Un’unica famiglia
18 Dicembre 2017
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Un’unica famiglia

Uno degli scritti più enigmatici del Nuovo Testamento è la Lettera agli Ebrei, attribuita dalla tradizione antica a san Paolo; alcuni però hanno riconosciuto lo stile diverso e l’hanno attribuita a qualche suo discepolo. In realtà l’autore rimane anonimo, perché non c’è l’intestazione tipica delle lettere di Paolo. Si tratta piuttosto di un’omelia per spiegare alcuni passi dell’Antico Testamento in riferimento a Gesù Cristo, visto in rapporto agli angeli e a Mosè e paragonato alla misteriosa figura di Melchisedech, re di Gerusalemme ai tempi di Abramo. Il messaggio di questa lettera/omelia è semplice: tutto ciò che si dice nell’Antico Testamento prefigura la persona di Gesù e la sua morte sulla croce, presentata esplicitamente come l’unico sacrificio che ottiene veramente il perdono dei peccati, mentre i sacrifici descritti nella legge di Mosè e che ancora si compiono nel tempio (forse la lettera è stata scritta prima della fine del tempio nel 70 d. C.) sono solo un’ombra rispetto alla realtà vera che è la vita, morte e risurrezione di Gesù, entrato una volta per tutte nel vero Tempio che è il Cielo dove continua a intercedere come avvocato per noi peccatori. L’idea dell’ombra riecheggia probabilmente la riflessione che Platone aveva fatto nel famoso mito della caverna.

Se Paolo contrapponeva la legge di Mosè alla fede in Cristo, l’anonimo autore della lettera agli Ebrei fa della Legge e di tutte le Scritture di Israele la narrazione anticipata sotto forma di prefigurazione dell’azione reale, unica e definitiva di Dio nei confronti dell’umanità oppressa dal peccato. Prendere consapevolezza che Dio ci ha perdonati attraverso Gesù significa diventare credenti e discepoli, abbandonando qualsiasi condizione precedente per vivere la novità della vita cristiana, in modo determinato, senza la tentazione di tirarsi indietro: chi lo facesse perderebbe l’unica proposta di salvezza che Dio ha mai fatto nella storia umana.

Il messaggio di questo scritto è radicale e molto duro, a tal punto che nell’epoca delle persecuzioni, in cui molti si tirarono indietro dal cristianesimo per poi chiedere di tornare quando il pericolo era passato, proprio appellandosi a messaggi come questo alcuni non volevano riammettere gli apostati. Questa posizione fu contestata dalla maggioranza della chiesa a tal punto che era messa in dubbio anche l’ispirazione di questo libro che ha faticato ad essere accolto nella nostra bibbia. Per fortuna è parte integrante del Nuovo Testamento, anche se la chiesa, altrettanto saggiamente, non ha sposato la sua posizione più radicale.

Ciò che rende preziosa la Lettera agli Ebrei è il suo modo di leggere l’Antico Testamento, la Scrittura d’Israele, vista ormai alla luce della vita, morte e risurrezione di Gesù. I primi cristiani, sia ebrei che pagani, non hanno incontrato e capito Gesù leggendo Mosè o i profeti, ma prima hanno fatto l’esperienza della risurrezione, hanno sentito Gesù come presente e operante in mezzo a loro e poi si sono rivolti alle Scritture dove hanno capito che Dio da sempre ha progettato questo momento cardine: Gesù costituisce il perno attorno al quale Dio ha voluto ancorare il mondo, la creazione e la storia. Gesù è il fine ultimo di tutto il movimento della creazione, anche quando all’interno di essa è entrato il male. La capacità di attrazione di Gesù riesce a neutralizzare e ad annullare tutto ciò che si oppone a Dio, guarendo l’umanità che si converte a lui da ogni negatività. Questo però, ci dice la lettera agli Ebrei, non avviene senza il nostro consenso, senza la nostra partecipazione. Siamo noi che dobbiamo fissare lo sguardo su di Lui (12,2) e procedere verso questa pienezza che in questa terra si sperimenta attraverso una vita illuminata dal vangelo.

La lettera agli Ebrei (insieme a tutto il Nuovo Testamento) ci chiede di leggere in modo nuovo la fede di Israele, non più come la storia del rapporto di un popolo con il Dio che lo ha scelto, ma come la manifestazione di un piano più grande, che ha una portata universale, che coinvolge tutti gli uomini di tutti i tempi e che si prefigge di sconfiggere il male che l’uomo stesso ha contribuito a compiere e moltiplicare. Lo scopo ultimo di questo progetto di Dio è fare degli uomini un’unica famiglia o, per usare l’immagine finale di questa lettera, un unico gregge guidato da quel grande pastore che è Gesù, che non ha sfruttato le pecore, come fanno spesso coloro che si proclamano pastori e guide per gli altri, ma ha dato la vita per loro.?☺

 

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