uscire dalla mafia   di Mara Mancini
29 Aprile 2013 Share

uscire dalla mafia di Mara Mancini

 

Ho sentito così tanto parlare del film I cento passi che un giorno ho deciso di vederlo, e mi ha fatto piacere che a parlarmene fossero stati dei giovani. Per chi non lo sapesse (consiglio di vederlo!) racconta la storia (vera) del siciliano Peppino Impastato ucciso dalla mafia (la notte del ritrovamento a Roma del corpo di Aldo Moro, ammazzato dalle Brigate Rosse), spirito ribelle nei confronti della criminalità organizzata. La “fine” del giovane per me ha segnato un nuovo inizio, uno dei tanti inizi che permette di rendersi conto di ciò che succede nei luoghi dove ci si inchina e si serve la mafia, ma noi siamo abituati a vedere solo quello che vogliamo. La notte della sua morte un suo amico alla radio dirà “noi siciliani la mafia la vogliamo, ma non perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace” e “noi siamo la mafia”! Lo siamo perché in questo caso “indifferenza” è sinonimo di “assecondare”, perché ci va bene, perché ne abbiamo bisogno, perché non la combattiamo, perché non ci ribelliamo. Ma se ci manca il coraggio, vuol dire che non sentiamo poi così tanto il bisogno di un cambiamento.

La nostra realtà non è poi così lontana da quella in cui operano le varie mafie, anche se penso che queste siano sparse un po’ dappertutto: in tutta Italia, nel mondo (esiste anche, come mi ricorderebbe qualcuno, la mafia “in giacca e cravatta”). La mafia credo che si radichi persino (o soprattutto?) nei luoghi di istruzione e formazione, anche nella piccola scuola del paese. Si instaura dal basso, dalle periferie. Potrebbe sembrarci una parola grande, ma a piccole dosi la si conosce ovunque: è che la chiamiamo con un altro nome, è che magari la ignoriamo, è che a volte si cela sotto un’apparenza opposta. È che forse nessuno ha così tanta rabbia, così tanta voglia di giustizia come quelle cantate dai Modena City Ramblers da urlare come Peppino che la mafia è una montagna di merda! Se è vero che niente come la voglia di realizzare i desideri e la rabbia abbia il potere di muovere gli uomini, o ci manca uno dei due o è qualcos’altro a frenarci. Eppure Peppino (e non è l’unico!) ha combattuto anche rischiando perchè aveva qualcosa da perdere!

Dovremmo un po’ tutti imparare ad aprire gli occhi, e il cuore! Perché è vero che “non si vede bene che col cuore”, è vero che “l’essenziale è invisibile agli occhi” (Il piccolo principe). Forse l’uomo non riuscirà mai a capire cosa è davvero essenziale, ed è per questo che perderà invano parte del suo tempo. Sicuramente è essenziale togliere quei maledetti paraocchi a cui siamo tanto abituati, liberarci dall’egoismo riposto in ogni uomo e imparare ad agire gridando forte senza aver paura!

In radio l’amico di Peppino dice agli ascoltatori che loro hanno il buon senso, quello che Peppino non aveva. Il contrario di buon senso, credo sia la follia. Sarà stato un folle? La dedica di Steve Jobs sarebbe stata: “A tutti i folli. I solitari. I ribelli. Quelli che non si adattano. Quelli che non ci stanno. Quelli che sembrano sempre fuori luogo. Quelli che vedono le cose in un modo differente. Quelli che non si adattano alle regole. E non hanno rispetto per lo status quo. Potete essere d’accordo con loro o non essere d’accordo. Li potete glorificare o diffamare. L’unica cosa che non potete fare è ignorarli. Perché cambiano le cose. Spingono la razza umana in avanti. E mentre qualcuno li considera dei folli, noi li consideriamo geni, perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, sono coloro che lo cambiano davvero”, e concluderebbe dicendo “Stay hungry, stay foolish!” (Siate affamati, siate folli).

Nonostante ciò, a volte penso che quelli come Peppino siano sconfitti a prescindere, che le loro battaglie siano perse a priori. Un po’ perché non sostenuti da molti, un po’ per la regola che “vince sempre il più forte”. E loro sono i più deboli. E forse ha ragione Aleandro Baldi quando canta che “tanto il mondo non si cambia e siamo tutti specchi fatti per guardarsi e diventare soli e vecchi”. Amaramente penso: allora tutto quello che hanno fatto i nostri antenati non è servito a niente? Tutto quello che i grandi ci hanno fatto capire, ci hanno lasciato, non è servito a niente? Tutte le guerre, le lotte, le proteste? Fare le cose giuste non è abbastanza per cambiare quelle sbagliate?

Ok, se sono io che mi pongo tutte queste domande inutili, opterei per la serie “Fermate il mondo, voglio scendere”. Ma se non sono l’unica… allora aiutiamoci a vicenda: se il cambiamento è dentro di noi, lasciamolo libero di vagabondare, come un profumo che si espande nell’aria, come la primavera che fa sbocciare fiori dappertutto, come una luce che arriva anche nelle grotte, che illumina persino il buio infinito dei pozzi.☺

maramancini94@tiscali.it

 

 

 

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