Terra in lutto
23 Marzo 2021
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Terra in lutto

Nel Molise che torna ad esistere per piangere i suoi morti, condannato al disastro da un misto di incompetenza e precisa strategia, abbiamo visto finora solo rassegnazione, e sbalordimento per il rapido precipitare della situazione, ormai del tutto fuori controllo.

Gli effetti nefasti, e facilmente prevedibili, delle decisioni tese a smantellare il sistema sanitario pubblico piegato da anni e anni di tagli, sono diventati evidenti a tutti nell’ultimo mese di febbraio anche se inspiegabilmente (ma quali dati vengono mandati a Roma dalla nostra ASReM?) siamo rimasti allegramente in zona gialla: medicina territoriale assente, personale allo stremo, posti in terapia intensiva del tutto insufficienti, diritto alle cure di qualunque tipo, Covid o no, pari a zero.

Sembra però che qualcosa si stia muovendo a livello di reazione popolare, e che finalmente si cerchi di mettere insieme le forze e coordinare interventi di varia intensità per arrivare a due obiettivi principali: da un lato ottenere mezzi e personale sanitario, anche per accelerare la campagna di vaccinazione, finora condotta con la tragica disorganizzazione che sembra il marchio di fabbrica locale, con l’assurdità di spostare gli anziani come pacchi da un paese all’altro; dall’altro far intervenire il Ministro della Salute per esautorare in blocco la classe dirigente che sta distruggendo il Molise.

Partendo dai social, per una volta non utilizzati per perdere tempo (anche se il presidente Toma parla di polemiche sterili e di fake news), si sta cercando di mettere in rete non la semplice protesta ma l’avvio di una serie coordinata di iniziative concrete, volte ad allargare la consapevolezza del disastro e trasformare rabbia e indignazione in azioni coerenti.

Siamo solo agli inizi, ma che il desiderio di aiutare questa terra porti a superare indifferenza, protagonismi e divisioni abituali è già una buona notizia; certo bisogna lavorare per coinvolgere più persone possibile, ma è un inizio. Necessarissimo: perché non possiamo fare a meno di organizzarci e di ragionare insieme anche sul futuro prossimo venturo, e sul nuovo governo, chiamato a gestire non solo l’emergenza ma soprattutto il denaro che dovrebbe far ripartire il paese. Già, ma verso dove?

La tragedia della nostra terra non è slegata dal contesto nazionale; perché si deve assimilare la consapevolezza, ormai scientificamente acclarata, che il virus viene dal nostro modo di vivere e di produrre, dall’ eccesso di CO2 nell’aria, dalla distruzione degli habitat animali e naturali, e che centinaia di altre patologie potenzialmente letali sono in agguato, se non invertiamo la rotta.

Le scelte nazionali peseranno molto sulla vita di tutti; e i nomi di coloro che avranno potere decisionale non lasciano sperare nulla di buono, purtroppo. Due per tutti: Colao e Cingolani. Il primo è l’autore di quel famoso piano per il Rilancio dell’Italia che persino i 5 Stelle ritennero troppo liberista, e che Conte cancellò subito. Il secondo, che controllerà il neonato Ministero per la Transizione Ecologica, è quello che ha già affermato che sì, va bene la transizione, ma è un concetto flessibile, e non si può fare a meno dei combustibili fossili.

Non sappiamo cosa pensi Draghi della sanità, sappiamo però che di fronte al dilagare del virus ciò che ha fatto da baluardo, sia pure indebolito, è stato il sistema pubblico, mentre il privato si è sciolto come neve al sole, mostrando l’imperatore nudo soprattutto in quella che era definita l’eccellenza italiana, la Lombardia del modello Formigoni.

Per questo è indispensabile che sui territori nascano e si consolidino forme di aggregazione dei cittadini, che si riprendano il potere di fare proposte e il diritto di essere parte in causa. Non come portatori di interesse (stakeholders), ma come portatori di diritti (rightholders).

Dobbiamo poter rivendicare la possibilità di indicare strategie e rifiutare gli interventi che potrebbero esporci a nuovi terribili rischi. Quindi intervenire per fermare lo scempio del sistema sanitario, l’ installazione di impianti estrattivi fossili, il consumo di suolo e l’aumento dell’inquinamento dell’ aria.

Di fronte alla Caporetto del nostro diritto alle cure dobbiamo trovare la rabbia profetica di cui parlava don Ciotti e reagire insieme denunciando e proponendo; ma dobbiamo anche andare oltre e sfruttare appieno l’occasione offerta dalla pandemia, che per quanto sembri assurdo ha avuto il lato positivo di lasciarci tempo e silenzio per chiederci se vogliamo davvero tornare alla normalità tossica di prima, o se non sia il caso di approfittare del rovesciamento dei parametri dell’esistenza per avviare una radicale trasformazione del vivere comune.

Nel caso del Molise, questa opportunità parte proprio dal dismettere quei panni di rassegnazione, di accettazione passiva dello status quo per mettere in discussione il modo consolidato di arrivare al potere e gestirlo con la più arrogante protervia e l’indifferenza più amorale verso il bene comune e la vita stessa della popolazione.

Ricordandoci sempre che un diritto non difeso è un diritto negato.☺

 

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