Vittime delle vittime
7 Dicembre 2023
laFonteTV (3199 articles)
Share

Vittime delle vittime

“Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore” (Lam 1,12). Queste parole mi rimbombano nella testa da diversi giorni, mentre assisto smarrito a quello che sta avvenendo nella cosiddetta “terra santa” (che comprende, non dimentichiamolo, sia Israele che i territori palestinesi) e mi immagino queste parole sulla bocca di tante madri della striscia di Gaza (quando sono ancora vive) che piangono i loro bambini trucidati, come hanno pianto (se erano ancora vive) le madri israeliane e palestinesi (sì, ci sono anche loro tra i morti causati dal blitz di Hamas) lo scorso 7 ottobre. Ed è per questo che ho preferito lasciare per un po’ la mia descrizione della bibbia nella storia, perché non si può continuare a parlare di altro quando l’orrore avviene sotto gli occhi di tutti, con il supplemento di cinismo che pervade l’una o l’altra fazione, pronte a proclamare grandi teorie che dimenticano le vite uniche che vengono cancellate per sempre dalla faccia della terra. Posso solo parafrasare, indegnamente, le parole di un salmo che già un poeta aveva ripreso di fronte allo scempio della guerra: “Come parlare della Parola del Signore quando i suoi figli vengono trucidati? Se ti dimentico Gerusalemme, se ti dimentico Gaza, si paralizzi la mia destra, mi si attacchi la lingua al palato” (Salmo 137).
Ciò che è successo il 7 ottobre, forse perché meticolosamente registrato dagli stessi stragisti, mi ha provocato un moto di rabbia contro Hamas e tutti i movimenti terroristici che usano la miseria e le tragedie dei loro popoli per affermare il loro potere e la loro capacità di distruzione. Ma sta accadendo qualcosa di totalmente ingiustificato, sproporzionato rispetto a quello che ha fatto Hamas, da parte di uno Stato che si dice democratico, nei confronti di una popolazione (la cui stragrande maggioranza è fatta di bambini, adolescenti, donne e vecchi indifesi) totalmente inerme, incapace di difendersi, chiusa in una prigione a cielo aperto dove ogni bomba che cade certamente fa una strage. Certo, Israele, cioè quel popolo che vive non solo nello Stato d’Israele, ma in molte parti del mondo, si porta dietro di sé il carico millenario di persecuzioni aperte o velate, emarginazione e razzismo perpetrati spesso in nome di Cristo (pensiamo alla cacciata degli ebrei, ma anche dei musulmani, dai territori sottomessi ai re cattolici di Spagna), fino all’aberrazione perpetrata dai nazisti e dai fascisti (del cui fondatore vergognosamente la nostra seconda carica dello Stato ostenta orgoglioso il busto nella sua casa) che viene definita Shoah (tempesta devastante), ma questo autorizza un popolo o uno Stato a trucidare un altro popolo?
Se Israele si definisce ed è definita dal main stream l’unica democrazia in un’area fatta da dittature parareligiose, può avallare la sproporzione della reazione per l’attacco subito? Facendo questo non è più uno stato fondato sul diritto, anche se è in buona compagnia con altre democrazie dove si esprime il libero pensiero, ma che dalla fine della Seconda guerra mondiale non si sono fatte scrupolo di invadere, bombardare, distruggere altri Stati per vendetta o per dimostrazione di forza: non è stata la vendetta per Pearl Harbor a far sganciare non una ma ben due bombe atomiche sul Giappone? Non è stata la vendetta per l’11 settembre a scatenare l’invasione dell’Afghanistan prima e dell’Iraq dopo, atti di guerra riconosciuti come errore dal presidente Biden (ma a costo di quante vittime, compresi i soldati americani e occidentali)? L’elenco non è certo esaustivo ma basta per ricordare che Israele sta facendo solo quello che molte cosiddette democrazie hanno fatto, giustificandosi con la lotta al terrorismo e intanto trucidando le popolazioni inermi. Il popolo palestinese sta soffrendo ingiustamente prima la perdita della propria terra e poi una occupazione disumana (basti vedere ciò che accade non a Gaza ma nella Cisgiordania, dove i coloni ebrei armati fino ai denti non si difendono solo, ma attaccano impunemente la popolazione civile) e, se è vero che molti nel mondo predicano la distruzione di Israele, è altrettanto vero che una parte degli ebrei di Israele vorrebbe la scomparsa o l’esilio dei palestinesi.
È una verità scomoda ma bisogna affermarla con chiarezza, senza per questo passare per simpatizzanti di Hamas e dicendo, allo stesso tempo, che, se i palestinesi vedono (illudendosi) in Hamas l’unico difensore dei propri diritti, mentre gli altri “fratelli” arabi non li vogliono sul loro territorio (o meglio, i loro governi dittatoriali) non li si può certo biasimare, vista la condizione inumana in cui sono costretti a vivere da decenni. C’è un libro di Edward Said, La questione palestinese che porta un sottotitolo emblematico: La tragedia di essere vittime delle vittime. È questa la condizione dei palestinesi, oppressi da coloro che giustificano con il loro essere vittime di persecuzione l’oppressione di un intero popolo, costretto a vivere in porzioni di terra sempre più limitate e massacrato per un atto terroristico (se un ragazzino esulta per l’attentato, non capendo niente del mondo in cui vive, può essere trattato come chi ha compiuto l’attentato stesso?), realizzando ciò che è scritto nella bibbia degli ebrei a proposito del malvagio discendente di Caino, Lamec: “Ho ucciso un ragazzo per un mio livido” (Gen 4,23): è proprio l’aumento esponenziale e ingiustificato del male che ha provocato, secondo la bibbia, il diluvio.
Il salmo che ho citato all’inizio si conclude con parole terribili: “Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra” (Sal 137,8-9). Sono parole che escono dalla bocca di un popolo esiliato ed inerme che può reagire solo con il grido straziante, perché non ha le stesse armi di chi lo opprime. Mi chiedo con grande angoscia: a chi oggi appartiene il diritto di pronunciarle? L’unica via d’uscita è impegnarsi da parte di tutti perché quelle parole non le debba pronunciare mai più nessuno.
Piccolo suggerimento pratico: ma se ci sono le truppe ONU sul confine tra Israele e Libano, perché non metterle anche tra Israele e Gaza e Cisgiordania? Non basta appellarsi alla propria condizione di vittima ma è necessario mostrare la buona volontà per soluzioni concrete percorribili fino a quando non si avrà la determinazione a tornare almeno agli accordi di Oslo. Sono convinto che affrontando seriamente la questione israelo-palestinese, si troverà la strada anche per tutte le altre situazioni di conflitto nel mondo, realizzando ciò che dice un altro salmo: “Ricorderò Egitto e Babilonia tra quelli che mi conoscono; ecco Palestina, Tiro ed Etiopia, tutti là sono nati. Si dirà di Sion: l’uno e l’altro è nato in essa e l’Altissimo la tiene salda. Il Signore scriverà nel libro di tutti i popoli: là costui è nato” (87,4-6). ☺

laFonteTV

laFonteTV