega, se non di una fisiologica evoluzione del modello sportivo, come già avvenuto e con successo in altri sport, dove le trasformazioni accadono grazie ai minori interessi economici, solo per citare il caso del basket (Eurolega), ma lo stesso dicasi per pallavolo (Superlega) e rugby (Celtic League). L’elenco potrebbe proseguire. Nulla di così immorale quindi, diversamente da ciò che abbiamo letto. Fortunatamente per i detrattori del progetto, tutto è rientrato, con il duopolio Lega Calcio/Piattaforme televisive che potranno continuare il fortunato sodalizio a suon di diritti tv in cambio di moneta sonante con tanto di orari spezzatino delle partite. Con buona pace, stavolta sì, degli organi di informazione.

Al di là di queste considerazioni, in questa vicenda hanno fatto notizia anche le contraddittorie proteste dei tifosi delle squadre aderenti al progetto, sventolanti fieri il vessillo del “No al calcio dei ricchi”.  Il paradosso di tutta questa vicenda sta nel fatto che i tifosi scesi in piazza contro il feticcio del calcio moderno è lo stesso feticcio che li ha proiettati nelle alte sfere, senza le cui proprietà plenipotenziarie, fatte di oligarchi dell’Est, multinazionali a stelle e strisce affastellate in società a scatole cinesi con capitali di oscura provenienza, i moderni Chelsea, Manchester United e City, Liverpool, Milan, Inter, Juventus, e così via, non avrebbero riportato i risultati attuali.

Il Chelsea di Roman Abramovich, ad esempio: un oligarca proveniente dalla lontana Russia, il quale ha costruito la sua improvvisa fortuna con l’acquisto del gruppo petrolifero Sibneft grazie a corruzione ed atti criminali, forte di un patrimonio di 13,8 miliardi di dollari. Oppure il Manchester United controllato dalla famiglia Glazer, immobiliaristi a capo della First Allied Corporation, una holding che possiede e affitta centri commerciali negli Stati Uniti. Ed ancora sempre a Manchester, i cugini del City, dove nel 2008 sbarcano gli emiri di Abu Dhabi nella figura di Khaldun Al-Mubarak, il quale attraverso la sua azienda compra il club, ormai in fallimento, dopo le cause giuridiche dell’ex presidente Thaksin Shinawatra, per 210 milioni di sterline e lo rende, negli anni, uno dei più ricchi al mondo, attraverso trasfusioni di petroldollari. Sempre restando nel Regno Unito, spostandosi più a Nord, sulle rive della Mersey, anche il Liverpool è appannaggio di un magnate americano, John William Henry, socio di riferimento della Fenway Sports Group, una società di Boston, a cui fa capo, oltre al Liverpool, anche il team di baseball dei Boston Red Sox.

E nel nostro paese? Anche in questo caso ci viene in supporto la geopolitica, che vede l’Inter appannaggio della Cina, con la Suning Commerce Group, una società ad azionariato diffuso che opera nel settore della vendita al dettaglio di elettrodomestici e prodotti elettronici. Sull’altra sponda del Naviglio, i rossoneri del Milan sono invece targati Usa, in quanto acquisiti dal Fondo Elliott, una società statunitense di gestione degli investimenti fondata nel 1977 a New York da Paul Elliott Singer, considerato il più grande fondo di investimento al mondo. Anche la Torino bianconera è figlia dell’alta finanza, ma stavolta il viaggio ci porta in Europa, nei Paesi Bassi per la precisione, dove ha sede la Exor, la holding finanziaria controllata dalla famiglia Agnelli: un istituto finanziario industriale che controllava la Perrier e che precedentemente realizzava investimenti con orizzonte di lungo termine prevalentemente in Europa e negli Stati Uniti. Concludendo l’ampia panoramica con la Spagna, se il Real Madrid di Florentino Perez può dirsi autarchico, in quanto spagnolo a tutti gli effetti, mentre il Barcellona ha una lunga storia di azionariato popolare, che sfugge ad ogni catalogazione e che meriterebbe una menzione a parte, meritocratica ovviamente, l’ultima storia geopolitica ci porta sempre a Madrid, stavolta fronte Atletico. Forse la società più ambigua per anni, controllata oggi al 66% da proprietari spagnoli, dal 32% da un controverso filantropo di Israele, dal 2% da un colosso cinese e che fino a qualche anno fa aveva un rapporto di sponsorizzazione che campeggiava sulle magliette: Land Of Fire, con cui il governo dell’Azerbaijan promuoveva l’immagine del paese all’estero, nonostante la disastrosa situazione dei diritti umani e delle libertà nel paese caucasico.

La fine di questa lunga carrellata, che ha portato a braccetto calcio e geopolitica, si conclude con una semplice considerazione: il Calcio, quello vero, quello che appartiene ai tifosi, invocato a gran voce da quanti hanno remato contro questo progetto europeo, non sarebbe finito certo ad opera della Superlega. Sono anni che non c’è più. Quelle proteste dei tifosi, quell’alzata di scudi della stampa, quel moralismo nato improvvisamente, forse sarebbe stato più coerente quando le società sono passate di mano dagli imprenditori locali alle multinazionali, anni fa. Evidentemente però, anche la protesta ad hoc è semplicemente l’evoluzione naturale di un sistema, quello economico, che ha fagocitato questo sport ed i suoi tifosi.☺

 

laFonteTV

laFonteTV