uscire dalla palude politica
11 Settembre 2023
laFonteTV (3191 articles)
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uscire dalla palude politica

Si fa una gran difficoltà a vedere il lumicino in fondo al tunnel.
In Germania, in Francia, in Gran Bretagna, negli stessi democratici paesi Scandinavi tira una brutta aria di destra. Tornano in superficie e sulla scena politica i fantasmi di un lontano e torbido passato, siamo al punto che il partito dell’AFD (Alternative for Deutschland) noto per le sue posizioni razziste e antisemite, è ormai secondo nei sondaggi nazionali e primo in alcuni land della ex Germania dell’est.
Per non parlare di casa nostra, dove da giorni e giorni si discute del libretto del generale Vannacci, una pubblicazione reazionaria, omofoba e razzista, e che non solo non finisce nella spazzatura, ma ha rappresentato l’occasione per una ignobile gara fra Salvini e i colonnelli della Meloni: l’obiettivo è reclutare questo generale uscito più dalle file del fascismo franchista, che da quelle dell’ esercito italiano dei tempi del fascismo. Sulle ragioni e le cause di questo stato di cose si potrebbe e si dovrebbe discutere a lungo, e forse un giorno dovremmo riunirci in un convento, come amava dire il mio amico e compagno Lucio Magri, e ragionare insieme.
Scriveva nel 2017 Alfredo Reichlin nel suo ultimo articolo: “Non lasciamo la sinistra sotto le macerie”, anni prima aveva scritto “La sinistra orfana del popolo”. Sempre nell’ultimo articolo Reichlin affermava: “quando parlai del PD come di ‘un partito della nazione’, le mie parole sono state piegate al loro contrario e il Partito della nazione è diventato uno strumento per l’ occupazione del potere, un ombrello per trasformismi di ogni genere”. È bene ogni tanto ricordare anche le responsabilità e i peccati soggettivi della classe dirigente della sinistra; dimenticare il ruolo della soggettività nei processi sociali e politici è un grave errore: il rischio grande è che tutte le vacche diventano grigie e tutti i Santi vanno in paradiso.
La questione peraltro non è solo italiana. Lo smarrimento della sinistra, la scissione della sinistra dal popolo ha avuto nel recente passato altri e autorevoli protagonisti in Europa. Basti pensare a Blair in Gran Bretagna e a Schroeder in Germania, i due paesi più importanti dell’Europa. L’uno è divenuto un conferenziere buono per tutte le occasioni e con abbondanti regalie, l’altro è andato a dirigere Gazprom, ovviamente dietro lauti compensi dal colosso petrolifero russo.
Quando nel 1981, in un’intervista che ha fatto storia, Berlinguer parlò di “questione morale”, certamente lui pensava in primis alla degenerazione morale dello Stato italiano che era seguita ai trenta e più anni di governo ininterrotto della Democrazia Cristiana, ma Berlinguer si rivolgeva anche alla sinistra socialista e comunista, dove già spirava il vento della mala politica. Allora erano solo spifferi, ma con il tempo, e poi con il PD, son diventati folate di vento.
Questi cenni sul passato sono utili, perché se non si apre una riflessione e una lotta politica seria sulle responsabilità di chi ha diretto e continua a comandare nel campo della sinistra e del mondo democratico, non si va da nessuna parte. Il campo progressista è, ormai, sempre più una stazione di treni dove i dirigenti vanno e vengono senza mai rendere chiaro perché e per che cosa.
Il nostro Molise ci offrirà presto l’occasione per capire se il nuovo corso della Schlein muove o meno qualche passo in avanti. Entro l’autunno dovrebbe celebrarsi il Congresso del PD molisano, non parlo di altri soggetti della Politica locale, da Sinistra italiana ai Cinque Stelle, che hanno brillato per il loro mutismo. Gli interrogativi da porre al Partito Democratico sono tanto semplici, quanto obbligati.
Il congresso del PD
sarà dirompente?
Sono state o no una vera catastrofe le ultime elezioni regionali molisane? La domanda potrebbe apparire retorica, ma, visti i festeggiamenti a San Martino del segretario del PD Facciolla, viene il dubbio che la coalizione di centro-sinistra abbia vinto le elezioni, ma forse per il segretario regionale PD la questione più importante era la sua elezione e non la rotta elettorale delle forze progressiste.
Secondo interrogativo, era possibile battere la destra? Certo che si! Venivamo dai cinque anni del governo Toma considerato il peggiore – come tutti a sinistra hanno sostenuto – della storia politica e istituzionale del Molise. Ma al di là di questa considerazione vi sono i numeri a testimoniare questa possibilità, la destra vince la competizione elettorale con il 28% degli aventi diritto al voto, più del 50% dei molisani non sono andati a votare. Più che una vittoria della destra, possiamo parlare di una resa della sinistra, incapace di parlare alla società molisana. E questa considerazione ci porta all’ultimo interrogativo.
Vi erano le condizioni soggettive per battere il centro-destra? I fatti politici degli ultimi anni, i processi politico-sociali nella società molisana degli ultimi mesi, la qualità di proposte sugli uomini e sui programmi di governo che il movimento civico Molise Domani ha avanzato nelle ultime elezioni sono la testimonianza obiettiva di quanto maturo e possibile fosse un progetto alternativo alla destra e realmente competitivo con la destra. Ma i signori della politica molisana hanno preferito anteporre gli interessi di sé stessi, piuttosto che aprire una vera fase costituente di una nuova politica e di una nuova classe dirigente. Alla discontinuità di uomini e idee, hanno preferito il continuismo politico e la conservazione dei posti.
Se il congresso del PD affronterà seriamente questi interrogativi, allora anche questa amara sconfitta non sarà stata vana. Se diversamente il congresso dei democratici si svolgerà all’insegna del “volemose bene” e “tutto va bene madama la Marchesa”, allora al danno si sommerà anche la beffa, e affonderemo sempre più nella palude politica. Non, perché spinti dal destino cinico e baro, ma per precise responsabilità politiche.☺

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