Viva la pizza!
3 Gennaio 2023
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Viva la pizza!

Qual è la parola italiana più diffusa nel mondo? “Ciao”, starà forse pensando la maggior parte dei lettori. Con buona pace di Modugno e della fama internazionale del suo ritornello “Ciao ciao bambina”, è invece “pizza”. Per celebrare il piatto più amato dagli italiani, che ne sfornano circa 8 milioni al giorno, nel 2018 è stata istituita perfino la Giornata mondiale della pizza. L’iniziativa è collegata al riconoscimento di questa specialità, il 7 dicembre del 2017, come Patrimonio immateriale dell’Unesco. Sorprendentemente complessa la motivazione, che parla non solo della sua bontà, ma anche dei riti sociali collegati alla pizza e del suo intenso rapporto con il territorio in cui è nata: Napoli. Alla città partenopea è legata anche la data scelta per il “pizza day”: il 17 gennaio.  È questo infatti il giorno in cui si celebra sant’Antonio Abate – nato in Egitto intorno al 250 a.C. e diventato poi uno degli eremiti più noti della storia della Chiesa – che, secondo un’antica leggenda, si sarebbe recato all’inferno per contendere le anime dei peccatori al demonio. Da allora è conosciuto come il santo del fuoco (oltre che degli animali) e i riti in suo onore, in primis a Napoli, prevedono tuttora l’accensione di falò con finalità propiziatorie. Sebbene in virtù di questo suo legame con il fuoco sant’Antonio Abate sia considerato anche il protettore dei pizzaioli, è un’altra la leggenda che narra l’invenzione della pizza.

Al tempo dei Borbone – per la precisione di Filippo V, incoronato primo re di Spagna della dinastia dei Borbone nell’anno 1700 – viveva a Napoli un cuoco soprannominato Totò Sapore, i cui piatti erano così deliziosi che venne preso a corte e la cui fama si sparse in tutta Europa. Ma a causa di un capello trovato un giorno da una ospite di riguardo, la duchessa di Borgogna, in un prelibato stufato di cervo, il cuoco fu imprigionato. Una torta indigesta, ma così buona che nessuno avrebbe potuto rifiutarla, opportunamente offerta ai suoi carcerieri, gli consentì di fuggire. Rimase nascosto per due settimane, finché il profumo di una peperonata lo tradì e, riacciuffato, fu rinchiuso in una cella sotterranea da cui era impossibile fuggire. Non volendo finire così la propria vita per un capello, Totò propose allora alla corte una scommessa: se avesse superato la prova di riuscire a cucinare un piatto che non fosse “né primo né secondo, né carne né pesce, dei colori della terra e del mare, della pace e della guerra, caldo come inferno, profumato come paradiso, tondo come il mondo e difficile da dimenticare più di un’offesa”, gli sarebbe stata concessa la libertà. Il re accettò, divertito da quella scommessa, e dopo che lui, la consorte e i tre principini, insieme ai loro cento cortigiani, ebbero mangiato di gusto, chiese a Totò, che ormai era un uomo libero, di preparare immediatamente altre cento pizze napoletane. Il racconto da cui è tratta questa indimenticabile descrizione della pizza si intitola Il cuoco prigioniero ed è tratto dalla raccolta per ragazzi Il giovane che entrava nel palazzo, pubblicata nel 1978 da Roberto Piumini e vincitrice del Premio Cento nel 1979 (la giuria era quell’anno presieduta da Gianni Rodari). Nel 2003 vi si è anche ispirato il film d’animazione Totò sapore e la magica storia della pizza.

Un falso storico viene invece considerata la lettera che la regina Margherita di Savoia avrebbe fatto inviare al pizzaiolo Raffaele Esposito per ringraziarlo del piatto gustato a Napoli nel 1889, insieme al re Umberto I, a base di pomodoro, mozzarella e basilico in omaggio alla bandiera italiana. La versione più famosa della pizza napoletana sembra inoltre essere nata ben prima della regina di cui porta il nome.

Ma margherita o no, nelle sue infinite varianti la pizza continuerà a essere uno dei simboli della gastronomia del nostro Paese. E 17 gennaio o no, per noi italiani ogni giorno sarà sempre buono per celebrarla!☺

 

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