Uniti si lotta
29 Aprile 2017
La Fonte (351 articles)
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Uniti si lotta

Di male in peggio. Nelle scorse settimane, il governo Gentiloni ha pensato bene di sforbiciare il fondo per le non autosufficienze di 50 milioni di euro ed il fondo per le politiche sociali di 211 milioni di euro. Le risorse, già esigue per il fabbisogno e le emergenze sociali, si assottigliano sempre di più. Questo significa che ci saranno meno risorse per gli asili-nido, centri anti-violenza, assistenza domiciliare, sostegno agli anziani ed alle persone con disabilità.
Perciò, le lodi sperticate della maggioranza alla nuova normativa sul contrasto alla povertà, cantate anche dai parlamentari nostrani, grondano della sofferenza inflitta ulteriormente alle fasce più deboli della popolazione italiana. Ormai è evidente che si intende innescare una “guerra fredda” tra i cittadini e gli uomini in difficoltà, allo scopo di dividere e spezzare le voci dei più deboli. Persone con disabilità contro immigrati, poveri contro anziani, donne vittime di violenza contro bambini. Le risorse dei più deboli vengono sfilacciate qui e là, un colpo al cerchio ed uno alla botte, mentre i poteri forti navigano con il vento in poppa.
Il cuore dell’Italia pulsa a Lampedusa, l’isola che, secondo le parole del sindaco Giusy Nicolini, ha mostrato la morte per celebrare la vita, dove le polemiche di uno Stato e di un’Europa incapace di affrontare l’emergenza profughi si spengono nell’abbraccio disinteressato dell’accoglienza.
Il cuore d’Italia pulsa nelle scuole in cui, nell’incapacità del parlamento a legiferare adeguatamente sull’inclusione scolastica, sono gli insegnanti ed il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario a colmare il vuoto ed a realizzare l’uguaglianza e la pari dignità tra tutti gli studenti, combattendo nonostante l’esiguità delle risorse e degli stimoli.
Il cuore d’Italia, ancora, sono le famiglie, che sanno far fronte, nonostante l’assenza dello Stato, a tutte le situazioni di difficoltà, prendendosi cura l’uno dell’altro in salute ed in malattia. Tagliare al sociale significa attentare a quel cuore immenso, quasi fosse immortale ed in grado di risorgere da qualsiasi ferita.
Proprio guardando alle famiglie, l’unica forma di resistenza che ci è concessa è la consapevolezza che la forza derivi dall’Unità. Perciò, stiamo bene attenti a non cadere nelle trame di chi vuole innescare conflitti per dividere gli uomini, indebolendo la catena della solidarietà sociale.
Il diritto alla dignità umana appartiene a tutti gli uomini, senza distinzione di razza, sesso, condizione fisica e sociale, e non è l’obolo dato agli immigrati ad impoverire le persone con disabilità, non è il misero investimento sulle politiche dell’infanzia ad impoverire gli anziani. Occorre avere chiaro che l’errore della classe dirigente è quello di concepire il sociale come una risorsa sacrificabile e rinunciabile, considerandola un bene accessorio piuttosto che un investimento irrinunciabile. Quando l’altro diviene “un problema da risolvere” e non “un individuo su cui investire”, ecco che la situazione viene affrontata sotto una prospettiva completamente errata.
La storia ci ha insegnato che le rivoluzioni si innestano sul divario sociale, prima che economico. Gli uomini non hanno paura della povertà, quanto dell’assenza dei diritti. Proprio per questo, la strategia delle oligarchie moderne è quella di dividere e settorializzare gli interessi. Occorre pertanto tenere ben presente che l’altro è sempre una risorsa, con la sua storia ed il suo bagaglio di esperienze, e che ognuno di noi, con la sua guerra personale, è parte di un grande messaggio universale, che è espressione del diritto a vivere nella piena dignità.
Diamo pertanto fiducia solo a chi investe sull’uomo, senza riserve e senza sconti, e non a chi si proclama difensore dei più deboli, togliendo ad altri deboli. Non si combatte la povertà, togliendo dignità alle fasce deboli della popolazione, caro Gentiloni e cari parlamentari PD. Non sappiamo proprio cosa farcene dei vostri proclami.

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