Un gioco pericoloso
12 Gennaio 2021
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Un gioco pericoloso

– Ben arrivati signori, vi stavamo aspettando, la vostra fama vi precede – disse una voce femminile con tono compiaciuto alla vista dei tre scienziati che qualche mese addietro il primo ministro aveva voluto nel comitato tecnico-scientifico nel tentativo di arginare il rapido diffondersi di un virus letale. Circa un’ora prima i malcapitati, appassionati cercatori di funghi, erano stati sorpresi su una strada di campagna da un gruppo di uomini armati con il volto coperto che li aveva legati, incappucciati e scortati fino al covo della banda.

– Conoscete il gioco delle tre carte? E la roulette russa? – riprese la donna. – In vostro onore ho inventato un gioco nuovo che ho ribattezzato “roulette di carnevale”! – e giù una risata fragorosa che contagiò tutti i membri della banda. La donna continuò: – Accanto a me c’è una scatola piena di quelle ridicole mascherine a voi care, alcune a tinta unita e altrettante decorate, sparse alla rinfusa. Prima di togliervi il cappuccio i miei uomini ve ne metteranno una ciascuno presa a caso dalla scatola. Una volta a viso scoperto saprete quale mascherina indossano i vostri compagni ma non sarete in grado di distinguere se la vostra è decorata o meno -.

Seguì un rumore di passi di uomini indaffarati ad eseguire le istruzioni del capo finché le mascherine vennero sistemate sul viso dei prigionieri e i loro cappucci rimossi. I tre si ritrovarono in piedi in una ampia stanza disadorna, ciascuno di fronte agli altri due distanziati di circa quattro metri l’uno dall’altro. Erano circondati da uomini armati dal viso e capo coperto da passamontagna, mentre la donna era seduta al centro della stanza accanto ad una scatola di cartone piena di mascherine ancora sigillate.  – E ora viene la parte divertente – riprese la capobanda. – Se ciascuno di voi indovinerà il tipo di mascherina che indossa avrete salva la vita, ma se disgraziatamente qualcuno sbaglia…- e sollevando il cane del revolver che brandiva scoppiò in una risata che rimbombò agghiacciante per tutta la stanza.

I tre si guardarono negli occhi e per un attimo uno scintillio sembrò attraversare le loro pupille. Calò il silenzio. Dopo quello che sembrò un attimo interminabile uno dei prigionieri prese la parola: – La mascherina che indosso è senza decorazioni – disse con voce ferma mentre una goccia di sudore scivolava lenta lungo la sua tempia. La donna, con un’espressione sospesa tra la sorpresa e lo sdegno, abbassò delicatamente il cane del revolver. Prima che potesse proferire parola il secondo prigioniero, senza tradire la benché minima emozione, esclamò: – A differenza del mio collega, sulla mascherina che indosso sono presenti delle decorazioni -. Gli fece eco il terzo compagno: – Dichiaro che anche la mia mascherina, come quella del collega che mi ha appena preceduto, è decorata -. Un brusio pervase la stanza in attesa che la donna prendesse la parola. -Siete solo dei fortunati bastardi! -, tuonò rabbiosa. – Portateli via di qui – e i tre prigionieri furono ricondotti nel luogo dove erano stati prelevati e rilasciati.

Qualche giorno dopo il primo ministro convocò una videoconferenza stampa. Alla domanda di un giornalista se si ritenessero fortunati ad essere sopravvissuti, il primo scienziato rispose: – Sì e no. Abbiamo rischiato e ci è andata bene ma il rischio che abbiamo corso era, diciamo, calcolato. D’altra parte calcolare i rischi fa parte del nostro lavoro. Quando in quella stanza ho preso per primo la parola sapevo di avere tre possibilità su quattro di rispondere correttamente e che, se la mia risposta fosse risultata corretta, i miei amici avrebbero capito immediatamente, senza possibilità di errore, il tipo di maschera che indossavano.

– Cosa vi ha insegnato questa disavventura? – chiese un altro giornalista. – Questa esperienza dovrebbe insegnare a tutti, voi cronisti compresi, che sbagliare va bene se si sbaglia tutti insieme nella convinzione condivisa di stare facendo la cosa giusta date le circostanze – rispose il secondo scienziato. A cui fece eco il terzo: – E soprattutto che è meglio tenere la bocca chiusa se ti rendi conto che qualcun altro ne sa più di te -.

Questo gioco, noto come il “problema dei cappelli”, qui riadattato per motivi di stretta attualità, ha affascinato numerosi appassionati di enigmi e giochi matematici. Si calcola agevolmente che tre volte su quattro due dei prigionieri avranno lo stesso tipo di mascherina mentre il terzo ne avrà una diversa. Quando questo succede il trio massimizza le possibilità di farla franca se lascia che a parlare per primo sia l’unico compagno a vedere di fronte a sé due mascherine uguali, scommettendo che la propria mascherina sia diversa da quelle che vede sul viso degli altri due compagni. Se si esclude il caso sfortunato in cui a ciascuno tocchi in sorte lo stesso tipo di mascherina, la scommessa sarà vinta perché gli altri due prigionieri, dopo aver ascoltato la dichiarazione del compagno, sapranno con certezza quale mascherina indossano.☺

 

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