Un dio che lotta per il suo popolo
18 Aprile 2019
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Un dio che lotta per il suo popolo

“Buono è il Signore, un asilo sicuro nel giorno dell’angoscia. Si prende cura di chi si rifugia in lui anche quando l’inondazione avanza” (Na 1,7-8).

Il Libro del profeta Naum (che vuol dire “il consolato” o “colui che può consolare”) è un libro che rivela un pensiero fortemente particolarista. Si avverte in esso tutto il carattere sanguigno e passionale di Israele che si sprigiona contro il suo acerrimo nemico: il popolo di Assur, cioè gli Assiri, simboleggiati dalla loro capitale, Ninive, che nel libro di Giona è descritta come “la grande città (Gn 1,2; 3,2)… di tre giornate di cammino” (Gn 3,3). La città, nei testi sacri, è deputata a rappresentare la totalità del popolo; essa riflette l’insieme degli atteggiamenti che caratterizzano una comunità di essere umani. Ninive, quindi, sta per i suoi abitanti ed è detta “grande” perché, se la si guarda con gli occhi di chi da questo popolo è stato ampiamente minacciato e assediato, incute timore, fa paura. Gli Assiri, infatti, erano noti per la loro crudeltà. Per ben tre secoli questa potenza aveva terrorizzato il popolo di Dio: nel 731 a.C. si erano stanziati nelle province settentrionali della Palestina, nel 721 avevano distrutto Samaria e l’intero regno del nord, nel 701 avevano cinto d’assedio Gerusalemme. Solo nel 612 l’Assiria viene neutralizzata dai medi e dai babilonesi che distruggono la città di Ninive. La gioia di Israele per la caduta di Ninive viene celebrata, oltre che negli oracoli di Naum (1,1; 2,9; 3,7), anche nel libro del profeta Sofonia (2,13).

Il Libro, che con molta probabilità risale al periodo che precede la distruzione di Ninive (612 a.C.), si apre con un salmo sull’ira del Signore nei confronti dei malvagi e con diversi oracoli profetici che creano una netta contrapposizione tra la distruzione di Assur e la salvezza riservata a Giuda. Al centro del Libro (Na 2,3-3,19) si trova il motivo della distruzione di Ninive, descritta in modo fortemente evocativo, ricorrendo a un tono squisitamente poetico: Dio minaccia Ninive promettendole di ricoprirla di immondizie, di svergognarla, di esporla al ludibrio: «chiunque ti vedrà, fuggirà da te e dirà: “Ninive è distrutta! Chi la compiangerà? Dove cercherò chi la consoli?”» (Na 3,6-8).

La caduta della città sanguinaria (letteralmente “città dei sangui” in Na 3,1) è il frutto dell’affermarsi della sovranità di Dio che difende i deboli e gli oppressi, che sta dalla parte degli indifesi. Il Libro, infatti, presenta un Dio descritto con i tratti di un guerriero che, per salvare il suo popolo dai nemici, dispiega tutte le armi che ha a disposizione (fenomeni naturali come uragani, tempeste e terremoti compresi) per invitare il suo popolo a non scoraggiarsi dinanzi alle prepotenze del nemico. Israele è in balìa di un nemico crudele, ma non è solo: il suo Dio interviene, prende posizione, si coinvolge per ristabilire la giustizia perché il suo popolo possa rianimarsi e riprendere speranza.

Da sempre sul palcoscenico della storia sono apparse figure o popoli che si sono fatti strada con la prepotenza e la forza delle armi. Hanno pensato di essere i migliori, di possedere qualcosa in più degli altri che li autorizzasse a trattarli come sudditi, a sottometterli, a umiliarli e talvolta anche a ucciderli. La Bibbia ci mostra che Dio non tollera questa prevaricazione e interviene lottando, mettendosi sempre spassionatamente dalla parte degli ultimi e invitando i suoi a fare altrettanto.                            

 

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