Un profeta del XX secolo
11 Settembre 2017
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Un profeta del XX secolo

DA BOZZOLO A BARBIANA: UNA STORICA VISITA DI PAPA FRANCESCO

Lo scorso 19 giugno, prima di rendere omaggio a don Lorenzo Milani, in occasione dei cinquant’anni dalla sua morte (si veda la fonte n. 6 di giugno 2017), papa Francesco si è recato a Bozzolo, in provincia di Mantova ma nella diocesi di Cremona, per pregare sulla tomba di quello che è considerato uno dei profeti del XX secolo: don Primo Mazzolari.

DON MILANI E DON MAZZOLARI: AFFINITÀ ELETTIVE?

Don Milani e don Mazzolari appartenevano a generazioni diverse, essendo nati rispettivamente nel 1923 e nel 1890. Completamente differenti anche le origini sociali e le condizioni in cui maturò la loro vocazione: figlio di una ricca e colta famiglia ebraica don Milani, che ‘si convertì’ a 23 anni; figlio di contadini entrato in seminario a 12 anni don Mazzolari. Eppure si scambiarono qualche lettera, prima che don Mazzolari morisse nel 1958, e la rivista “Adesso”, da lui fondata, ospitò anche scritti di don Milani. Profonda fu la consonanza di molte loro convinzioni, in particolare l’idea che un cristiano che prenda sul serio il Vangelo non possa che tradurlo nello spendersi per una società più giusta. E, soprattutto, entrambi furono osteggiati da una Chiesa che tentò di ridurli al silenzio, censurando i loro libri, condannando don Milani all’esilio di Barbiana, e proibendo a don Mazzolari perfino di scrivere, rilasciare interviste e predicare.

RITRATTO DI DON MAZZOLARI

Ma chi era don Primo Mazzolari? “Un povero prete”, diceva di se stesso, per la scelta di vivere senza denaro e senza amicizie di potenti. “L’uomo di nessuno”, stando al titolo di un suo romanzo rimasto incompiuto, nonostante lo sguardo rivolto a tutti, ma in particolare ai poveri, ai deboli, agli analfabeti. In realtà aveva una profonda cultura, anche letteraria, che emerge dalla sua attività di predicatore / conferenziere in giro per l’Italia, e di scrittore, anche se quest’ultima subì più volte la censura del Sant’Uffizio e, al di fuori della Chiesa, del regime fascista, di cui fu un acerrimo nemico. Mazzolari ha infatti letteralmente attraversato buona parte della storia del Novecento, con il suo carico di conflitti e di tragedie, cosa che ne fa una figura di rilievo non solo per la Chiesa, ma per l’intera società italiana. Partì come cappellano militare durante la Grande guerra per essere vicino ai contadini e agli operai che morivano sui campi di battaglia. Fu in contrasto sia con le camicie nere, che più volte lo minacciarono, sia con la Chiesa, per l’acquiescenza al fascismo culminata nei Patti lateranensi del 1929. Prese posizione contro la conquista dell’Etiopia, lasciando intravedere di essere a conoscenza dei sistemi criminali usati dall’esercito italiano (armi chimiche, campi di concentramento), e contro le leggi razziali del 1938. Fu in contatto epistolare con i vari parrocchiani impegnati sui fronti della Seconda guerra mondiale e una sua lettera in risposta ad un aviatore costituisce il nucleo di quella che sarà poi l’obiezione di coscienza. Si prodigò per l’assistenza a profughi, fuggiaschi ed ebrei, fino all’arresto per favoreggiamento dell’attività partigiana e poi ai quattro mesi trascorsi nascosto non lontano da Brescia. Dopo la Resistenza, da lui vista come una sorta di dovere cristiano ad opporsi a situazioni eticamente inaccettabili, cercò di scongiurare le vendette private e gli spargimenti di sangue nei giorni successivi al 25 aprile. Infine, condannò la Guerra fredda (e poi la repressione della rivolta in Ungheria), parallelamente alla quale, tutta la sua riflessione sul tema della pace approdò nel suo testamento spirituale: Tu non uccidere. Il libro, uscito anonimo nel 1955, ritirato tre anni dopo dal Sant’Uffizio, sarà pubblicato con il nome dell’autore solo nel 1965, ormai postumo.

IL DESTINO DI UN PROFETA

Ma a rendere Mazzolari “l’unico vero profeta del Vaticano II” che abbia avuto, secondo padre Ernesto Balducci, l’Italia del Novecento, non sono solo il ripudio senza eccezioni della guerra, il rifiuto della violenza e la denuncia della corsa agli armamenti, ma anche il fatto di credere nel dialogo con i “lontani”: tutte quelle persone scivolate lentamente nell’ indifferenza religiosa, nell’insicurezza, oltre a coloro che abbandonano la fede per una diversa scelta ideologica. Di qui uno dei suoi più celebri frammenti di saggezza: “Il Vangelo mi chiede di condannare l’errore ma di amare l’errante: condanno il comunismo, amo i comunisti”. E lo stesso papa Montini, che in qualità di arcivescovo di Milano aveva cercato di ostacolarlo, ne riconoscerà poi, nel 1970, l’eccezionale statura: “Non era sempre possibile condividere le sue posizioni: camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso noi non gli si poteva tener dietro! E così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. È il destino dei profeti”.☺

 

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