TERRA E COLLE Inserto di Colletorto a lafonte marzo 2010 | La Fonte TV
TERRA E COLLE
INSERTO DI COLLETORTO
ANNO Terzo Quaderno n° 18 chiuso il 19/02/2010 E-mail terraecolle@gmail.com
Che tempo che fa
Poche, sempre meno le possibilità di evasione in un piccolo paesello. Vivere in un piccolo paese vuol dire, specie per i giovani, rinunciare a tante opportunità per realizzarsi socialmente e divertirsi come milioni di loro coetanei. Poche e spesso improbabili le contropartite. Quelli che per i più attempati possono essere buoni motivi per continuare a vivere lontani dai grossi centri, per i giovani sono motivi spesso incomprensibili o, nella migliore delle ipotesi, poco validi. Rimangono pochi appuntamenti annuali di divertimento ed evasione, primo tra tutti la gioia e la trasgressione del carnevale. Encomiabile l’impegno di qualche amministratore e della Pro Loco che hanno voluto a tutti i costi rilanciare questo appuntamento annuale scomparso lo scorso anno. Tutto bene. Non si comprendono ad oggi le opportunità che il “gemellaggio” con un paesino della Francia possano dare alla comunità, né le affinità che ci legano a quella popolazione. Si aspetta fiduciosi, certi che lo sforzo di diversi amministratori non lasci la comunità nell’indifferenza totale. Così come incomprensibile è lo scarso coinvolgimento dei cittadini alla vita amministrativa. Latitano riunioni, convegni e pubblici dibattiti sulle scelte politiche dell’Amministrazione Comunale che riguardano il futuro di tutti noi. Secondo indiscrezioni la costruzione della nuova scuola prevede un muro di contenimento alto più di dieci metri. Visto che tutto il Molise è interessato da movimenti franosi e constatato che la nostra zona è anche peggio, non sarebbe il caso, finchè si è ancora in tempo, di ripensarci? È una scuola, ci andranno i nostri figli! Abbiamo posto delle domande sulle tariffe dei nuovi contratti per le connessioni ad internet, non abbiamo avuto al momento risposte, né pubbliche né private. Rilanciamo la questione da un altro punto di vista: chiunque fosse intestatario di un contratto meno vantaggioso di quello offerto dal Comune e dalla società E-CROM ci faccia sapere, servirà a non farci pensare di essere stati presi per i fondelli.
Antonio Cipollone
Improbabili equilibri
Nel 1935, Piero Calamandrei, grande avvocato ed insigne giurista, raccoglieva in un volume unico nel suo genere, "Elogio dei Giudici scritto da un Avvocato", tutte le lodi e tutte le bassezze del sistema giudiziario italiano.
L'opera sottile del Calamendrei, coraggiosa ed ardua per il particolare periodo storico, traccia già allora il malessere del sistema ed incredibilmente risulta di grande attualità come se nulla fosse accaduto, come se i decenni fossero stati minuti, anzi secondi.
Ecco allora, nell'ottica di dimostrarvi che nulla è cambiato, che le leggi ad personam sono sempre esistite, che il processo breve è stato sempre un miraggio, che il sistema giudiziario italiano era sovraccarico già ottanta anni fa e che l'errore giudiziario non è una variabile ma una costante del meccanismo, vorrei dedicare i prossimi scritti alla trascrizione ed la commento di alcuni brani del testo del grande giurista.
SULL'ERRORE
"Si fa un gran parlare di certi clamorosi casi di errori giudiziari, scoperti dopo venti o trenta anni, quando il vero colpevole ha confessato in punto di morte il suo delitto. L'opinione pubblica se ne commuove: come fanno i magistrati a non sentirsi turbati dall'idea che casi simili siano possibili e che per colpa loro creature innocenti languiscano in prigione per tutta la vita?
Risponde un magistrato, vicino ai limiti di età (non racconto una facezia: è un discorso che è stato fatto sul serio):
può darsi, se si fa un calcolo di probabilità, che una metà delle sentenze siano ingiuste e che di conseguenza una metà di condannati che sono in prigione siano innocenti;
ma per la stessa ragione una metà degli assolti che sono in libertà erano in realtà colpevoli e dovrebbero essere in prigione.
Non bisogna commuoversi sul caso singolo: bisogna guardare il fenomeno dell'errore giudiziario nei grandi numeri, e allora si vede che, secondo la statistica, c'è compensazione fra gli errori in senso opposto.
Così la bilancia della giustizia è in equilibrio e noi giudici possiamo dormire tranquilli.
Brano tratto da "Elogio dei giudici scritto da un avvocato" Le Monnier 1935 -Piero Calamandrei-
Sul sonno dei giudici vi dirò un'altra volta; sull'errore lascio ai lettori le dovute riflessioni.
Nicola Barone
Libero mercato e masse di disperati
Il 2010 è iniziato già da qualche settimana ma vorrei comunque fare gli auguri a tutti i detrattori del settore agricolo, precipuamente a quelli che ritengono che per gli altri settori economici , i contributi comunitari e statali siano incentivi allo sviluppo, mentre per il settore agricolo sono meramente dei sussidi.
Ma ché, forse l’agricoltura non produce ricchezza al pari di altri settori? Non esiste al vero un enorme indotto, (tecnologia, chimica, meccanica, trasporto) che a causa della crisi che l’agricoltura attraversa si trovano in grave difficoltà?
Sì la crisi, che in molti pensavano fosse ormai alle spalle ma che invece sta mettendo in forse la stessa sopravvivenza delle nostre aziende agricole. Una crisi venuta da lontano, frutto di una politica aberrante che ha prediletto un’economia finanziaria ad un’economia reale. Una politica fautrice del libero scambio voluta dai geni della finanza con le banconote al posto degli occhi, che ha portato il mondo al disastro finanziario del 2008. Ancora ci viene ripetuto che è anacronistico parlare di protezionismo, perché i così detti geni della finanza devono render conto agli azionisti delle multinazionali del cibo.
Così è avvenuto ed avviene che per favorire un’economia globalizzata si è permesso a multinazionali e banche, con la complicità di amministratori pubblici, di creare il mercato dei “ricchi”. È un dato di fatto che grosse aziende, addirittura governi, abbiano avviato una campagna di acquisto di terre coltivabili in ogni parte del mondo, a tutto danno degli agricoltori locali, favorendo in questo modo l’emigrazione di masse di disperati.
I contadini vengono espulsi dalle loro terre in nome del libero scambio, per produrre derrate alimentari di origine quasi esclusivamente OGM destinate ai mercati dei “ricchi”.
Sulla scia di questa colonizzazione finanziaria sta avvenendo, anche da noi in Europa, che le multinazionali biotech stiano facendo pressing sui nostri governanti europei per la legalizzazione delle coltivazioni OGM. Occultando il fatto che in oltre 15 anni, detti OGM non hanno recato alcuna caratteristica migliorativa per alcuno di noi. Hanno invece consentito in ogni parte del mondo, dove il loro uso è stato avallato da governi compiacenti, il pagamento da parte degli agricoltori dei diritti di brevetto alle multinazionali biotech, ad ogni risemina di dette sementi OGM.
Queste lobby finanziarie e politiche hanno consentito che i popoli più poveri fossero espropriati della sovranità alimentare e che si andasse verso la privatizzazione di un bene comune ancora più prezioso dell’acqua, o almeno quanto l’acqua, che è la materia vivente del pianeta. Il tutto per concedere a questi pochi, di prendere il controllo del mondo intero, della produzione e della commercializzazione della merce più importante per tutti noi: il cibo. Di conseguenza alla progressiva liberalizzazione dei mercati e abolizione dei dazi voluta per aiutare i poveri, si è generato l’effetto opposto dell’emigrazione, in quanto i contadini vengono espulsi dalla terra dalle grandi compagnie export oriented.
Questo ci insegna che la povertà e la fame si combattono distribuendo diversamente la ricchezza, sviluppando le economie locali, non i grandi scambi internazionali . Anzi più si estendono le grandi colture orientate al mercato internazionale, più la povertà è destinata ad aumentare e con essa l’emigrazione, il consumo di energia e la produzione di CO2. I detrattori del settore agricolo si scandalizzano quando l’agricoltore o contadino europeo, o del sud del mondo, pretende con diritto un profitto, convinti che egli abbia fatto voti francescani alla povertà.
L’agricoltore non ha forse diritto a un adeguato reddito per il lavoro che svolge, garantendo ai consumatori prodotti sani e difendendo nel contempo il territorio e l’economia di prossimità?
Da più parti si va levando la voce di ridare redditività al mondo agricolo,vedi organizzazioni come Slow Food , No-Global e ora anche di alcuni ministri europei come quello all’agricoltura tedesca, Ilse Aigner, di chiedere più sovvenzioni all’ UE per gli agricoltori dopo il 2013, proposta che ha incontrato una forte opposizione da parte dei politici liberali.
Quindi si spera che detta lungimiranza di vedute espressa da queste organizzazioni e ministri venga fatta propria da sindacati di molte altre nazioni europee, così da porre in piedi una futura politica agricola volta a salvaguardare la dignità e il reddito degli agricoltori e con essa le economie locali.
Pino Di Palma
Patrimonio urbanistico
Un appello ai comuni ed enti affinché con i loro poteri e competenze possano interferire e limitare le disastrose previsioni del piano casa, voluto dal governo che in questi giorni è stato approvato dalla Regione e dovrà essere adottato dai singoli comuni, esclusivamente per fare cassa e aumentare i profitti dei signori del cemento, mortificando ulteriormente il patrimonio urbanistico.
Patrimonio che andrebbe tutelato mediante una pianificazione seria, onesta e trasparente.
Si può cominciare dai piccoli centri fino alle grandi città a mettere mano e prevedere aree verdi, iniziare a bocciare e bloccare le lottizzazioni selvagge, coniugare sviluppo turistico e difesa dell’ambiente, messa in sicurezza delle strutture esistenti (scuole, edifici pubblici ecc.) recupero del patrimonio edilizio storico abbandonato.
Già oggi grazie a organizzazioni, associazioni locali e anche Amministrazioni virtuose si comincia ad assistere ad una inversione di tendenza, basta girare un po’ per quell’Italia fatta di paesi, borghi, ma anche città, e non c’entra il colore politico, che hanno imposto nuove regole riducendo il consumo del suolo, le domande di nuovi alloggi avviene con il recupero di edifici esistenti, di centri storici, casali e incentivando la nascita di attività turistiche, ricreative, commerciali e agriturismo.
Veniamo da due eventi sismici del 2002 di San Giuliano di Puglia e del 2009 de L’Aquila, cosa hanno insegnato? Perché continuare a incentivare nuove costruzioni? C’è ne sono abbastanza ed in esubero. Allora perché non intervenire e/o incentivare adeguamenti statici, antisismici e recuperi di edifici e strutture esistenti e non piangere più morti? Anche cosi si può garantire la ripresa economica, lo sviluppo dell’edilizia, evitare nuove colate di cemento e recuperare spazi per avere più verde e vivibilità e soprattutto sicurezza. Gaetano Palma
Carnevale
Carnevale. Etimologicamente dal latino “carnem levare”, espressione con cui nel medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne nel periodo quaresimale fino alla Pasqua, è di origini ben più lontane. Già nell’antica Grecia in coincidenza dell’inizio del nuovo anno agricolo troviamo riti in onore del dio Dionisio, dio del vino, ma le origini del nostro carnevale vanno ricercate nel periodo romano dove le diverse feste in onore degli dei si svolgevano lungo le strade e prevedevano l’uso di maschere. I Baccanali, in onore di Bacco, tra fiumi di vino e manifestazioni danzanti; i Saturnali, in onore di Saturno per propiziare un raccolto copioso; i Lupercali, feste della fecondità in ricordo della lupa che allattò Romolo e Remo.
Con il cristianesimo questi riti persero il carattere magico-rituale e rimasero come forma di divertimento popolare. Nel Medioevo e ancor più nel Rinascimento si diffuse in tutta l’Europa l’uso di fare grandi e festosi cortei mascherati che percorrevano le vie delle città; l’uso del travestimento permetteva di burlarsi di figure gerarchiche e di esaltare vizi e debolezze umane. Allora come oggi è considerata la festa dell’allegria per eccellenza, caratterizzata da colori, musiche, danze, schiamazzi e tanta fantasia. Festa che nel nostro piccolo paese, dopo anni di splendore, purtroppo era venuta a mancare.
Colpa della forte crisi economica, dell’evento disastroso che ci ha colpiti e che non ha portato la rinascita che tutti speravamo, dell’assenteismo di istituzioni nazionali e locali ma anche della mancanza di volontà di noi cittadini, troppo abituati a sussurrare e a gridare a gran voce il nostro dissenso e ancor meno a rimboccarci le maniche per cercare di rendere il nostro paese più vivibile. Ma quest’anno, dopo un’assenza troppo lunga, grazie all’impegno di alcuni amministratori comunali, della pro loco, di tanti giovani e genitori volenterosi, qualcosa è cambiato. Nonostante il poco tempo a disposizione sono stati allestiti tre carri allegorici, maschere e costumi, preparate danze e coreografie per rallegrare le vie cittadine, divertimento e allegria per partecipanti e spettatori.
Ma si sa, a carnevale ogni scherzo vale e il tempo ci ha fatto davvero un gran bello scherzo portando tanta pioggia e impedendo ai carri di sfilare. Tanto impegno non può che essere premiato, non solo ringraziando chi si è rimboccato le maniche per rivitalizzare la nostra piccola comunità morente ma soprattutto dando loro la possibilità di sfilare anche se in tempo di quaresima. Purtroppo i tempi editoriali di questo nostro piccolo mensile non ci permettono di raccontare meglio e con contributi fotografici questo evento. L’importante era ripartire, ricominciare a divertirsi, scendere nelle strade e non chiudersi in casa. Obiettivo raggiunto.
Carmela Barbieri
Libero mercato
A Natale si sa, siamo tutti più buoni. Convegni, dibattiti e prediche hanno sancito il bisogno di un Capitale con più etica, nonché, per le purpuree coscienze animate da religiosità, di una più generosa carità cristiana. Siamo divorati da sensi di colpa per la nostra avidità di risorse, per tutto ciò che riusciamo a consumare ed inquinare, oppure siamo stati di colpo folgorati sulla via di Damasco?
Abbiamo colonizzato il mondo, imposto il nostro sistema di sviluppo, produrre sempre di più per consumare sempre di più, pensando che le risorse del nostro pianeta siano illimitate. Abbiamo preso tutto ciò che fosse possibile sfruttare, sottraendo vegetali, minerali e animali a chiunque fosse l’indigeno abitante di quelle terre. Abbiamo avuto persino la presunzione di credere che il nostro dio e la nostra religione fossero le migliori disponibili sul mercato della fede.
Abbiamo fatto guerra e invaso chiunque avesse un modo diverso dal nostro di credere, vivere, morire.
Abbiamo pensato per cent’anni che il nostro fosse il migliore dei mondi possibili, pensando bene di imporlo, anche con la forza, a tutti. Ci siamo arrogati la facoltà di imporre con la forza persino la “democrazia” a popoli che vivono da millenni rispettando in modo ferreo le regole della loro religione e le leggi tribali quasi mai scritte. Dunque non solo non sanno cosa sia la democrazia, ma neanche cosa farsene.
Abbiamo eletto la Borsa a padrona del mondo, con potere di vita o di morte su miliardi di persone. Abbiamo imposto il libero mercato non solo a merci e capitali, soprattutto a persone, mercificando anche le loro vite. Il libero mercato che permette al Capitale di produrre laddove le braccia sono a costo quasi zero e vendere le merci nei mercati più ricchi.
A chi è servita la libera circolazione di merci e capitali? Cosa ha portato di buono a miliardi di persone?
In Italia, specie nel settore privato, con diverse leggi sia di destra che di sinistra, è stata resa precaria più del lavoro la vita di milioni di lavoratori. In nome della concorrenza e del libero mercato milioni di persone non hanno più la certezza di un lavoro stabile e ben retribuito. Il potere di acquisto dei salari è diminuito di oltre il 30% negli ultimi 10 anni e sono praticamente scomparse le famiglie monoreddito. Nel mondo milioni di lavoratori, anche bambini, lavorano 15 ore al giorno per una scodella di riso e milioni di disperati migrano alla effimera ricerca del nuovo eldorado, diventando spesso gli schiavi del terzo millennio, quando non una massa di carne umana che nessuno vuole.
Di contro è aumentato come mai dal dopo guerra ad oggi il divario tra ricchi e poveri. La nuova borghesia ha un potere superiore persino all’epoca antecedente la rivoluzione francese. Migliaia di imprenditori producono all’estero in nome della competitività anche prodotti di alta moda, dunque con altissimo valore aggiunto.
In tutto ciò è evidente il fallimento totale della cosiddetta sinistra che, buttandosi a piè pari nella chimera del libero mercato ha lasciato il suo elettorato di riferimento in balia dei nuovi sultani.
A chi è servito dunque il libero mercato? Agli speculatori di Borsa, ai detentori di capitali e ai nuovi sultani, naturalmente. È servito alla “casta”, ad aumentare ancor più il suo potere e a renderlo inattaccabile. È servito ai grandi capitali che così hanno accentrato a sé ancor più immense fortune. Alle grandi aziende, diventate tutte multi e trans-nazionali, che possono così comprare forza lavoro laddove è più a buon mercato. Emblematica a tal proposito la questione FIAT, che produce in Italia il 30% di ciò che vende, alla faccia dell’italianità!
Il libero mercato, che permette di vendere in Borsa un barile di petrolio a cento euro quando il costo di estrazione è meno di uno.
Il libero mercato, in nome del quale distruggiamo migliaia di tonnellate di prodotti agricoli Italiani per poi consumare quelli provenienti da ogni parte del mondo. Qualcuno penserà: saranno migliori! No, sono peggiori e costano pure di più, oltre al costo ambientale per trasportarli a migliaia di chilometri.
E che dire della Borsa? Una su tutte, vendono dei titoli, li chiamano futures derivati, di aziende che ancora non ci sono e che le banche finanzieranno! Siamo o no nella follia collettiva?
A noi comuni mortali il miraggio del libero mercato ha donato invece la possibilità di comprare ciliegie cilene a Natale, galletti tailandesi per tre soldi, camicie cinesi per tre euro.
Con buona pace per gli “etici”, destri, sinistri e chierici mossi da carità cristiana.
Antonio Cipollone
TERRA E COLLE
INSERTO DI COLLETORTO
ANNO Terzo Quaderno n° 18 chiuso il 19/02/2010 E-mail terraecolle@gmail.com
Che tempo che fa
Poche, sempre meno le possibilità di evasione in un piccolo paesello. Vivere in un piccolo paese vuol dire, specie per i giovani, rinunciare a tante opportunità per realizzarsi socialmente e divertirsi come milioni di loro coetanei. Poche e spesso improbabili le contropartite. Quelli che per i più attempati possono essere buoni motivi per continuare a vivere lontani dai grossi centri, per i giovani sono motivi spesso incomprensibili o, nella migliore delle ipotesi, poco validi. Rimangono pochi appuntamenti annuali di divertimento ed evasione, primo tra tutti la gioia e la trasgressione del carnevale. Encomiabile l’impegno di qualche amministratore e della Pro Loco che hanno voluto a tutti i costi rilanciare questo appuntamento annuale scomparso lo scorso anno. Tutto bene. Non si comprendono ad oggi le opportunità che il “gemellaggio” con un paesino della Francia possano dare alla comunità, né le affinità che ci legano a quella popolazione. Si aspetta fiduciosi, certi che lo sforzo di diversi amministratori non lasci la comunità nell’indifferenza totale. Così come incomprensibile è lo scarso coinvolgimento dei cittadini alla vita amministrativa. Latitano riunioni, convegni e pubblici dibattiti sulle scelte politiche dell’Amministrazione Comunale che riguardano il futuro di tutti noi. Secondo indiscrezioni la costruzione della nuova scuola prevede un muro di contenimento alto più di dieci metri. Visto che tutto il Molise è interessato da movimenti franosi e constatato che la nostra zona è anche peggio, non sarebbe il caso, finchè si è ancora in tempo, di ripensarci? È una scuola, ci andranno i nostri figli! Abbiamo posto delle domande sulle tariffe dei nuovi contratti per le connessioni ad internet, non abbiamo avuto al momento risposte, né pubbliche né private. Rilanciamo la questione da un altro punto di vista: chiunque fosse intestatario di un contratto meno vantaggioso di quello offerto dal Comune e dalla società E-CROM ci faccia sapere, servirà a non farci pensare di essere stati presi per i fondelli.
Antonio Cipollone
Improbabili equilibri
Nel 1935, Piero Calamandrei, grande avvocato ed insigne giurista, raccoglieva in un volume unico nel suo genere, "Elogio dei Giudici scritto da un Avvocato", tutte le lodi e tutte le bassezze del sistema giudiziario italiano.
L'opera sottile del Calamendrei, coraggiosa ed ardua per il particolare periodo storico, traccia già allora il malessere del sistema ed incredibilmente risulta di grande attualità come se nulla fosse accaduto, come se i decenni fossero stati minuti, anzi secondi.
Ecco allora, nell'ottica di dimostrarvi che nulla è cambiato, che le leggi ad personam sono sempre esistite, che il processo breve è stato sempre un miraggio, che il sistema giudiziario italiano era sovraccarico già ottanta anni fa e che l'errore giudiziario non è una variabile ma una costante del meccanismo, vorrei dedicare i prossimi scritti alla trascrizione ed la commento di alcuni brani del testo del grande giurista.
SULL'ERRORE
"Si fa un gran parlare di certi clamorosi casi di errori giudiziari, scoperti dopo venti o trenta anni, quando il vero colpevole ha confessato in punto di morte il suo delitto. L'opinione pubblica se ne commuove: come fanno i magistrati a non sentirsi turbati dall'idea che casi simili siano possibili e che per colpa loro creature innocenti languiscano in prigione per tutta la vita?
Risponde un magistrato, vicino ai limiti di età (non racconto una facezia: è un discorso che è stato fatto sul serio):
può darsi, se si fa un calcolo di probabilità, che una metà delle sentenze siano ingiuste e che di conseguenza una metà di condannati che sono in prigione siano innocenti;
ma per la stessa ragione una metà degli assolti che sono in libertà erano in realtà colpevoli e dovrebbero essere in prigione.
Non bisogna commuoversi sul caso singolo: bisogna guardare il fenomeno dell'errore giudiziario nei grandi numeri, e allora si vede che, secondo la statistica, c'è compensazione fra gli errori in senso opposto.
Così la bilancia della giustizia è in equilibrio e noi giudici possiamo dormire tranquilli.
Brano tratto da "Elogio dei giudici scritto da un avvocato" Le Monnier 1935 -Piero Calamandrei-
Sul sonno dei giudici vi dirò un'altra volta; sull'errore lascio ai lettori le dovute riflessioni.
Nicola Barone
Libero mercato e masse di disperati
Il 2010 è iniziato già da qualche settimana ma vorrei comunque fare gli auguri a tutti i detrattori del settore agricolo, precipuamente a quelli che ritengono che per gli altri settori economici , i contributi comunitari e statali siano incentivi allo sviluppo, mentre per il settore agricolo sono meramente dei sussidi.
Ma ché, forse l’agricoltura non produce ricchezza al pari di altri settori? Non esiste al vero un enorme indotto, (tecnologia, chimica, meccanica, trasporto) che a causa della crisi che l’agricoltura attraversa si trovano in grave difficoltà?
Sì la crisi, che in molti pensavano fosse ormai alle spalle ma che invece sta mettendo in forse la stessa sopravvivenza delle nostre aziende agricole. Una crisi venuta da lontano, frutto di una politica aberrante che ha prediletto un’economia finanziaria ad un’economia reale. Una politica fautrice del libero scambio voluta dai geni della finanza con le banconote al posto degli occhi, che ha portato il mondo al disastro finanziario del 2008. Ancora ci viene ripetuto che è anacronistico parlare di protezionismo, perché i così detti geni della finanza devono render conto agli azionisti delle multinazionali del cibo.
Così è avvenuto ed avviene che per favorire un’economia globalizzata si è permesso a multinazionali e banche, con la complicità di amministratori pubblici, di creare il mercato dei “ricchi”. È un dato di fatto che grosse aziende, addirittura governi, abbiano avviato una campagna di acquisto di terre coltivabili in ogni parte del mondo, a tutto danno degli agricoltori locali, favorendo in questo modo l’emigrazione di masse di disperati.
I contadini vengono espulsi dalle loro terre in nome del libero scambio, per produrre derrate alimentari di origine quasi esclusivamente OGM destinate ai mercati dei “ricchi”.
Sulla scia di questa colonizzazione finanziaria sta avvenendo, anche da noi in Europa, che le multinazionali biotech stiano facendo pressing sui nostri governanti europei per la legalizzazione delle coltivazioni OGM. Occultando il fatto che in oltre 15 anni, detti OGM non hanno recato alcuna caratteristica migliorativa per alcuno di noi. Hanno invece consentito in ogni parte del mondo, dove il loro uso è stato avallato da governi compiacenti, il pagamento da parte degli agricoltori dei diritti di brevetto alle multinazionali biotech, ad ogni risemina di dette sementi OGM.
Queste lobby finanziarie e politiche hanno consentito che i popoli più poveri fossero espropriati della sovranità alimentare e che si andasse verso la privatizzazione di un bene comune ancora più prezioso dell’acqua, o almeno quanto l’acqua, che è la materia vivente del pianeta. Il tutto per concedere a questi pochi, di prendere il controllo del mondo intero, della produzione e della commercializzazione della merce più importante per tutti noi: il cibo. Di conseguenza alla progressiva liberalizzazione dei mercati e abolizione dei dazi voluta per aiutare i poveri, si è generato l’effetto opposto dell’emigrazione, in quanto i contadini vengono espulsi dalla terra dalle grandi compagnie export oriented.
Questo ci insegna che la povertà e la fame si combattono distribuendo diversamente la ricchezza, sviluppando le economie locali, non i grandi scambi internazionali . Anzi più si estendono le grandi colture orientate al mercato internazionale, più la povertà è destinata ad aumentare e con essa l’emigrazione, il consumo di energia e la produzione di CO2. I detrattori del settore agricolo si scandalizzano quando l’agricoltore o contadino europeo, o del sud del mondo, pretende con diritto un profitto, convinti che egli abbia fatto voti francescani alla povertà.
L’agricoltore non ha forse diritto a un adeguato reddito per il lavoro che svolge, garantendo ai consumatori prodotti sani e difendendo nel contempo il territorio e l’economia di prossimità?
Da più parti si va levando la voce di ridare redditività al mondo agricolo,vedi organizzazioni come Slow Food , No-Global e ora anche di alcuni ministri europei come quello all’agricoltura tedesca, Ilse Aigner, di chiedere più sovvenzioni all’ UE per gli agricoltori dopo il 2013, proposta che ha incontrato una forte opposizione da parte dei politici liberali.
Quindi si spera che detta lungimiranza di vedute espressa da queste organizzazioni e ministri venga fatta propria da sindacati di molte altre nazioni europee, così da porre in piedi una futura politica agricola volta a salvaguardare la dignità e il reddito degli agricoltori e con essa le economie locali.
Pino Di Palma
Patrimonio urbanistico
Un appello ai comuni ed enti affinché con i loro poteri e competenze possano interferire e limitare le disastrose previsioni del piano casa, voluto dal governo che in questi giorni è stato approvato dalla Regione e dovrà essere adottato dai singoli comuni, esclusivamente per fare cassa e aumentare i profitti dei signori del cemento, mortificando ulteriormente il patrimonio urbanistico.
Patrimonio che andrebbe tutelato mediante una pianificazione seria, onesta e trasparente.
Si può cominciare dai piccoli centri fino alle grandi città a mettere mano e prevedere aree verdi, iniziare a bocciare e bloccare le lottizzazioni selvagge, coniugare sviluppo turistico e difesa dell’ambiente, messa in sicurezza delle strutture esistenti (scuole, edifici pubblici ecc.) recupero del patrimonio edilizio storico abbandonato.
Già oggi grazie a organizzazioni, associazioni locali e anche Amministrazioni virtuose si comincia ad assistere ad una inversione di tendenza, basta girare un po’ per quell’Italia fatta di paesi, borghi, ma anche città, e non c’entra il colore politico, che hanno imposto nuove regole riducendo il consumo del suolo, le domande di nuovi alloggi avviene con il recupero di edifici esistenti, di centri storici, casali e incentivando la nascita di attività turistiche, ricreative, commerciali e agriturismo.
Veniamo da due eventi sismici del 2002 di San Giuliano di Puglia e del 2009 de L’Aquila, cosa hanno insegnato? Perché continuare a incentivare nuove costruzioni? C’è ne sono abbastanza ed in esubero. Allora perché non intervenire e/o incentivare adeguamenti statici, antisismici e recuperi di edifici e strutture esistenti e non piangere più morti? Anche cosi si può garantire la ripresa economica, lo sviluppo dell’edilizia, evitare nuove colate di cemento e recuperare spazi per avere più verde e vivibilità e soprattutto sicurezza. Gaetano Palma
Carnevale
Carnevale. Etimologicamente dal latino “carnem levare”, espressione con cui nel medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne nel periodo quaresimale fino alla Pasqua, è di origini ben più lontane. Già nell’antica Grecia in coincidenza dell’inizio del nuovo anno agricolo troviamo riti in onore del dio Dionisio, dio del vino, ma le origini del nostro carnevale vanno ricercate nel periodo romano dove le diverse feste in onore degli dei si svolgevano lungo le strade e prevedevano l’uso di maschere. I Baccanali, in onore di Bacco, tra fiumi di vino e manifestazioni danzanti; i Saturnali, in onore di Saturno per propiziare un raccolto copioso; i Lupercali, feste della fecondità in ricordo della lupa che allattò Romolo e Remo.
Con il cristianesimo questi riti persero il carattere magico-rituale e rimasero come forma di divertimento popolare. Nel Medioevo e ancor più nel Rinascimento si diffuse in tutta l’Europa l’uso di fare grandi e festosi cortei mascherati che percorrevano le vie delle città; l’uso del travestimento permetteva di burlarsi di figure gerarchiche e di esaltare vizi e debolezze umane. Allora come oggi è considerata la festa dell’allegria per eccellenza, caratterizzata da colori, musiche, danze, schiamazzi e tanta fantasia. Festa che nel nostro piccolo paese, dopo anni di splendore, purtroppo era venuta a mancare.
Colpa della forte crisi economica, dell’evento disastroso che ci ha colpiti e che non ha portato la rinascita che tutti speravamo, dell’assenteismo di istituzioni nazionali e locali ma anche della mancanza di volontà di noi cittadini, troppo abituati a sussurrare e a gridare a gran voce il nostro dissenso e ancor meno a rimboccarci le maniche per cercare di rendere il nostro paese più vivibile. Ma quest’anno, dopo un’assenza troppo lunga, grazie all’impegno di alcuni amministratori comunali, della pro loco, di tanti giovani e genitori volenterosi, qualcosa è cambiato. Nonostante il poco tempo a disposizione sono stati allestiti tre carri allegorici, maschere e costumi, preparate danze e coreografie per rallegrare le vie cittadine, divertimento e allegria per partecipanti e spettatori.
Ma si sa, a carnevale ogni scherzo vale e il tempo ci ha fatto davvero un gran bello scherzo portando tanta pioggia e impedendo ai carri di sfilare. Tanto impegno non può che essere premiato, non solo ringraziando chi si è rimboccato le maniche per rivitalizzare la nostra piccola comunità morente ma soprattutto dando loro la possibilità di sfilare anche se in tempo di quaresima. Purtroppo i tempi editoriali di questo nostro piccolo mensile non ci permettono di raccontare meglio e con contributi fotografici questo evento. L’importante era ripartire, ricominciare a divertirsi, scendere nelle strade e non chiudersi in casa. Obiettivo raggiunto.
Carmela Barbieri
Libero mercato
A Natale si sa, siamo tutti più buoni. Convegni, dibattiti e prediche hanno sancito il bisogno di un Capitale con più etica, nonché, per le purpuree coscienze animate da religiosità, di una più generosa carità cristiana. Siamo divorati da sensi di colpa per la nostra avidità di risorse, per tutto ciò che riusciamo a consumare ed inquinare, oppure siamo stati di colpo folgorati sulla via di Damasco?
Abbiamo colonizzato il mondo, imposto il nostro sistema di sviluppo, produrre sempre di più per consumare sempre di più, pensando che le risorse del nostro pianeta siano illimitate. Abbiamo preso tutto ciò che fosse possibile sfruttare, sottraendo vegetali, minerali e animali a chiunque fosse l’indigeno abitante di quelle terre. Abbiamo avuto persino la presunzione di credere che il nostro dio e la nostra religione fossero le migliori disponibili sul mercato della fede.
Abbiamo fatto guerra e invaso chiunque avesse un modo diverso dal nostro di credere, vivere, morire.
Abbiamo pensato per cent’anni che il nostro fosse il migliore dei mondi possibili, pensando bene di imporlo, anche con la forza, a tutti. Ci siamo arrogati la facoltà di imporre con la forza persino la “democrazia” a popoli che vivono da millenni rispettando in modo ferreo le regole della loro religione e le leggi tribali quasi mai scritte. Dunque non solo non sanno cosa sia la democrazia, ma neanche cosa farsene.
Abbiamo eletto la Borsa a padrona del mondo, con potere di vita o di morte su miliardi di persone. Abbiamo imposto il libero mercato non solo a merci e capitali, soprattutto a persone, mercificando anche le loro vite. Il libero mercato che permette al Capitale di produrre laddove le braccia sono a costo quasi zero e vendere le merci nei mercati più ricchi.
A chi è servita la libera circolazione di merci e capitali? Cosa ha portato di buono a miliardi di persone?
In Italia, specie nel settore privato, con diverse leggi sia di destra che di sinistra, è stata resa precaria più del lavoro la vita di milioni di lavoratori. In nome della concorrenza e del libero mercato milioni di persone non hanno più la certezza di un lavoro stabile e ben retribuito. Il potere di acquisto dei salari è diminuito di oltre il 30% negli ultimi 10 anni e sono praticamente scomparse le famiglie monoreddito. Nel mondo milioni di lavoratori, anche bambini, lavorano 15 ore al giorno per una scodella di riso e milioni di disperati migrano alla effimera ricerca del nuovo eldorado, diventando spesso gli schiavi del terzo millennio, quando non una massa di carne umana che nessuno vuole.
Di contro è aumentato come mai dal dopo guerra ad oggi il divario tra ricchi e poveri. La nuova borghesia ha un potere superiore persino all’epoca antecedente la rivoluzione francese. Migliaia di imprenditori producono all’estero in nome della competitività anche prodotti di alta moda, dunque con altissimo valore aggiunto.
In tutto ciò è evidente il fallimento totale della cosiddetta sinistra che, buttandosi a piè pari nella chimera del libero mercato ha lasciato il suo elettorato di riferimento in balia dei nuovi sultani.
A chi è servito dunque il libero mercato? Agli speculatori di Borsa, ai detentori di capitali e ai nuovi sultani, naturalmente. È servito alla “casta”, ad aumentare ancor più il suo potere e a renderlo inattaccabile. È servito ai grandi capitali che così hanno accentrato a sé ancor più immense fortune. Alle grandi aziende, diventate tutte multi e trans-nazionali, che possono così comprare forza lavoro laddove è più a buon mercato. Emblematica a tal proposito la questione FIAT, che produce in Italia il 30% di ciò che vende, alla faccia dell’italianità!
Il libero mercato, che permette di vendere in Borsa un barile di petrolio a cento euro quando il costo di estrazione è meno di uno.
Il libero mercato, in nome del quale distruggiamo migliaia di tonnellate di prodotti agricoli Italiani per poi consumare quelli provenienti da ogni parte del mondo. Qualcuno penserà: saranno migliori! No, sono peggiori e costano pure di più, oltre al costo ambientale per trasportarli a migliaia di chilometri.
E che dire della Borsa? Una su tutte, vendono dei titoli, li chiamano futures derivati, di aziende che ancora non ci sono e che le banche finanzieranno! Siamo o no nella follia collettiva?
A noi comuni mortali il miraggio del libero mercato ha donato invece la possibilità di comprare ciliegie cilene a Natale, galletti tailandesi per tre soldi, camicie cinesi per tre euro.
Con buona pace per gli “etici”, destri, sinistri e chierici mossi da carità cristiana.
TERRA E COLLE Inserto di Colletorto a lafonte marzo 2010
di
TERRA E COLLE
INSERTO DI COLLETORTO
ANNO Terzo Quaderno n° 18 chiuso il 19/02/2010 E-mail terraecolle@gmail.com
Che tempo che fa
Poche, sempre meno le possibilità di evasione in un piccolo paesello. Vivere in un piccolo paese vuol dire, specie per i giovani, rinunciare a tante opportunità per realizzarsi socialmente e divertirsi come milioni di loro coetanei. Poche e spesso improbabili le contropartite. Quelli che per i più attempati possono essere buoni motivi per continuare a vivere lontani dai grossi centri, per i giovani sono motivi spesso incomprensibili o, nella migliore delle ipotesi, poco validi. Rimangono pochi appuntamenti annuali di divertimento ed evasione, primo tra tutti la gioia e la trasgressione del carnevale. Encomiabile l’impegno di qualche amministratore e della Pro Loco che hanno voluto a tutti i costi rilanciare questo appuntamento annuale scomparso lo scorso anno. Tutto bene. Non si comprendono ad oggi le opportunità che il “gemellaggio” con un paesino della Francia possano dare alla comunità, né le affinità che ci legano a quella popolazione. Si aspetta fiduciosi, certi che lo sforzo di diversi amministratori non lasci la comunità nell’indifferenza totale. Così come incomprensibile è lo scarso coinvolgimento dei cittadini alla vita amministrativa. Latitano riunioni, convegni e pubblici dibattiti sulle scelte politiche dell’Amministrazione Comunale che riguardano il futuro di tutti noi. Secondo indiscrezioni la costruzione della nuova scuola prevede un muro di contenimento alto più di dieci metri. Visto che tutto il Molise è interessato da movimenti franosi e constatato che la nostra zona è anche peggio, non sarebbe il caso, finchè si è ancora in tempo, di ripensarci? È una scuola, ci andranno i nostri figli! Abbiamo posto delle domande sulle tariffe dei nuovi contratti per le connessioni ad internet, non abbiamo avuto al momento risposte, né pubbliche né private. Rilanciamo la questione da un altro punto di vista: chiunque fosse intestatario di un contratto meno vantaggioso di quello offerto dal Comune e dalla società E-CROM ci faccia sapere, servirà a non farci pensare di essere stati presi per i fondelli.
Antonio Cipollone
Improbabili equilibri
Nel 1935, Piero Calamandrei, grande avvocato ed insigne giurista, raccoglieva in un volume unico nel suo genere, "Elogio dei Giudici scritto da un Avvocato", tutte le lodi e tutte le bassezze del sistema giudiziario italiano.
L'opera sottile del Calamendrei, coraggiosa ed ardua per il particolare periodo storico, traccia già allora il malessere del sistema ed incredibilmente risulta di grande attualità come se nulla fosse accaduto, come se i decenni fossero stati minuti, anzi secondi.
Ecco allora, nell'ottica di dimostrarvi che nulla è cambiato, che le leggi ad personam sono sempre esistite, che il processo breve è stato sempre un miraggio, che il sistema giudiziario italiano era sovraccarico già ottanta anni fa e che l'errore giudiziario non è una variabile ma una costante del meccanismo, vorrei dedicare i prossimi scritti alla trascrizione ed la commento di alcuni brani del testo del grande giurista.
SULL'ERRORE
"Si fa un gran parlare di certi clamorosi casi di errori giudiziari, scoperti dopo venti o trenta anni, quando il vero colpevole ha confessato in punto di morte il suo delitto. L'opinione pubblica se ne commuove: come fanno i magistrati a non sentirsi turbati dall'idea che casi simili siano possibili e che per colpa loro creature innocenti languiscano in prigione per tutta la vita?
Risponde un magistrato, vicino ai limiti di età (non racconto una facezia: è un discorso che è stato fatto sul serio):
può darsi, se si fa un calcolo di probabilità, che una metà delle sentenze siano ingiuste e che di conseguenza una metà di condannati che sono in prigione siano innocenti;
ma per la stessa ragione una metà degli assolti che sono in libertà erano in realtà colpevoli e dovrebbero essere in prigione.
Non bisogna commuoversi sul caso singolo: bisogna guardare il fenomeno dell'errore giudiziario nei grandi numeri, e allora si vede che, secondo la statistica, c'è compensazione fra gli errori in senso opposto.
Così la bilancia della giustizia è in equilibrio e noi giudici possiamo dormire tranquilli.
Brano tratto da "Elogio dei giudici scritto da un avvocato" Le Monnier 1935 -Piero Calamandrei-
Sul sonno dei giudici vi dirò un'altra volta; sull'errore lascio ai lettori le dovute riflessioni.
Nicola Barone
Libero mercato e masse di disperati
Il 2010 è iniziato già da qualche settimana ma vorrei comunque fare gli auguri a tutti i detrattori del settore agricolo, precipuamente a quelli che ritengono che per gli altri settori economici , i contributi comunitari e statali siano incentivi allo sviluppo, mentre per il settore agricolo sono meramente dei sussidi.
Ma ché, forse l’agricoltura non produce ricchezza al pari di altri settori? Non esiste al vero un enorme indotto, (tecnologia, chimica, meccanica, trasporto) che a causa della crisi che l’agricoltura attraversa si trovano in grave difficoltà?
Sì la crisi, che in molti pensavano fosse ormai alle spalle ma che invece sta mettendo in forse la stessa sopravvivenza delle nostre aziende agricole. Una crisi venuta da lontano, frutto di una politica aberrante che ha prediletto un’economia finanziaria ad un’economia reale. Una politica fautrice del libero scambio voluta dai geni della finanza con le banconote al posto degli occhi, che ha portato il mondo al disastro finanziario del 2008. Ancora ci viene ripetuto che è anacronistico parlare di protezionismo, perché i così detti geni della finanza devono render conto agli azionisti delle multinazionali del cibo.
Così è avvenuto ed avviene che per favorire un’economia globalizzata si è permesso a multinazionali e banche, con la complicità di amministratori pubblici, di creare il mercato dei “ricchi”. È un dato di fatto che grosse aziende, addirittura governi, abbiano avviato una campagna di acquisto di terre coltivabili in ogni parte del mondo, a tutto danno degli agricoltori locali, favorendo in questo modo l’emigrazione di masse di disperati.
I contadini vengono espulsi dalle loro terre in nome del libero scambio, per produrre derrate alimentari di origine quasi esclusivamente OGM destinate ai mercati dei “ricchi”.
Sulla scia di questa colonizzazione finanziaria sta avvenendo, anche da noi in Europa, che le multinazionali biotech stiano facendo pressing sui nostri governanti europei per la legalizzazione delle coltivazioni OGM. Occultando il fatto che in oltre 15 anni, detti OGM non hanno recato alcuna caratteristica migliorativa per alcuno di noi. Hanno invece consentito in ogni parte del mondo, dove il loro uso è stato avallato da governi compiacenti, il pagamento da parte degli agricoltori dei diritti di brevetto alle multinazionali biotech, ad ogni risemina di dette sementi OGM.
Queste lobby finanziarie e politiche hanno consentito che i popoli più poveri fossero espropriati della sovranità alimentare e che si andasse verso la privatizzazione di un bene comune ancora più prezioso dell’acqua, o almeno quanto l’acqua, che è la materia vivente del pianeta. Il tutto per concedere a questi pochi, di prendere il controllo del mondo intero, della produzione e della commercializzazione della merce più importante per tutti noi: il cibo. Di conseguenza alla progressiva liberalizzazione dei mercati e abolizione dei dazi voluta per aiutare i poveri, si è generato l’effetto opposto dell’emigrazione, in quanto i contadini vengono espulsi dalla terra dalle grandi compagnie export oriented.
Questo ci insegna che la povertà e la fame si combattono distribuendo diversamente la ricchezza, sviluppando le economie locali, non i grandi scambi internazionali . Anzi più si estendono le grandi colture orientate al mercato internazionale, più la povertà è destinata ad aumentare e con essa l’emigrazione, il consumo di energia e la produzione di CO2. I detrattori del settore agricolo si scandalizzano quando l’agricoltore o contadino europeo, o del sud del mondo, pretende con diritto un profitto, convinti che egli abbia fatto voti francescani alla povertà.
L’agricoltore non ha forse diritto a un adeguato reddito per il lavoro che svolge, garantendo ai consumatori prodotti sani e difendendo nel contempo il territorio e l’economia di prossimità?
Da più parti si va levando la voce di ridare redditività al mondo agricolo,vedi organizzazioni come Slow Food , No-Global e ora anche di alcuni ministri europei come quello all’agricoltura tedesca, Ilse Aigner, di chiedere più sovvenzioni all’ UE per gli agricoltori dopo il 2013, proposta che ha incontrato una forte opposizione da parte dei politici liberali.
Quindi si spera che detta lungimiranza di vedute espressa da queste organizzazioni e ministri venga fatta propria da sindacati di molte altre nazioni europee, così da porre in piedi una futura politica agricola volta a salvaguardare la dignità e il reddito degli agricoltori e con essa le economie locali.
Pino Di Palma
Patrimonio urbanistico
Un appello ai comuni ed enti affinché con i loro poteri e competenze possano interferire e limitare le disastrose previsioni del piano casa, voluto dal governo che in questi giorni è stato approvato dalla Regione e dovrà essere adottato dai singoli comuni, esclusivamente per fare cassa e aumentare i profitti dei signori del cemento, mortificando ulteriormente il patrimonio urbanistico.
Patrimonio che andrebbe tutelato mediante una pianificazione seria, onesta e trasparente.
Si può cominciare dai piccoli centri fino alle grandi città a mettere mano e prevedere aree verdi, iniziare a bocciare e bloccare le lottizzazioni selvagge, coniugare sviluppo turistico e difesa dell’ambiente, messa in sicurezza delle strutture esistenti (scuole, edifici pubblici ecc.) recupero del patrimonio edilizio storico abbandonato.
Già oggi grazie a organizzazioni, associazioni locali e anche Amministrazioni virtuose si comincia ad assistere ad una inversione di tendenza, basta girare un po’ per quell’Italia fatta di paesi, borghi, ma anche città, e non c’entra il colore politico, che hanno imposto nuove regole riducendo il consumo del suolo, le domande di nuovi alloggi avviene con il recupero di edifici esistenti, di centri storici, casali e incentivando la nascita di attività turistiche, ricreative, commerciali e agriturismo.
Veniamo da due eventi sismici del 2002 di San Giuliano di Puglia e del 2009 de L’Aquila, cosa hanno insegnato? Perché continuare a incentivare nuove costruzioni? C’è ne sono abbastanza ed in esubero. Allora perché non intervenire e/o incentivare adeguamenti statici, antisismici e recuperi di edifici e strutture esistenti e non piangere più morti? Anche cosi si può garantire la ripresa economica, lo sviluppo dell’edilizia, evitare nuove colate di cemento e recuperare spazi per avere più verde e vivibilità e soprattutto sicurezza. Gaetano Palma
Carnevale
Carnevale. Etimologicamente dal latino “carnem levare”, espressione con cui nel medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne nel periodo quaresimale fino alla Pasqua, è di origini ben più lontane. Già nell’antica Grecia in coincidenza dell’inizio del nuovo anno agricolo troviamo riti in onore del dio Dionisio, dio del vino, ma le origini del nostro carnevale vanno ricercate nel periodo romano dove le diverse feste in onore degli dei si svolgevano lungo le strade e prevedevano l’uso di maschere. I Baccanali, in onore di Bacco, tra fiumi di vino e manifestazioni danzanti; i Saturnali, in onore di Saturno per propiziare un raccolto copioso; i Lupercali, feste della fecondità in ricordo della lupa che allattò Romolo e Remo.
Con il cristianesimo questi riti persero il carattere magico-rituale e rimasero come forma di divertimento popolare. Nel Medioevo e ancor più nel Rinascimento si diffuse in tutta l’Europa l’uso di fare grandi e festosi cortei mascherati che percorrevano le vie delle città; l’uso del travestimento permetteva di burlarsi di figure gerarchiche e di esaltare vizi e debolezze umane. Allora come oggi è considerata la festa dell’allegria per eccellenza, caratterizzata da colori, musiche, danze, schiamazzi e tanta fantasia. Festa che nel nostro piccolo paese, dopo anni di splendore, purtroppo era venuta a mancare.
Colpa della forte crisi economica, dell’evento disastroso che ci ha colpiti e che non ha portato la rinascita che tutti speravamo, dell’assenteismo di istituzioni nazionali e locali ma anche della mancanza di volontà di noi cittadini, troppo abituati a sussurrare e a gridare a gran voce il nostro dissenso e ancor meno a rimboccarci le maniche per cercare di rendere il nostro paese più vivibile. Ma quest’anno, dopo un’assenza troppo lunga, grazie all’impegno di alcuni amministratori comunali, della pro loco, di tanti giovani e genitori volenterosi, qualcosa è cambiato. Nonostante il poco tempo a disposizione sono stati allestiti tre carri allegorici, maschere e costumi, preparate danze e coreografie per rallegrare le vie cittadine, divertimento e allegria per partecipanti e spettatori.
Ma si sa, a carnevale ogni scherzo vale e il tempo ci ha fatto davvero un gran bello scherzo portando tanta pioggia e impedendo ai carri di sfilare. Tanto impegno non può che essere premiato, non solo ringraziando chi si è rimboccato le maniche per rivitalizzare la nostra piccola comunità morente ma soprattutto dando loro la possibilità di sfilare anche se in tempo di quaresima. Purtroppo i tempi editoriali di questo nostro piccolo mensile non ci permettono di raccontare meglio e con contributi fotografici questo evento. L’importante era ripartire, ricominciare a divertirsi, scendere nelle strade e non chiudersi in casa. Obiettivo raggiunto.
Carmela Barbieri
Libero mercato
A Natale si sa, siamo tutti più buoni. Convegni, dibattiti e prediche hanno sancito il bisogno di un Capitale con più etica, nonché, per le purpuree coscienze animate da religiosità, di una più generosa carità cristiana. Siamo divorati da sensi di colpa per la nostra avidità di risorse, per tutto ciò che riusciamo a consumare ed inquinare, oppure siamo stati di colpo folgorati sulla via di Damasco?
Abbiamo colonizzato il mondo, imposto il nostro sistema di sviluppo, produrre sempre di più per consumare sempre di più, pensando che le risorse del nostro pianeta siano illimitate. Abbiamo preso tutto ciò che fosse possibile sfruttare, sottraendo vegetali, minerali e animali a chiunque fosse l’indigeno abitante di quelle terre. Abbiamo avuto persino la presunzione di credere che il nostro dio e la nostra religione fossero le migliori disponibili sul mercato della fede.
Abbiamo fatto guerra e invaso chiunque avesse un modo diverso dal nostro di credere, vivere, morire.
Abbiamo pensato per cent’anni che il nostro fosse il migliore dei mondi possibili, pensando bene di imporlo, anche con la forza, a tutti. Ci siamo arrogati la facoltà di imporre con la forza persino la “democrazia” a popoli che vivono da millenni rispettando in modo ferreo le regole della loro religione e le leggi tribali quasi mai scritte. Dunque non solo non sanno cosa sia la democrazia, ma neanche cosa farsene.
Abbiamo eletto la Borsa a padrona del mondo, con potere di vita o di morte su miliardi di persone. Abbiamo imposto il libero mercato non solo a merci e capitali, soprattutto a persone, mercificando anche le loro vite. Il libero mercato che permette al Capitale di produrre laddove le braccia sono a costo quasi zero e vendere le merci nei mercati più ricchi.
A chi è servita la libera circolazione di merci e capitali? Cosa ha portato di buono a miliardi di persone?
In Italia, specie nel settore privato, con diverse leggi sia di destra che di sinistra, è stata resa precaria più del lavoro la vita di milioni di lavoratori. In nome della concorrenza e del libero mercato milioni di persone non hanno più la certezza di un lavoro stabile e ben retribuito. Il potere di acquisto dei salari è diminuito di oltre il 30% negli ultimi 10 anni e sono praticamente scomparse le famiglie monoreddito. Nel mondo milioni di lavoratori, anche bambini, lavorano 15 ore al giorno per una scodella di riso e milioni di disperati migrano alla effimera ricerca del nuovo eldorado, diventando spesso gli schiavi del terzo millennio, quando non una massa di carne umana che nessuno vuole.
Di contro è aumentato come mai dal dopo guerra ad oggi il divario tra ricchi e poveri. La nuova borghesia ha un potere superiore persino all’epoca antecedente la rivoluzione francese. Migliaia di imprenditori producono all’estero in nome della competitività anche prodotti di alta moda, dunque con altissimo valore aggiunto.
In tutto ciò è evidente il fallimento totale della cosiddetta sinistra che, buttandosi a piè pari nella chimera del libero mercato ha lasciato il suo elettorato di riferimento in balia dei nuovi sultani.
A chi è servito dunque il libero mercato? Agli speculatori di Borsa, ai detentori di capitali e ai nuovi sultani, naturalmente. È servito alla “casta”, ad aumentare ancor più il suo potere e a renderlo inattaccabile. È servito ai grandi capitali che così hanno accentrato a sé ancor più immense fortune. Alle grandi aziende, diventate tutte multi e trans-nazionali, che possono così comprare forza lavoro laddove è più a buon mercato. Emblematica a tal proposito la questione FIAT, che produce in Italia il 30% di ciò che vende, alla faccia dell’italianità!
Il libero mercato, che permette di vendere in Borsa un barile di petrolio a cento euro quando il costo di estrazione è meno di uno.
Il libero mercato, in nome del quale distruggiamo migliaia di tonnellate di prodotti agricoli Italiani per poi consumare quelli provenienti da ogni parte del mondo. Qualcuno penserà: saranno migliori! No, sono peggiori e costano pure di più, oltre al costo ambientale per trasportarli a migliaia di chilometri.
E che dire della Borsa? Una su tutte, vendono dei titoli, li chiamano futures derivati, di aziende che ancora non ci sono e che le banche finanzieranno! Siamo o no nella follia collettiva?
A noi comuni mortali il miraggio del libero mercato ha donato invece la possibilità di comprare ciliegie cilene a Natale, galletti tailandesi per tre soldi, camicie cinesi per tre euro.
Con buona pace per gli “etici”, destri, sinistri e chierici mossi da carità cristiana.
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