Una regione a metà
25 Settembre 2020
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Una regione a metà

Indubbiamente un’estate complicata, quella appena trascorsa. Un’estate a metà, un po’ come la vita di noi cittadini di questa splendida regione, vittima negli anni dell’inettitudine politica, che la sta relegando sempre più ad essere uno degli ultimi avamposti del Bel Paese.

Tutto sta diventando maledettamente difficile. Per un molisano è faticoso spostarsi in auto, qualsiasi posto si voglia raggiungere. È complicato a maggior ragione spostarsi con i mezzi pubblici su gomma, per i motivi di cui sopra. Inutile parlare poi di un ipotetico trasporto avvalendosi dei mezzi su rotaia.

Siamo qui a ripeterci le stesse cose da anni, ma evidentemente non lo abbiamo mai fatto in maniera davvero credibile, altrimenti non staremmo ancora a parlarne a vuoto. E probabilmente la colpa maggiore ce l’abbiamo proprio noi molisani, con un accento maggiore che ricade su quella fetta di corregionali che non fanno parte della categoria dei pendolari e che pertanto vivono determinati problemi con un disinteresse che li fa sentire esenti dalla questione. Domani però potrebbe toccare anche a loro passare dall’altra parte della barricata. Quindi, il bene comune andrebbe tutelato a prescindere dagli interessi del momento.

Al di là di questi aspetti, che in altre realtà hanno fatto emergere una maggiore compattezza torniamo alla nostra quotidianità, che parte da uno slalom tra un semaforo e l’altro sulla Bifernina, prosegue con un ritardo di un paio d’ore lungo la tratta ferroviaria Campobasso-Roma, la sola ormai poiché quella Campobasso-Termoli appartiene alla storia, ed infine si arricchisce di uno sterile dibattito a livello di politica regionale sulla tenuta dell’esecutivo e non ultimo, a livello comunale, dove abbiamo compreso che il famigerato bonus Covid di 600 euro fa gola anche a chi si professava diverso dalla casta e nonostante tutto percepisce un’indennità mensile di 3.410 euro. A conclusione di questa sequela di record, si giunge all’ennesimo primato. Stavolta non a livello sanitario: la lungaggine delle liste di attesa ed il disavanzo assistenziale meriterebbero un approfondimento a parte; stavolta a farci portare avanti nelle classifiche è il primo rapporto del Censis sullo “stato della trasformazione digitale in Italia”, fautore del cosiddetto digital divide, che mette ulteriore distanza tra le regioni del Sud, già fanalino di coda, e le regioni più industrializzate ed avanzate. Nel XXI secolo, epoca in cui la digitalizzazione è tutto ed in cui la diffusione e l’uso di internet sono fortemente correlati alla crescita economica, quelle che si sono venute a creare nel corso degli ultimi anni sono due Italie, tra cui ce n’è una dove la rete veloce ancora non arriva. Se è vero che il digitale è frutto di un processo tecnologico, l’altra componente fondamentale è fatta dalle competenze delle persone. Il lockdown ha accelerato i processi digitali, al pari delle competenze, ma soprattutto della consapevolezza: una società digitale evoluta, possa piacere o no agli inguaribili conservatori, è condizione necessaria per la resilienza. Se sei connesso, anche con una pandemia che tutto impedisce, le scuole non chiudono, molti lavori non si fermano, il commercio continua ed i rapporti umani si mantengono.

Ad un rapido scorrimento della classifica Censis, emerge che in testa vi sono le province di Trento e Bolzano, e regioni quali l’Emilia Romagna, Lombardia e il Friuli Venezia Giulia. C’è da dire che in questo ranking su scala europea, la prima regione italiana si colloca al 164° posto, mentre l’ultimo posto assoluto è occupato dalla Sicilia.

Per quanto riguarda i fatti di casa nostra, considerando la metodologia, che utilizza un indice sintetico che mette in relazione la popolazione, la digitalizzazione delle P.A. e delle imprese, le province di Campobasso ed Isernia sono colorate di rosso, il che ci colloca all’ultimo stadio, ovvero dall’81° posto ed oltre. Isernia città, presa a campione dalla statistica, è tra le 10 peggiori province, che la vede oltre il 90° posto per quanto concerne la digitalizzazione tra la popolazione, all’86° per quanto riguarda la P.A. ed al 95°  per quanto riguarda le Imprese.

L’occasione del Recovery Fund, al centro del dibattito delle ultime settimane, sarebbe un buon viatico per ridurre la distanza tra il Nord ed il Sud, investendo soprattutto in formazione. Se però la necessità di fare un balzo in avanti non è avvertita e questa è la causa dello stato di molte cose in questa regione, si rivela del tutto inutile cercare di fare questo salto in avanti, se viene visto come un semplice di più. Pertanto, sempre partendo dalle scuole, insegnare una cultura per capire che certi strumenti aumentano le possibilità, semplificare la P.A., mantenere la sanità a livelli alti, facendo aumentare gli affari, non deve essere più una scelta, ma dovrebbe divenire necessità.

Solo con un lavoro accurato, in profondità, zona per zona, questo divario si può mitigare o azzerare, con un piano a lungo termine, ma questa necessità deve essere avvertita anche da chi oggi fa spallucce davanti all’elencazione dei problemi regionali, altrimenti è come se si portassero dei computer nuovi nelle scuole, senza che nessuno li sappia utilizzare. Ed allora il Molise sarà destinato a restare solo un feudo incolto della Chiesa come quello descritto ne Le Terre del Sacramento. Ad oggi, purtroppo, appare proprio questo lo scenario più plausibile.☺

 

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