Uscire dalla guerra
13 Dicembre 2023
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Uscire dalla guerra

Viviamo un’epoca nella quale emergono tutti i nodi del modello dominante: la crisi climatica, la guerra, l’eclissi della democrazia, dell’uguaglianza e della giustizia. Queste parole per presentare il nuovo libro che ho curato insieme a Rosetta Placido e Stefano Risso, dal titolo Uscire dalla Guerra, per un’economia di pace edito dalla Cittadella editrice di Assisi.
“Questa guerra in Ucraina si sa chi l’ha iniziata, ma si sa anche chi non la vuole far finire”. Con questa espressione eloquente l’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, si rivolgeva, ad Assisi nell’agosto di quest’anno, al pubblico per esprimere la doverosa condanna dell’invasione russa in Ucraina, ma senza restare impantanati su una difesa armata che non guarda al dialogo e alla pace. Come curatori condividiamo questa impostazione, ma l’intento di questo libro, scritto a più mani, è anche quello di offrire ulteriori contributi di riflessione per far comprendere meglio “la terza guerra mondiale a pezzetti”, per uscire da un sistema di guerra e costruire una economia di pace. Quindi affrontiamo anche altri conflitti, di tipo economico, finanziario e in diversi luoghi della terra, in particolare il conflitto arabo-israeliano. Conflitto quotidiano intensificato oggi dall’odio e dalla paura. Guerra chiama guerra, ma il conflitto arabo-israeliano esiste dal 1948 e abbiamo fatto finta di non vedere le ripetute violazioni delle risoluzioni dell’ONU da parte di Israele e di non tener conto delle voci critiche israeliane, palestinesi e di altri, come Amira Hass, Mikado Warchvsky, Ilan Pappe, Gideon Levy, Norman Finkelstein, Noam Chomsky, che richiamano alla conoscenza dei fatti richiedendo negoziati che portino ad un percorso di pace nella giustizia. Ciò significa avviare un percorso per la verità e la riconciliazione che riconosca la pulizia etnica del 1948 degli israeliani ai danni dei palestinesi; abbatta i muri; distribuisca equamente le risorse idriche tra tutti gli abitanti; garantisca il diritto al ritorno per i palestinesi in diaspora; porti alla fine dell’occupazione dei territori palestinesi e dell’apartheid.
Visitando direttamente i territori della Cisgiordania e leggendo il capitolo di Clara Capelli, che parla della profonda compenetrazione economica tra Israele e Palestina, sebbene in un quadro asimmetrico e diseguale, ci sembra che la soluzione politica istituzionale, fermo restando il percorso sopra riportato, possa essere quella di un unico stato democratico con eguali diritti per tutti gli abitanti. Infatti nel 1996 lo scrittore palestinese Edward Said, in uno dei suoi interventi sul futuro, sosteneva che “la scommessa stava nel trovare un modo pacifico di coesistere non come ebrei, musulmani e cristiani ma come cittadini a pari diritto in una stessa terra”.
In particolare da questo lavoro emerge che i luoghi del conflitto vengono sistematicamente invasi, prima e/o dopo, da un neoliberismo estremo e violento. In particolare, l’Ucraina ora si trova invasa, in diversi modi, sia dalla Russia che dal FMI e dalla NATO. Contribuire a far cessare gli effetti tragici della ingiustificabile invasione russa, ma anche quelli del neoliberismo e della militarizzazione della NATO è la nostra speranza e il nostro auspicio. Mons. Luigi Bettazzi, recentemente scomparso, spesso ripeteva, nei suoi incontri conviviali: “chi dice NATO dice guerra”. Se ne volete una riprova leggete la dichiarazione di Stoltenberg della NATO apparsa su Il Sole 24 ore il 7 settembre 2023: “Putin ci inviò una bozza di trattato, non firmammo”. Il segretario NATO adduce il rifiuto ad una prova di forza, mentre per chi cerca la pace vera è la conferma che non si è fatto nulla per evitare questo ultimo e destabilizzante conflitto o comunque per interrompere un processo di guerra. In questo senso, la guerra in Ucraina, almeno per noi europei, deve essere considerata al centro delle attività di tutti i soggetti, singoli e collettivi, perché essa rappresenta un esperimento di come questo sistema conflittuale, che fa guerra al “vivente”, scelga le proprie vittime sacrificali sull’altare dell’odio, della violenza e della sopraffazione, nell’interesse di oligopolisti, oligarchi, autarchi e centri militari, i quali giocano un ruolo di assoluta distanza dalle persone, dentro una “Economia che uccide”.
La nostra speranza è quella di offrire piste per uscire dalla guerra e costruire una economia di pace nonviolenta, attraverso una risposta globale, per liberare la mente e il pianeta, superando la retorica della sicurezza. La pace disarmata è il nuovo paradigma della politica. Esercitarsi a vedere il conflitto anche quando non fa rumore è il primo passo da intraprendere. ☺

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