tradurre con il web    di Olga Sanese
27 Marzo 2012 Share

tradurre con il web di Olga Sanese

 

Ogni anno rispunta puntualmente sui giornali la questione dell’utile-inutilità degli studi classici, di solito in concomitanza con le iscrizioni alle superiori (tra gennaio e febbraio); stavolta, invece, se ne parla a marzo, ad iscrizioni fatte, per sottolineare che c’è stata una leggera flessione dei licei rispetto alle scuole tecniche: festeggiano i professionali, si lamentano i letterati.

Tuttavia non si può parlare di “declino” del latino e del greco quanto piuttosto di un diverso modo di “(ap)prendere” queste materie. Cos’è cambiato di recente nello studio di queste millenarie lingue immortali (più che morte)? Alcuni studiosi hanno iniziato ad insegnare “latino parlato” come fosse una lingua moderna, cioè dribblando il metodo tradizionale – traduttivo. In tal modo il latino sarebbe più appetibile e meno ostico agli studenti in quanto “gioco” ma comunque non risponderebbe meglio delle traduzioni alla famosa domanda di “utilità” che tutti si pongono. Anzi, attraverso i dialoghi, si perderebbe anche quel “feeling” di trasmissione scritta che c’è tra noi e l’antico scrittore (che nessuno sapeva come parlasse o pronunciasse quelle parole che pure leggiamo così bene).

Un altro, invece, è il cuore del problema delle lingue classiche: il rapporto tra gli studenti di oggi (i famosi nativi digitali) e il mondo classico che è tutto tradotto su internet, dunque scaricabile con il telefonino (purtroppo) anche durante il compito in classe. Anche i compiti a casa non si fanno più con l’aiuto del vocabolario, ma del sito web. Ma “cui prodest” (a che giova?) copiare la versione da internet? Il latino è come una palestra: se non ti alleni non hai il fiato necessario per tutta la durata della gara. Il web, dunque, oltre ad essere doping per lo studente del liceo allontana ancora di più il ragazzo di oggi da quell’incontro – scontro con il pensiero (nascosto dietro la lingua greca o latina) di un autore che aveva il nostro stesso cuore.

Se invece gli studenti, pur sapendo di avere una biblioteca virtuale a disposizione per fare i compiti al posto loro, si cimentassero a capire cosa voleva dire quel tizio vissuto tanto tempo fa, eppure rimasto immortale grazie a quelle dieci righe di versione scampate al naufragio del tempo, farebbe rivivere in sé quel pensiero su cui si fonda l’intero Occidente: si tratta di quella “forma mentis” che fornisce una capacità di affrontare ostacoli e difficoltà quotidiane che non può certo essere definita “improduttiva”.

Per questo la rivalutazione dell’humanitas farebbe certamente bene a questo mondo seppellito dall’apatia; la società circostante spesso appare meno moderna e più marcia del più antico papiro greco pervenuto: questo, invece, parla a noi e di noi meglio di qualsiasi psicologo contemporaneo. Ma tocca ai “traduttori umani” – non a quelli virtuali – “tradurre” la sua ricetta in una “cura” (nel senso latino del termine!) adatta all’hic et nunc. ☺

o.sanese@inwind.it

 

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